
Del Piero: "Riconoscente per l'amore dei tifosi. Non basta un Mondiale per vivere di rendita"
Anche Alessandro Del Piero a parlato dal palco durante l'inaugurazione dello Stadio dei Pini a Viareggio. Queste le sue parole raccolte da TMW:
Com’era il Del Piero ragazzino? Quanto era diverso dall’uomo di oggi?
"Diverso, indubbiamente. Tutto quello che succede nel calcio, dentro e fuori dal campo, ti forma e ti cambia. Allo stesso tempo, però, in molti aspetti sono rimasto lo stesso. Da bambino ero molto timido, un “mingherlino”. Oggi non lo sono più: le esperienze, belle e meno belle, ti forgiano. I principi con cui i miei genitori mi hanno cresciuto sono rimasti intatti".
Ho conosciuto i tuoi genitori: tua mamma molto chiacchierona, tuo padre silenzioso. Ma i suoi silenzi parlavano tantissimo. Dentro di te, quei silenzi quanto parlano ancora?
"Tanto. Mio padre è scomparso da oltre vent’anni. Da piccoli pensiamo che i genitori “non capiscano niente”, poi con il tempo capisci quanto ti mancano. Spesso, presi dalla vita quotidiana, dimentichiamo ciò che è davvero fondamentale. Ora che sono genitore anch’io, porto i miei figli in giro per le loro attività, proprio come facevano i miei. È bello ricordare mio padre col sorriso: non parlava molto, ma spesso non serve parlare per insegnare qualcosa. Comunicare con i figli non è semplice, ci sono tanti modi".
I tuoi figli giocano a calcio a buoni livelli. Come hai insegnato loro a portare un cognome così “pesante”?
"Non so se ci sono riuscito, forse dovreste chiederlo a loro. Ho provato a insegnare tanto, ma bisogna anche saper fare un passo indietro e lasciarli andare per la loro strada: solo l’esperienza diretta ti insegna davvero. È vero, il cognome è impegnativo: ci sono aspettative e attenzioni, a volte anche eccessive. Però finora non mi hanno mai chiesto di cambiarlo, quindi va bene così. L’importante è non caricare i giovani di responsabilità che non sono ancora pronte per loro. Bisogna guidarli, insegnare, sbagliare con loro e lasciarli sbagliare".
Sei molto amato, anche al di là della fede calcistica. Come vivi questo affetto?
"Con riconoscenza. Non è un atto dovuto: non basta aver vinto un Mondiale per vivere di rendita. Bisogna sempre andare oltre e dimostrare ogni giorno".
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