Va bene l'algoritmo, ma guai ad intaccare storia e DNA della Juve
La Juve di Comolli all'insegna dell'algoritmo. Sintesi probabilmente esagerata, ma non troppo lontana dalla realtà. Almeno stando alle parole del nuovo ad bianconero. Nette e senza possibilità di decifrarle in modo diverso. L'intelligenza artificiale molto più di un semplice ausilio, non a caso verrà utilizzata in qualsiasi ambito. I dati guidano la scelta dei giocatori (indicano la loro personalità), i calci piazzati, la prevenzione degli infortuni e molto altro. Quando era presidente del Tolosa, il manager transalpino prendeva solo elementi nati dopo agosto perché ritenuti più performanti! Come era prevedibile, le parole dell'ad della Juve hanno suscitato un mare di polemiche e perplessità da parte di giornalisti e addetti ai lavori. Il ds del Milan Tare, per esempio, ha detto che lui preferisci seguirli dal vivo i giocatori, prima di ingaggiarli. Ovviamente attraverso i talent scout, figure imprescindibili. Del resto il calcio non è una scienza esatta, è fatto di dribbling, gesti tecnici: il tutto esula da statistiche e tecnologia.
Alla fine magari avrà ragione Comolli e riporterà la Juve a vincere, ma qualche dubbio resta. Fatico a capire come, dopo 100 anni di calcio, i numeri possano prevalere sull'uomo, sulle sue competenze e conoscenze. Ecco, la storia della Signora è fatta di grandi dirigenti, ai loro tempi non esisteva l'algoritmo. La scelta dei calciatori avveniva seguendoli e i risultati alla fine parlano chiaro. Hanno vestito la maglia bianconera dei fuoriclasse assoluti. Due di questi, Platini e Zidane, sono nati a giugno, tanto per dire. Oggi sarebbero fuori dai parametri comolliani! Insomma i dati non sono inutili, ma devono fungere da semplice ausilio per l'umano. Vale per chi va in giro a caccia di talenti, così come per i giocatori. Per battere una punizione servono piedi buoni, in alcune occasione il tiro forte. Se un calciatore fa bene in un club, non è detto possa accadere anche in un altro, l'algoritmo può fare poco o nulla. Openda, per esempio, ha avuto numeri apprezzabili al Lipsia, ma nella Juve sta deludendo. Idem David, nel passaggio dalla Ligue 1 alla Serie A. Insomma i dati non sono inutili, ma devono fungere da semplice ausilio per l'umano. Comolli però va dritto per la sua strada: “Chi mi sceglie sa come lavoro”. Quindi, tanto per citare Pirandello, “Così è (se vi pare)”. Non vorrei che il vecchio motto della Juve declinato al verbo vincere, si trasformasse in “l'algoritmo è l'unica cosa che conta”.








