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#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Robin Friday, il più grande giocatore che non avete mai visto

#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Robin Friday, il più grande giocatore che non avete mai vistoTUTTO mercato WEB
venerdì 8 maggio 2020, 01:05Serie A
di Simone Bernabei
#iorestoacasa - Tuttomercatoweb.com propone ai suoi lettori delle storie di calcio per tenerci compagnia in queste giornate tra le mura domestiche

“He didn’t care”. A lui non interessa. Parlò così Alf, padre di Robin Friday, del figlio e della sua attitudine verso le cose. Capello lungo e basette english style, animo rock ’n roll e una straordinaria propensione allo sballo e agli eccessi, Robin Friday è una sorta di leggenda fra gli amanti nostalgici del calcio inglese di qualche anno fa. Quello che non è stato immortalato dagli highlights e che spesso, per essere visto, richiedeva la presenza fisica. Discorsi che valgono per la Premier League, o First Division come si chiamava all’epoca, figuriamoci per le categorie inferiori. L’habitat naturale di colui che fu soprannominato con l’assenso dei miti e della storia “il più grande calciatore che non avete mai visto”. Un George Best “in miniatura”, per comportamenti dentro e fuori dal campo, oltre che per lo smisurato talento calcistico.

Un ragazzino problematico - Robin e il fratello gemello Tony nacquero ad Acton, west London, il 27 luglio 1952. Timido e problematico uno (facile capire quale), estroverso e diligente l’altro. Il nonno materno fu calciatore del Brentford e questo avvicinò i due al calcio. E Robin, fin da ragazzino, mostrò qualità naturali di un’altra categoria. Il problema, come detto, non era tanto il suo talento quanto il suo stile di vita: lasciò la scuola giovanissimo, 15 anni, e iniziò a fare lavoretti di fortuna. L’obiettivo? Guadagnare abbastanza per comprare alcool e droga. Donnaiolo precoce, i soldi onesti sembravano non bastare mai e molto presto arrivarono i furti. E gli arresti. La prima volta non aveva neanche 16 anni, fu scarcerato a causa dell’asma. Pochi mesi dopo, però, ci ricascò e finì al riformatorio Feltham Borstal dove rimase 14 mesi. Una volta fuori, 17enne, sposò una ragazza di colore, Maxine Doughan, decisione che gli comportò diversi problemi familiari (i genitori non andarono al matrimonio) e di odio raziale.

Il suo calcio - Il suo talento fu notato subito dagli attenti scout londinesi e lo portò a diversi provini: Crystal Palace, QPR e addiritura Chelsea. Con i Blues, 15enne, segui dalla panchina anche la finale di FA Cup del 1967 contro il Tottenham. Il suo talento come detto era abbagliante. Ma sfortunatamente per lui, per gli allenatori ed i tifosi, anche le sue scelte sbagliate fuori dal campo lo erano. E da questi provini non venne fuori niente di interessante. A 16 anni, con la squadra del riformatorio, si mise in mostra tanto da essere selezionato col prison league’s all-star men’s team. Le sue prestazioni carcerarie attirarono l’attenzione del Reading, che decise di portarlo nell’academy per farlo allenare. Il provino anche in questo caso durò poco. Nel ’71 un amico lo portò a giocare nel Walthamstow Avenue, club semi professionistico composto per lo più da asfaltatori di professione. Un lavoro che, come vedremo, in seguito svolgerà anche Friday. Nello stesso anno fu ingaggiato dall’Hayes, mentre pochi mesi dopo rischiò la vita per un incidente sul lavoro. Dopo la guarigione ed il rientro in squadra, gli eccessi notturni (e non solo) continuarono: durante un match di campionato, la squadra iniziò la gara con un uomo in meno. Motivo? Friday arrivando al campo aveva trovato un pub e lì aveva deciso di passare il pomeriggio. Arrivò in condizioni decisamente rivedibili 8’ dopo il fischio d’inizio, giocò comunque e segnò il gol vittoria. Questo era Robin Friday. Pochi giorni dopo, l’Hayes affrontò il Reading in FA Cup. Due volte, visto che la sfida andò al replay. E il manager del Reading, Charlie Hurley, rimase folgorato. Si informò, andò a fondo, ed emersero i problemi sociali del nostro Robin. Ma il talento… quello bastò, a convincerlo. Un breve passaggio all’Enfield, l’interesse del Watford ed il ritorno all’Hayes, quindi la firma col Reading nel gennaio ’74. Al primo allenamento, Hurley lo dovette fermare perché durante un match 6 vs 6 procurò infortuni a tre suoi compagni. Non era cattivo, aveva solo una smisurata fame di vittoria. E poco dopo i tifosi del Reading se ne accorsero sul campo. Chiedeteglielo ancora oggi, a quelli un po’ attempati, cosa pensano di Robin Friday. “Il più grande giocatore che abbiamo mai visto”, questa volta sì. Un attaccante dalla classe cristallina che incantava la folla. Nel ’73-’74 il Reading arrivò sesto, all’inizio della stagione successiva Friday non si presentò perché raggiunse una comune hippie in Cornovaglia durante l’estate. Ovviamente senza avvertire il club. Nonostante tutto, alla prima stagionale, senza un minuto di preparazione, fu per distacco il migliore in campo. All’inizio del ’75-’76 fu arrestato per linguaggio osceno ed offensivo dentro un night. In tribunale si difese da solo e alla fine ebbe ragione. Alla fine della stagione, il Reading fu promosso in terza divisione, ma lo stipendio non salì e Friday non la prese bene. “Credo abbia festeggiato tutta l’estate, la promozione gli ha dato alla testa”, commenterà in seguito Hurley. La situazione, anche per l’abuso di droga e per i problemi di asma, divenne insostenibile. E Friday fu ceduto al Cardiff City. Non gli piaceva, ma dovette accettare. E arrivato alla stazione, fu arrestato per aver viaggiato senza biglietto. La notte prima dell’esordio fu clamorosamente fuori dalle righe, in un nightclub. Il giorno dopo giocò, contro il Fulham, e segnò due gol. I primi due in Second Division. L’amore con i gallesi però non scoppiò mai e alla fine del ’77 Friday, stanco di farsi dire cosa avrebbe dovuto fare (inutilmente, fra l’altro), fece irruzione nell’ufficio del presidente annunciando il suo ritiro dal mondo del calcio. Nel ’78 divorziò per la seconda volta, nell’80 per la terza volta prima di essere arrestato per aver finto di essere un agente di polizia ed aver confiscato della droga a dei ragazzi. Fu trovato morto, si pensa per overdose, il 22 dicembre del 1990 nella sua casa di Acton.

