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...con Paolo Cannavaro

...con Paolo CannavaroTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
lunedì 18 maggio 2020, 00:00A tu per tu
di Alessio Alaimo
“Dai ristoranti ai negozi:Italia,così è ripartita la Cina. Si all’app Immuni. Situazione di emergenza, qualche regola deve cadere.Spadafora, il calcio è una religione e bisogna ripartire.No al ritiro”

L’Italia riapre. Con le dovute precauzioni anti Covid-19, da oggi la nostra nazione ritrova il sorriso. Riaprono parrucchieri, ristoranti, bar, negozi e altre attività. Come si riparte dopo una pandemia? TuttoMercatoWeb lo ha chiesto a chi ha vissuto e continua a vivere alcune restrizioni, in Cina. Paolo Cannavaro, ex difensore di Napoli e Sassuolo, oggi collaboratore tecnico del Guangzhou, racconta le prime riaperture e lo stile di vita obbligati a convivere con il Coronavirus.

Cannavaro, lei e il Covid-19 vi siete inseguiti...
“Eravamo in Cina quando ci sono stati i primi avvisi di Coronavirus, poi ci siamo trasferiti a Dubai con la squadra e al ritorno siamo rimasti segregati nel nostro centro sportivo. Dopo aver fatto tutti i controlli del caso siamo tornati in Italia. Poi siamo andati di nuovo a Dubai e mentre stava per finire il ritiro iniziavano i primi casi in Italia tant’è che non siamo potuti tornare a casa. Così da Dubai ci siamo trasferiti in Cina dove il virus stava per finire e stava iniziando proprio negli Emirati”

Distanziamento sociale, attività chiuse, rinuncia alle proprie abitudini. Abbiamo vissuto due mesi surreali.
“Credo che il distanziamento sociale sia stata la cosa più brutta del Covid-19. In famiglia si sta sempre meno, le distrazioni sono tante. Poter stare con i propri cari non è poi così male. E invece il Covid ha creato questa triste situazione del distanziamento, un momento davvero brutto”.

In Cina come è stata gestita la situazione?
“Alla grande. Ci sono state tante iniziative da parte del Governo e delle aziende private. Oggi è tornata la normalità, ci sono tanti controlli e a breve verrà eliminato l’obbligo della mascherina”.

Come si va al ristorante?
“Sei una persona libera, puoi fare la tua vita. Ovunque vai però devi compilare un foglio o scaricare l’applicazione dove dichiari che sei stato in quel determinato posto. Tramite i controlli risalgono alle frequentazioni”.

In palestra invece?
“Bisogna indossare le mascherine all’ingresso, poi in qualsiasi locale vai trovi l’igienizzante e ti misurano la temperatura corporea. In palestra dopo l’utilizzo degli attrezzi sei obbligato a disinfettarli e l’accesso è limitato ad un determinato numero di persone. Le piscine sono ancora chiuse, così come i cinema. Si può invece praticare lo sport all’aperto. Noi stiamo svolgendo allenamenti con regolarità da sei settimane, i nostri calciatori vengono controllati all’ingresso, c’è stato qualcuno con la febbre che è stato mandato a casa per qualche giorno fino all’esito del tampone. Ora aspettiamo la riapertura del campionato”.

E dal barbiere?
“Non posso rispondere direttamente (sorride, ndr) ma vedo gli altri che vanno: si va per appuntamento con degli indumenti monouso dei quali poi bisogna spogliarsi. E ci si può sedere dopo che il posto viene sterilizzato. Però, vorrei fare un appello”.

Prego.
“Attenzione: il Coronavirus non è passato e non possiamo fare tutto ciò che ci piace. Nessuno dovrà reagire così. Questi sono i primi step. Dobbiamo abituarci a convivere con la mascherina e i controlli costanti. In questo momento qualche regola deve cadere, anche sulla privacy. Se vado in un bar e mi viene chiesto di fornire il numero di cellulare e qualche dato so che devo darlo per il bene mio e degli altri. Facciamo finta che sia una partita di calcio: in questo momento siamo tornati in vantaggio, cerchiamo di conservarlo per arrivare al periodo estivo e divertirci. Spero che la gente torni ad avere degli introiti per pagare le spese che sono comunque tante. Torniamo alla normalità, ma con il massimo rispetto delle precauzioni”.

