Vanoli lo sprona, l’Islanda lo esalta: il paradosso Gudmundsson e la Fiorentina che attende (ancora)
Albert Gudmundsson ha impiegato meno di un giorno per rispondere sul campo alle sollecitazioni del suo nuovo allenatore. In conferenza stampa, Paolo Vanoli era stato chiarissimo: "Deve lui capire me, non il contrario. E anche velocemente". Un messaggio diretto, quasi una sfida al numero 10 viola, che in Nazionale sembra un giocatore diverso: più libero, più incisivo, più centrale nel gioco. E la risposta da Baku è arrivata immediata. Schierato da punta contro l’Azerbaigian, Gudmundsson ha sbloccato la gara dopo una ventina di minuti con un controllo perfetto e un tiro rapido, una giocata da leader tecnico. Migliore in campo, ha confermato il suo momento d’oro con la maglia della Nazionale, dando continuità alle reti realizzate nelle sue ultime uscite: quattro gol nelle ultime quattro gare islandesi.
Numeri che impressionano, soprattutto se paragonati a quelli messi insieme in Serie A, dove nelle ultime diciotto partite ha segnato lo stesso numero di gol, quattro, e dove non trova una rete su azione dal Fiorentina-Juventus dello scorso marzo. Il paradosso è evidente: esistono due Gudmundsson. Quello con l’Islanda, laterale ma centrale nelle trame di gioco, coinvolto e responsabilizzato; e quello di Firenze, spesso seconda punta che viene incontro, si abbassa troppo e finisce per perdersi tra le linee fino quasi a sparire. Nelle intenzioni della dirigenza viola doveva essere il riferimento creativo pagato oltre 20 milioni, ma il suo rendimento non ha ancora raggiunto quel livello di leadership tecnica attesa.
Contro il Genoa, però, qualche segnale di inversione di tendenza si è intravisto: è stato uno dei pochi a mostrare progressi rispetto alle sue prestazioni abituali, trasformando con freddezza il rigore che aveva riportato la Fiorentina in partita. Vanoli lo vorrebbe come un giocatore capace di incidere indipendentemente dal partner offensivo, qualcuno che si assuma responsabilità e che diventi un punto fermo del nuovo progetto. Per questo le sue parole non erano un rimprovero, ma un invito a prendere in mano la squadra. Gudmundsson ha iniziato a rispondere. Ora deve continuare, perché a Firenze lo aspettano ancora tutti.