Miti, leggende e fondi di verità - Ne troviamo a quintali, nella sua variopinta storia calcistica. Una notte a inizio carriera, con l’amico Rod Lewington, andò al Churchill’s Nightclub con l’intenzione di continuare a bere dopo una serata già intensa da questo punto di vista. Entrò nel locale col suo cappotto ed i suoi stivali, ma ben presto tutti si resero conto che tolto quello sotto non aveva nient’altro. Era lì, che ballava nudo in pista. Gli anni del Reading furono i più turbolenti, dal punto di vista dell’extra campo: bevefa, faceva uso massiccio di droga e amava in particolare l’LSD. Hurley, tecnico e mentore sportivo, per farlo uscire da questo tunnel lo mise in casa con l’anziano ex custode del campo d’allenamento. Il povero malcapitato, ultra ottantenne, ne passò di tutti i colori. Nel ’74, poi, dopo una rete importante per la corsa promozione, andò dietro la porta e baciò in bocca un agente di polizia. Nello stesso anno, segnò uno dei gol più belli che quella gente abbia mai visto: lancio lungo del terzino Peters, sto di petto al volo di Friday e rovesciata che si insacca all’incrocio dei pali. Un tiro di una potenza mai vista, raccontò l’arbitro Thomas. Che dopo la gara si complimentò con Friday, ricevendo una risposta simbolo del suo modo di essere: “Davvero ti è piaciuto? Dovresti venire più spesso, lo faccio ogni settimana”.
Un’altra storia piena di racconti tramandati, ma certificata dalla Southern Television che aveva acquisito i diritti, fu quella riguardante il secondo matrimonio: vestito con una maglia tigrata sotto un abito di velluto marrone, con stivali di pitone, Friday pensò bene di fumare in chiesa. Almeno si dice. Poi, al matrimonio, la tempesta: gli invitati, sballati per ogni tipo di alcool e droga, finirono la festa in rissa rubando anche i regali della coppia. In almeno due occasioni, arrabbiato per le sorti delle partite, lo trovarono negli spogliatoi avversari prima della fine del match intento a defecare nelle borse degli avversari. Ma uno dei racconti più nostalgici riguarda la gara col Fulham ai tempi del Cardiff: di fronte a lui c’era Bobby Moore, capitano dell’Inghilterra oltre che dei Cottagers. Dopo averlo umiliato in partita, Friday pensò bene di strizzare i testicoli dell’avversario per deriderlo ulteriormente. Poche settimane dopo, a margine della sconfitta in Coppa di Galles contro lo Shrewsbury Town, i compagni furono svegliati da un Friday ubriaco nella hall dell’hotel, nudo sul biliardo e concentrato nel lanciare le palline contro muri e finestre.

Quanti calciatori sono sulla copertina di un disco? La storia più emblematica, però, avvenne il 16 aprile del 1977. Il Cardiff affrontava il più quotato Luton Town: al 36’, Friday atterra il portiere avversario Aleksic con un durissimo colpo in mischia. Si scusò, ma il numero uno avversario mica le accettò quelle scuse. La reazione di Friday fu semplice: rubò palla sul rinvio, saltò mezza squadra, scartò lo stesso portiere e segnò. Esultando col V-sign, il gesto della V con le dita che nel linguaggio anglosassone corrisponde al nostro dito medio. Quell’immagine, forte ed irriverente allo stesso tempo, ispirò il gruppo gallese Super Futty Animals che la utilizzò come copertina dell’ultimo singolo, “The man don’t give a fuck”.

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