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...con Rino Foschi

...con Rino FoschiTUTTO mercato WEB
© foto di Chiara Biondini
martedì 21 aprile 2020, 00:00A tu per tu
di Alessio Alaimo
“In campo solo quando saremo sicuri. Prezzi più bassi e meno commissioni agli agenti: cosa cambia. Io pronto a rientrare. E se vinco al Super Enalotto compro il Palermo. Tutto sulle mie sfuriate...”

È un leone in gabbia Rino Foschi. “Abituato ad andare sempre in giro, ovviamente, vivo male queste restrizioni”, dice l’ex direttore sportivo di - tra le altre - Verona e Palermo a TuttoMercatoWeb. La chiacchierata con il dirigente romagnolo è una percorrenza di ricordi ed emozioni dalla quale traspare una grande voglia di tornare in pista nonostante la carta d’identità non gli sia benevola. “Non ho più trent’anni ma - dice - ho tanta energia. Il mio lavoro è la mia passione, non vedo l’ora di rientrare”.

Intanto come vive il periodo di isolamento?
“Mi sveglio al mattino e vado su in mansarda dove ho qualche attrezzo per fare un po’ di sport. Leggo i giornali, poi pranzo. E il pomeriggio, quando il meteo lo consente, prendo il sole in giardino. E ogni giorno scambio messaggi con gli altri addetti ai lavori: nessuno è impegnato, siamo tutti a casa. Diciamo che è un modo per tenere vive le relazioni. Sto rompendo le scatole a tutti (sorride, ndr). Ma mi ritengo un fortunato, perché penso a chi soffre. A chi non ce l’ha fatta per questo virus. A chi ha perso il lavoro che gli consentiva di vivere degnamente. Nulla a che vedere con il calcio”.

Già, il calcio. L’idea è di ripartire in breve tempo.
“Giusto pensare a riaprire. Ma non nell’immediato. Bisogna ricominciare in sicurezza, senza rischiare nulla. Le fabbriche tornano a lavorare perché c’è una necessità industriale. La gente muore di fame, i calciatori no. Quelli che vogliono la ripresa sono i presidenti che altrimenti perdono i diritti televisivi. Qualcuno ha preso anche una parte futura. Ma così si mette in secondo piano la salute, non va bene. E non si può neanche pensare di far giocare le squadre del Nord al Sud perché si rischia di contagiare il territorio meridionale dove l’epidemia è contenuta. Immaginate con gente che viaggia da Nord a Sud ogni settimana cosa potrebbe succedere. E poi riprendere senza pubblico significherebbe giocare solo per i soldi e non per il calcio: non mi piace. Sarebbe più opportuno, a mio avviso, riprendere quando si calmeranno le acque”.

Con la crisi economica che scaturirà dal Coronavirus, anche nel calcio servirà gente di esperienza come lei e altri dirigenti esperti per superare il momento.
“Le difficoltà si possono superare tutte, tranne la morte. I procuratori devono mettersi in testa che potrebbero rimetterci, è già uno scandalo che prendano in condizioni normali commissioni così alte. E con i calciatori si troverà una soluzione. Chi perde davvero da questa crisi sono gli operai che non hanno più soldi, non i calciatori. Per quanto riguarda il futuro, cambieranno gli stipendi, i parametri, i costi dei cartellini. Certi stipendi non ci saranno più”.

Dunque spazio allo scouting e alla valorizzazione del settore giovanile.
“Io lo scouting lo facevo già molti anni fa. Dai tempi di Chiesa, Sordo, Signori, Taibi che quando stava per andare al Manchester United mi ha chiamato dicendomi ‘se ho raggiunto questo traguardo lo devo a te’ e tanti altri. Lo scouting è la base del nostro lavoro. Bisognerà portare avanti anche la politica dei giovani, farli crescere fino ad inserirli in prima squadra. Ma serviranno strutture e soprattutto dirigenti maestri”.

Il prossimo anno la immaginiamo di nuovo battagliero, in pista.
“Ho avuto dei contatti con alcuni presidenti, ho detto no a tre proposte. Ma sono pronto a rientrare, alle giuste condizioni. Ho una voglia matta di tornare a lavorare alle giuste condizioni”.

