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Oggi è il sesto anniversario di Commisso da proprietario della Fiorentina. Il bilancio
Sono 6 anni oggi che la Fiorentina è di proprietà di Rocco Commisso. Era il 6 giugno 2019, l'orologio segnava le 15.18, quando il taycoon italo-americano atterrava a Firenze e la società toscana avrebbe poi informato tutti tramite un comunicato ufficiale, al quale avrebbero poi fatto seguito tanti altri, di essere passata di mano: dalla famiglia Della Valle, prima Diego e poi Andrea, la palla viola passava tra i piedi dell'imprenditore Rocco Commisso, il miliardario fondatore di Mediacom.
Una Fiorentina più da coppe che da campionato. Si potrebbe riassumere così il bilancio dei risultati sportivi in viola nei 6 anni sotto la presidenza Commisso. D'altronde i numeri parlano chiaro: a fronte di un 6° posto conseguito come miglior risultato nel periodo, proprio nella stagione appena archiviata e che si è paradossalmente però chiusa con l'addio anticipato per sua scelta dell'allenatore Palladino, i percorsi in coppa dicono invece che la Fiorentina di Commisso ha sempre saputo farsi valere, pur senza mai vincere. Tre finali, tutte nel ciclo Italiano e tutte perse, più tre semifinali (due di Coppa Italia, sempre col tecnico oggi a Bologna, e una di Conference in questa stagione con Palladino) arrotondano il concetto.
Anche lato calciomercato, la Fiorentina di Commisso ha presentato una spaccatura in questi 6 anni. L'era Commisso si è svolta tutta con Daniele Pradè nelle mansioni di direttore sportivo (affiancato da Burdisso e adesso da Goretti come dt) e dice che i viola sono stati più bravi a vendere che non a comprare. Se l'era Commisso è infatti quella delle cessioni record (Vlahovic a 80 milioni, Chiesa a più di 40, Gonzalez poco meno) e di altre ben riuscite (vedi Igor al Brighton per 18 milioni di euro subito dopo una pessima finale di Conference), è anche quella di numerosi, forse troppo acquisti che non hanno fruttato. Partendo dal colpo a effetto Ribery e arrivando alle difficoltà a sostituire Vlahovic (missione durata due anni e mezzo) o più generali (Kouame, Cutrone, Duncan e Ikoné sono costati quasi 100 milioni se messi insieme, per esempio) gli esempi a conferma della teoria non mancano. Il riassunto racconta le difficoltà nel fare un vero salto di qualità o, soprattutto per una piazza sempre più snervata da questo, di riuscire ad aggiudicarsi un trofeo per cristallizzare il percorso.
Una Fiorentina più da coppe che da campionato. Si potrebbe riassumere così il bilancio dei risultati sportivi in viola nei 6 anni sotto la presidenza Commisso. D'altronde i numeri parlano chiaro: a fronte di un 6° posto conseguito come miglior risultato nel periodo, proprio nella stagione appena archiviata e che si è paradossalmente però chiusa con l'addio anticipato per sua scelta dell'allenatore Palladino, i percorsi in coppa dicono invece che la Fiorentina di Commisso ha sempre saputo farsi valere, pur senza mai vincere. Tre finali, tutte nel ciclo Italiano e tutte perse, più tre semifinali (due di Coppa Italia, sempre col tecnico oggi a Bologna, e una di Conference in questa stagione con Palladino) arrotondano il concetto.
Anche lato calciomercato, la Fiorentina di Commisso ha presentato una spaccatura in questi 6 anni. L'era Commisso si è svolta tutta con Daniele Pradè nelle mansioni di direttore sportivo (affiancato da Burdisso e adesso da Goretti come dt) e dice che i viola sono stati più bravi a vendere che non a comprare. Se l'era Commisso è infatti quella delle cessioni record (Vlahovic a 80 milioni, Chiesa a più di 40, Gonzalez poco meno) e di altre ben riuscite (vedi Igor al Brighton per 18 milioni di euro subito dopo una pessima finale di Conference), è anche quella di numerosi, forse troppo acquisti che non hanno fruttato. Partendo dal colpo a effetto Ribery e arrivando alle difficoltà a sostituire Vlahovic (missione durata due anni e mezzo) o più generali (Kouame, Cutrone, Duncan e Ikoné sono costati quasi 100 milioni se messi insieme, per esempio) gli esempi a conferma della teoria non mancano. Il riassunto racconta le difficoltà nel fare un vero salto di qualità o, soprattutto per una piazza sempre più snervata da questo, di riuscire ad aggiudicarsi un trofeo per cristallizzare il percorso.
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