Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendariScommessePronostici
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliaricomoempolifiorentinagenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliparmaromatorinoudinesevenezia
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenafrosinonelatinalivornonocerinapalermoperugiapescarapordenonepotenzaregginasalernitanasampdoriasassuoloturris
Altri canali euro 2024serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
tmw / milan / Primo Piano
Breakfast Club, approccio moneyball e Ibra: Santi Gimenez parla a Sports Illustrated MexicoTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
Oggi alle 08:00Primo Piano
di Francesco Finulli
per Milannews.it

Breakfast Club, approccio moneyball e Ibra: Santi Gimenez parla a Sports Illustrated Mexico

Santiago Gimenez, attaccante del Milan arrivato dal Feyenoord nel corso del mese di gennaio con un investimento importante, è il protagonista della copertina dell'edizione di Sports Illustrated Mexico per il mese di maggio 2025. Per celebrare la partnership con una nota marca di telefoni messicana, il numero 7 rossonero ha ospitato per un giorno a Milano, tra Hotel e Casa Milan, il giornalista Tlatoani Carrera che lo ha intervistato, toccando tematiche come la sua meticolosità nell'allenamento, la fede e il suo inizio di percorso in rossonero.

Breakfast Club e allenamento

Nel suo trasferimento dall'Olanda all'Italia, Gimenez racconta di aver portato con sè l'abitudine di presentarsi al campo d'allenamento prima della colazione per allenarsi e che con il tempo si è venuto a creare con altri compagni un vero e proprio 'Breakfast Club'. Racconta: "Al Feyenoord, all'inizio, quando abbiamo creato questo Breakfast Club, eravamo due o tre giocatori e, alla fine, quando sono partito, era quasi tutta la squadra che veniva ad allenarsi prima di colazione. Per ora a Milanello sono solo, ma piano piano attirerò qualcun altro". Non solo dedizione al lavoro ma anche tanto ordine: "Non so dirti se sono nato così o se sono stato cresciuto così, ma semplicemente mi piace essere ordinato. Non lo faccio per un motivo particolare. È così che funziono e mi comprendo meglio. Quando avevo circa 10 anni, ho attaccato un cartoncino alla parete della mia camera e ho iniziato a tracciare una linea per seguire il mio percorso. Tutto è evoluto quando da giovane ho ricevuto il mio primo telefono cellulare, ho detto: 'Questo telefono deve aiutarmi ad avvicinarmi a dove voglio arrivare, non ad allontanarmi'". Questi due aspetti uniti insieme fanno sì che El Bebote sia molto attento alle sue performance e capire come migliorarle. Ha spiegato come usa le applicazioni del cellulare per lavorare su se stesso: "Molte volte, arriviamo ad allenarci e facciamo tutto automaticamente. E a me non piace questo. Mi piace arrivare all'allenamento ed essere concentrato e consapevole nel lavorare su ciò in cui ho fallito. Uso molto l'applicazione note per le video-analisi, per il rendimento. Dopo ogni partita annoto ciò che ho fatto bene, ciò che ho fatto male, mi do un voto". Continua Gimenez: "Ho un videoanalista. Io gioco e il giorno dopo, lui inizia ad analizzare, estrae un video e mi riassume l'intera partita in 15 minuti. Da lì escono tutte le mie giocate e lui dice: 'In questa hai fatto bene, ma avresti dovuto provare a calciare con il destro'."

Approccio moneyball

Sempre grazie all'ausilio del telefono Gimenez svela che tiene monitorata la gestione del rendimento, la preparazione e il recupero. E in particolare per controllare al meglio il primo di questi tre elementi tiene conto di tutti gli obiettivi ma soprattutto delle sue statistiche. In questo le sue parole mostrano come El Bebote abbia con se stesso un approccio quasi da moneyball, con un sistema di valutazione implementato autonomamente che segue i tre colori del semaforo: "Ho fatto un corso di lettura delle statistiche e le organizzo in base ai risultati. Posso consultare come è andata qualsiasi partita e ogni tre mesi faccio una statistica generale di duelli vinti, duelli persi, dribbling, tiri. Così vedo se la statistica è in calo, se la statistica aumenta, e ciò che sta diminuendo è quello che cerco di migliorare. Quando il grafico è in discesa, è pericoloso. Quando è in pericolo, so che devo concentrarmi su quello. E rimanere dopo l'allenamento a lavorare sui tiri in porta".

Ibra e la Fede

Nella parte finale della sua intervista Gimenez racconta di Zlatan Ibrahimovic, uno dei suoi idoli di bambino che oggi ha contribuito a portarlo al Milan e lo frequenta ogni giorno. Le parole del centravanti rossonero: "Mi piace molto la sua personalità, la certezza che ha quando parla di sé stesso, quando parla di ciò che accadrà. Lui non ha paura di ciò che dicono gli altri, dice solo quello che sente e, cosa più importante: ciò che dice, lo fa". Da qui parla del suo incontro con la Fede e con Dio, una parte centrale della sua vita e della sua esistenza: "Sono molto credente. Cerco di riferirmi sempre alla Bibbia. Qui ho una croce e sulla schiena ho 'accendi lo spirito'. Questo versetto parla, appunto, di quello spirito che Dio mi ha dato, che non è per i codardi, no? È per essere coraggioso. Il mio primo nutrimento è il nutrimento spirituale e il più importante. Questa è la chiave di tutto. Tutte le mattine al risveglio, mi inginocchio sul letto e prego. A volte 10 minuti; a volte due; a volte 20". Gimenez parla di come è cominciato questo rapporto, commuovendosi: "Non ho mai avuto un rapporto con Dio, non ho mai avuto una religione, fino a quando è successo qualcosa per cui mi dissero che c'era la possibilità che non avrei più giocato a calcio. Ho parlato con mio padre e ho detto: 'Perché proprio a me?' E lui mi disse: 'Io non ho la risposta, ma c'è solo uno che ce l'ha ed è Dio'. A quel punto mi disse: 'Abbi fede'. Allora questo mi è rimasto dentro e quella stessa notte andai a fare il bagno, spensi le luci e mi sedetti nella vasca e fu lì che sentii la connessione con Dio.  È stato un momento difficile. Ho pregato per mezz'ora. Avevo gli occhi chiusi e vedo come se una torcia mi puntasse addosso. Apro gli occhi perché mi sono spaventato e non c'era nulla. E lì ho capito che Lui era con me. Credo che il suo messaggio fosse: 'Io ho bisogno di te qui nel calcio'". Un rapporto, quello con Dio, che continua ancora adesso: "Io gli chiedo solo che mi accenda lo spirito. È proprio che mi lasci essere quel lottatore che ero, che mi lasci essere quel bambino che si divertiva da prima. Semplicemente, è la passione che ho per il calcio, che me la risvegli, perché quando si fanno le cose con passione, queste riescono bene". 

Traduzione dallo spagnolo a cura di MilanNews.it