La sua operazione più bella?
“Ce ne sono tante. Mi viene in mente Luca Toni, ogni due anni cambiava società: con noi nel Palermo ha fatto cinquanta gol in due anni. E alla Fiorentina l’ho venduto alle mie condizioni. Ma di calciatori ne ho acquistati e ceduti tanti. In carriera ho avuto tre calciatori che mi hanno lasciato il segno e si tratta di Franco Baresi al Modena, Giuseppe Biava al Palermo e Damiano Tommasi al Verona: calciatori e uomini da cui ho imparato qualcosa”.

Oggi Tommasi, presidente AIC, è nell’occhio del ciclone.
“È una persona seria, leale, di cultura. Fa fatica a stare in questo mondo, è una mosca bianca”.

Direttore, se Dybala è andato alla Juve il merito è anche suo.
“In quel momento non ero il direttore sportivo del Palermo. Zamparini era da solo e mi ha chiesto aiuto, aveva avuto qualche approccio con il Milan e il Napoli. Ma mi ero messo in testa di darlo alla Juve, Paratici lo voleva a tutti i costi. Non lo ha mai mollato, voleva portarlo a casa. Un giorno mi hanno chiamato, sono andati a Vergiate da Zamparini e hanno chiuso la trattativa tenendomi al corrente. C’erano di mezzo Jorginho e soldi in un’operazione con il Napoli. Ma ho sempre tenuto botta grazie anche all’insistenza di Paratici. E poi Marotta è un amico di vecchia data ”.

Avrebbe potuto guadagnare uno sconto per l’automobile...
“Era uscita la Jeep nuova, cosi un giorno parlando del più e del meno ho detto a Marotta che mi sarebbe piaciuto comprarla. C’era l’idea di farmela comprare con uno sconto ma non ci siamo riusciti (sorride, ndr). Poi l’auto l’ho comprata a Cesena a prezzo pieno. Con Marotta abbiamo un grande rapporto da tantissimo tempo”.

Ora Dybala tratta il rinnovo.
“Rinnoverà. L’anno scorso ha patito un po’ la presenza di Cristiano Ronaldo; poi è tornato ai suoi livelli ed è entrato nei meccanismi di Sarri. La Juve lo accontenterà, sa di avere qualcosa di importante tra le mani”.

La trattativa di cui si pente?
“Il primo parametro zero dalla Russia, al Verona. Nigmatullin, per lui ho ricevuto anche le minacce dei russi. Un’operazione conclusa con Claudio Vigorelli. Nigmatullin era un bravo ragazzo, era stato anche premiato come miglior portiere della Russia. A Verona non è stato fortunato. Per andarlo a prendere io e Vigorelli abbiamo fatto una grande traversata. È stata forse la più grande delusione. Ma mi consolo pensando di averlo preso a zero. E poi Vigorelli a Verona mi aveva portato Frey. E si è fatto perdonare contribuendo al passaggio di Kjaer al Palermo”.

Edinson Cavani è una scoperta tutta sua e del suo gruppo di lavoro. Lascerà il PSG, dove lo vede?
“Se dipendesse da me... in Italia. E potrei anche prestarmi per convincere l’uomo. Quando è stato venduto al Napoli sono andato da Zamparini a dirgli: ‘lei è un pazzo’. Poteva andare al Manchester City da Mancini. Il direttore sportivo del Palermo quell’anno era Sabatini, non avevo un bel rapporto perché ero geloso, aveva preso il mio posto. Quando è andato al Palermo a mia insaputa, io ero al Wolfsburg per vendere Barzagli. L’anno scorso non gli ho dato La Gumina per fare il bene del Palermo e l’ho mandato all’Empoli che offriva di più. Poi ci siamo chiariti e ho riscoperto un Walter Sabatini eccezionale: se può aiutare un amico si presta subito”.

Tantissime scoperte e altrettante sfuriate. Di quale si pente?
“Di tutte. Però se non avessi fatto determinate sfuriate non sarei andato al traguardo. L’ultima con Ferrero per La Gumina che poi ho ceduto all’Empoli. Ma poi quando voleva prendere il Palermo mi ha chiamato dicendomi ‘vado a comprare il Palermo, vieni con me?’. Gli ho risposto: ‘Ma che dici? Non eravamo litigati?’. Quella chiamata mi ha fatto piacere. Però di una sfuriata mi vergogno e ho fatto vergognare la mia famiglia: a Genova contro la Sampdoria ci hanno tolto la Champions per un calcio di rigore. Purtroppo al Ferraris quando devi uscire sei costretto ad attraversare il campo, sono andato via e mi è scappata una bestemmia. In più avevo dichiarato che l’arbitro aveva fatto più danni di quelli che avevano lanciato lo scooter a San Siro. Per tutta la settimana seguente a quella partita le tv hanno mandato in onda le immagini di me che bestemmiavo. Mi ha scritto un Monsignore accusandomi di non essere un esempio per i più giovani. Gli ho risposto: ‘ha ragione, ma sono più bestemmiatore io o quelli delle tv che ancora mandano in onda le immagini?’.

