
L’ultima carica della Juventus, per ripartire sorniona alla grande
Ora o mai più. Almeno in riferimento al campionato in corso che volge alla fine. La Juventus a Venezia si gioca al fotofinish molto più del famoso e quasi stucchevole quarto posto, chiave d’accesso alla porta d’Europa. È in ballo la sua credibilità per il futuro. I bianconeri hanno l’obbligo morale verso se stessi e tutti i tifosi di sbarcare nella laguna e conquistare il leone alato, senza fare pericolosi calcoli, né matematici di classifica, né tattici in campo. Che sia chiaro: espugnare la Serenissima è faccenda complicata. Lo fu storicamente, tanto è che la Repubblica di Venezia cadde per mano di Napoleone nel 1797 dopo ben undici secoli di autonomia. Lo fu calcisticamente nei primi anni Quaranta, quando i neroverdi vantavano nella loro rosa due mezzali, destra e sinistra, che rispondevano ai nomi di Ezio Loik e Valentino Mazzola, future colonne dell’eterno Grande Torino.
La Vecchia Signora deve andare alla carica, deve dimostrare di avere ancora nelle vene quel sangue blu, simbolo d’orgoglio e di nobiltà d’animo che tanto hanno contribuito alle innumerevoli imprese. Vincere allo stadio Pier Luigi Penzo, già campo di Sant'Elena, è il minimo per non dichiarare ufficialmente la stagione fallimentare, sotto tutti i punti di vista. Perché diciamoci la verità: una Juventus al di sotto del quarto posto, senza nuovi trofei in bacheca, salutando la champions e con la prospettiva di vendere qualche pezzo buono o discreto per acquistarne qualcuno lega inferiore, col dubbio amletico dell’allenatore, ha o non ha il sapore amaro della rovina? Conte, campione d’Italia con il Napoli (qui le mie congratulazioni!) tornerebbe mai a Torino con questo sfondo grigio all’orizzonte?
La Juventus con la decisiva (eventuale e sperata) vittoria a Venezia dovrà ripartire con la semplicità dei grandi, come sosteneva il poeta britannico William Wordsworth: occorre vivere con semplicità, ma pensare con grandezza.
Desidererei rivedere, dietro la facciata – sperando sia soltanto una maschera! - d’indifferenza degli ultimi tempi bianconeri, un’astuzia pronta e vigile; per ripartire vincente, forse è necessaria almeno all’inizio una Juventus sorniona, sorprendente. In senso figurato sornione è colui che si veste di nebbia in attesa di rivelare la sua luce. Furbo colui che resta nascosto ancora un po’ prima di svelare il suo essere, e sa farlo con un sornione sorriso. Come sarebbe bello se la Juventus tornasse a guardarci in un modo così charmant, capace di rubarci a ogni passato. «Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro o cinque volte nella vita. Affrontava - o pareva affrontare - l'intero eterno mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un pregiudizio irresistibile a suo favore. La capiva esattamente fin dove voleva essere capita, credeva in lei come a lei sarebbe piaciuto credere in se stessa, e la assicurava di aver ricevuto da lei esattamente l'impressione che sperava di produrre nelle condizioni migliori».
Tutto molto bello, avrebbe esclamato l’indimenticabile Bruno Pizzul, ma prima bisogna vincere stasera, e poi magari sognare con le parole di Francis Scott Fitzgerald nel Grande Gatsby.
Roberto De Frede







