Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroMondiale per ClubCalendariScommessePronostici
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliaricomocremonesefiorentinagenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilannapoliparmapisaromasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenafrosinonelatinalivornonocerinapalermoperugiapescarapordenonepotenzaregginasalernitanasampdoriasassuoloturris
Altri canali mondiale per clubserie bserie cchampions leaguefantacalciopodcaststatistiche
tmw / atalanta / Serie A
L'Atalanta di De Roon: "I giocatori di Liverpool e Barça mi dicono: 'Che difficile affrontarvi'"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
ieri alle 22:08Serie A
di Daniele Najjar

L'Atalanta di De Roon: "I giocatori di Liverpool e Barça mi dicono: 'Che difficile affrontarvi'"

Il centrocampista dell'Atalanta, Marten De Roon, ha rilasciato una intervista a Cronache di Spogliatoio nella quale ha ripercorso i passi fatti in Italia. "Le prime settimane sono state difficili, con la lingua e tutto quanto. Ho chiamato mia moglie e le ho detto: "Ma dove sono finito?". Dopo qualche anno devo dire che da allora è cambiato tutto e spero di poter continuare ancora un paio di anni".

Il Presidente dice ancora: "L'obiettivo è la salvezza".
"E' giusto partire così, non mettiamo troppa pressione (ride, n.d.r.). E' la forza della società, che ha sempre i piedi per terra, invece di parlare di Scudetti e Champions. Gli obiettivi sono cambiati, ma loro mantengono i piedi per terra".

Il Presidente è così tifoso?
"E' così, lo vedo come un presidente tifoso. E' stra-felice quando vinciamo, la vive come tifoso ed ex calciatore, invece è un grande imprenditore. Oltre al calcio, l'Atalanta è una cosa importante per Bergamo. Poi suo figlio Luca gestisce tutto, con D'Amico c'è sempre, sempre". Il Presidente carica la squadra, il figlio gestisce tutto. Dopo essere stato calciatore ha fatto crescere la sua azienda".

Van Dijk ti ha detto qualcosa quando li avete fermati?
"Prima di tutto ha fatto i complimenti per il pubblico: "Wow, avete un pubblico fantastico". Ma anche per noi: "Non mi aspettavo questo gioco". Pensava che ci saremmo abbassati, invece abbiamo fatto il nostro gioco".

I complimenti più belli?
"In Nazionale, quando mi arrivano giocatori di Barcellona, Liverpool e le altre e mi dicono: 'Oh, è veramente difficile giocare contro di voi'. E' la cosa più bella".


Cosa hai pensato quando hai capito che non avresti giocato la finale?
"Adesso posso parlare con il sorriso. I primi sei mesi non riuscivo proprio. Ho fatto quello scatto per bloccare la palla e ho sentito subito una fitta che non avevo mai sentito nella mia vita. Sapevo fin da subito che non potevo giocare nemmeno una settimana dopo. Ho iniziato a piangere a bordocampo perché era la partita più importante della mia vita e perché è qualcosa che abbiamo proprio conquistato e meritato di giocare. Io credo che - non mi piace dirlo - soprattutto io mi meritavo di giocare quella finale perché il percorso in Europa League, ma in generale con tutta l'Atalanta, ho fatto tanti sacrifici. Penso ai sacrifici che ho fatto contro il Liverpool, quando la mattina si è infortunato Kolašinac e mi dicono: “Martin giochi braccetto sinistro contro Salah, in bocca al lupo”, e contro Marsiglia dopo dieci minuti si fa male di nuovo Kolašinac e ho giocato ancora difensore. Poi è andato tutto bene, siamo arrivati lì, avevo la sensazione che questa era la mia finale, era la mia ciliegina sulla torta. Abbiamo vinto, quindi la ciliegina c'è sulla torta, però non essendo sulla foto della finale mi sembra sempre ci sia una macchia".