Il Governo a breve consentirà di scaricare l’applicazione Immuni sui cellulari per prevenire il contagio. Qualcuno fa appello alla privacy.
“Quando viene presa una decisione non sta mai bene a nessuno. Ci saranno sempre ricorsi e controricorsi. Nelle scelte non si può accontentare tutti. Bisogna fare la cosa più intelligente. È un momento speciale, qualche regola deve crollare. La privacy è importante, ma se dovessi andare in un ristorante preferirei dare i miei dati e tutelare la mia salute così da sapere se qualcuno positivo e magari asintomatico ha frequentato il mio stesso locale. E poi, quando compriamo un cellulare siamo già schedati: non ci vuole nulla ad intercettare i movimenti... la privacy non verrà mai violata, l’applicazione sarà una forma di tutela. Qui in Cina c’è un’app che si chiama We Chat, funziona come whatsapp ma è molto più evoluta e quando sali su un mezzo pubblico basta scansionare il codice per registrare la tua presenza. Sarà meglio saperlo prima se si è a rischio piuttosto che dopo aver contagiato qualcuno”.

In Germania è tornato il calcio, in Italia il Governo ancora non decide. Lei, come la vede?
“Sono a favore della ripresa, a patto che il nostro Paese possa prendere una boccata d’ossigeno. Se fossi ancora un calciatore di Serie A sarei favorevole alla ripresa, consapevole anche che ci possa essere qualche modifica come ad esempio giocare i playoff e i playout. Questo rimarrà per sempre nella storia come un campionato diverso, non si può pensare di finirlo normalmente. Meglio finire in modo diverso e poi riprendere il nuovo. L’azienda calcio funziona alla grande, il mondo del pallone fa star bene tante persone dal punto di vista lavorativo. Bisogna ripartire”.

Si è discusso tanto del maxi ritiro, che alla fine non si farà.
“Isolare i calciatori e gli allenatori non basta, dietro il sistema non ci sono soltanto loro. Ci sono la stampa, i tecnici, i commissari federali, gli arbitri, gli autisti. Mandare i calciatori e gli allenatori in ritiro non risolve il problema. L’Italia sta avendo sempre meno casi e sta andando verso la normalità. Andando in ritiro non si risolve il problema, in hotel ci sarebbero i camerieri e altre persone. E poi il giorno della partita si frequenterebbero comunque altre persone. E quindi bisognerebbe mettere in quarantena tutti coloro che prenderebbero parte alle partite. No, così non sarebbe facile. Non vorrei essere nei panni di Gravina, verso il quale provo grande affetto, è stato il presidente dell’Under 21 quando ero in Nazionale”

Lei, come tutti i calciatori e gli allenatori, probabilmente è più uomo di sport rispetto al Ministro Spadafora che sembra non amare il mondo del calcio. Che consiglio gli darebbe?
“Il Ministro dello Sport avrà una pressione psicologica molto forte. Però non deve dimenticare che il calcio in Italia è lo sport più seguito. Tante volte il calcio viene visto come un mondo di viziati, gente che guadagna tanto. Questa storiella l’ho sentita troppe volte. La verità è che il calcio in Italia è una religione, una fede, una passione che non toglierà mai nessuno. Se la maggior parte del paese ama parlare di calcio non è colpa di nessuno. Se in altri sport non ci sono altri privilegi è un’altra storia. Magari oggi c’è la pressione di altri settori. Il calcio è un motore che manda avanti l’Italia e deve avere il giusto peso. Capisco la pressione, ma il calcio è lo sport più seguito in Italia ed è giusto che sia in cima alle cose di cui occuparsi. Se quello più seguito fosse stato un altro sport, si sarebbe parlato dell’eventuale altra disciplina”.

E la sua esperienza in Cina?
“Sto facendo una buona scuola al fianco di mio fratello e insieme ai ragazzi dello staff sto imparando. Spero di dare un contributo anche io. Abbiamo creato un nuovo Guangzhou con tanti giovani che giocavano anche in categorie inferiori. Questo nuovo progetto ci ha portato a vincere uno Scudetto a perdere la semifinale di Champions contro una squadra molto forte. Sono contento sia professionalmente che personalmente, sono in un Paese che va a tremila. Ho tanto da imparare da questa esperienza”.

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