Qualche scontro lo ha avuto anche con Zamparini...
“Quando ho venduto Amauri alla Juventus trattavo con Alessio Secco. Un giorno giocavamo a Napoli, ero in hotel con la squadra e arrivò il Presidente con la copia di TuttoSport secondo cui Amauri sarebbe andato alla Juventus. Mi tirò il giornale addosso, dicendomi che non avrei mai venduto Amauri ai bianconeri. Sono andato a fare la valigia... poi mi ha richiamato. Ho telefonato a Secco davanti a lui e li ho messi in contatto. Stavo dicendo la verità. Poi siamo andati avanti, io avevo voglia di chiudere. Qualcuno anche all’interno del Palermo sghignazzava e non ci credeva. Poi un giorno non ho detto niente a nessuno e con il solo segretario Felicori sono andato a Torino per andare a chiudere. In sede alla Juve c’erano i procuratori di Nocerino e Lanzafame che erano stati individuati come contropartite per chiudere l’operazione. Andando avanti nei discorsi si parlò dei contratti di Nocerino e Lanzafame e a quest’ultimo non volevo pagare l’ingaggio di 500.000 euro. I dirigenti della Juve erano tanti, io con me avevo soltanto il segretario. Dissi che non avrei pagato quell’ingaggio a Lanzafame. Tutti cercarono di controbattere, io andai via tra lo stupore dei presenti. Poi passata la rabbia sono tornato e ci siamo messi d’accordo e a Lanzafame diedi circa 300.000 euro. Blanc e Cobolli Gigli in quella circostanza dissero che ero stato bravo, ma che nelle trattative non ho lo stile Juve”.

Verona e Palermo le tappe più nelle della sua carriera?
“Verona e Palermo, direi di sì. Ma Palermo è un’altra cosa, a livello affettivo mi ha dato tantissimo. La Serie A, l’Europa, la rabbia per essere andato via, poi il ritorno e l’addio dopo venti giorni. E poi sono tornato l’anno scorso in tempi più difficili. Quando penso al mio lavoro penso in rosanero. Anzi, se un giorno dovessi vincere al Super Enalotto la prima cosa che farei sarebbe comprare il Palermo (sorride, ndr)”.

La mancata iscrizione dell’anno scorso del Palermo con i Tuttolomondo al timone è ancora una ferita aperta, immagino.
“Non meritavo di vivere ciò che ho subito. Ho ancora le ossa rotte. Di quella gente non parlo. Se avessi avuto le spalle più larghe non avrebbero retrocesso il Palermo dopo un campionato giocato regolarmente e gli stipendi pagati. Sono rimasto deluso dal Palazzo. Perché la mia squadra in campionato ha gareggiato regolarmente. Sono persino diventato presidente e ho cacciato gli inglesi che avevano fatto solo dei danni. Siamo arrivati terzi e ci hanno mandati in Serie C. Non avevo le spalle larghe”.

Per spalle larghe immagino intenda una proprietà solida. Che bluff i Tuttolomondo...
“Mi hanno licenziato perché non li volevo. Cercavo una nuova proprietà più solida perché li consideravo un bluff e poi i fatti mi hanno dato ragione perché il Palermo non si è iscritto al campionato. Lucchesi aveva dichiarato che mi muovevo come un elefante tra i cristalli, sapete perché? Semplicemente perché chiedevo spiegazioni sui soldi che non arrivavano mai. Ho dovuto svuotare il mio ufficio di notte perché dovevano presentare l’allenatore senza coinvolgermi. Un’umiliazione incredibile, a Palermo. Nella mia Palermo. Assurdo”.

Tornerebbe anche nelle categorie inferiori se arrivasse una chiamata da Palermo?
“La risposta è scontata”.

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