Non la senti al 100% attaccata?
"99%? Sì, manca qualcosa lì. So che ho vinto e che è anche merito mio se abbiamo alzato la coppa, però non aver giocato quella finale mi manca. I primi giorni ho pianto, ho pianto a casa. Mi ricordo che ero con mia moglie a tavola il giorno dopo e abbiamo pianto lì 15-20 minuti, ma proprio di delusione, di tristezza. È l’obbiettivo di un calciatore giocare una finale europea, io l’ho conquistata ma non potevo esserci. Poi come atleta vivi per queste cose perché speri di arrivare in una finale così. L'abbiamo fatto in Coppa Italia tre volte e non siamo mai riusciti a vincerla. Poi arrivi in una finale ancora più importante non la puoi giocare. Ogni tanto penso che forse avrei preferito di poter giocare e perdere. Alla fine non è proprio così, però questo è il tuo primo pensiero. Come mai non posso giocare questa finale? Questa è la mia finale. Invece è così. Poi c'è l'altra faccia della medaglia che in quei giorni, in quella settimana ho ricevuto messaggi, telefonate, chiamate da tutto il mondo sportivo, ma non solo. Soprattutto dalla città Bergamo ne ho ricevuti tantissimi, un affetto e un'appartenenza che sapevo che c'era, ma non avevo mai visto in quella grandezza, in tanti. Uno dei messaggi più belli era da un amico che ho conosciuto qua, un bergamasco che mi ha detto: “Da quando sei arrivato ho portato di nuovo i miei figli allo stadio e tu li hai fatto innamorare di nuovo dal calcio, di sudare sempre la maglia, di dare tutto in campo. Non è che la finale cambi qualcosa, ma è più questo che lasci a miei figli, a me e a tutta la gente di Bergamo”. Questo mi ha colpito, sono stati giorni molto emozionanti".

C’è una storia personale di un tuo compagno che ti è rimasta attaccata, perché comunque immagino che poi appunto è una stanza in cui arrivano persone da Sudamerica, Olanda, Italia, Africa?
"Ci sono le belle storie e le storie un po' più triste, perché per esempio con Iličić abbiamo vissuto tutta la sua storia. Io mi ricordo bene che lui è sceso una volta in campo, io l'ho seguito e lui lì quasi in lacrime mi ha abbracciato. Poi ci sono anche quelle divertenti, per esempio quest’anno arriva Ciaos con un regalo Mario: una maglia dell Dinamo Zagabria con scritto Pasalic. Pasalic è di Spalato, non vuole nemmeno sentire il nome Zagabria. E queste cose qui sono divertenti, poi ce ne sono altre mille probabilmente che adesso non mi ricordo, però c'è di tutto. Per esempio ci può essere uno che, non so, ha litigato con la compagna e vuole condividere un po' la sua storia, poi uno che è single che ha festeggiato quella sera, c'è proprio di tutto".

In questi giorni chiaramente avete parlato un po' di vostri compagni, anche il mister, come vedi il tuo futuro, quello dell'Atalanta? Come gestirai magari anche da leader in spogliatoio questa fase di cambiamento?
"La vecchia guardia sta scomparendo! Adesso ci siamo Francesco Rossi, Mario e io. Piano piano tutti vanno via e questo significa per prima cosa che sto invecchiando, questa cosa è sicura, e poi che prima o poi arriverà anche il mio momento! Però per fortuna sto ancora molto bene, vedo il futuro ancora pieno di soddisfazione di giocare. Però sì, la generazione, i ragazzi calciatori cambiano e piano piano loro devono prendere il loro posto come giocatori, come leader, come nello spogliatoio. Nel calcio sono sempre stati i cambiamenti, così credo che anche quando noi andremo via ci saranno altri che faranno il loro gioco, le loro avventure e spero di portare ancora l'Atalanta più in alto, che è quasi impossibile. Credo che la società saprà assicurare un futuro roseo".