
Felipe Melo: "Tiferò Fluminense, ma passerà l'Inter. Stravedo per Pio Esposito"
Felipe Melo, ex centrocampista di Inter e Fluminense, è davvero molto, molto legato a entrambi i club in cui ha giocato, ma non ha dubbi su cosa rispondere quando gli viene chiesto per chi farà il tifo: "Fluminense - dice con tutta sincerità a gazzetta.it -. Sono brasiliano, e in più lì giocano i miei amici, ma di una cosa sono sicuro: vincerà l’Inter".
Come mai?
"Sono più forti, più strutturati, più… tutto, anche se Portaluppi è uno abituato a vincere e non escludo l’impresa. Col Borussia Dortmund hanno giocato a testa altissima, ma se non ci fosse stato Fabio, un eterno sottovalutato, sarebbe passato il Mamelodi".
Thiago Silva è il solito mastino.
"Le dico la verità, col Borussia mi ha sorpreso. In Brasile non gioca in questo modo: qui esce palla al piede e stacca di testa come se avesse vent’anni. Per Lautaro non sarà facile stavolta".
Le dispiace non sfidare i nerazzurri?
"Sarebbe stato bello, ma ormai avevo dato tutto. Ho smesso a 41 anni senza rimpianti e con dozzine di trofei. La Fluminense non aveva mai vinto una Libertadores prima di me. Abbiamo scritto la storia, e adesso il guerriero si riposa e cambia vita: voglio allenare".
E allora, da mister: chi la intriga di più dei nerazzurri?
"Stravedo per Barella e Mkhitaryan, ma anche per Pio Esposito. A proposito di coraggio: io uno così lo faccio giocare tutta la vita titolare. La personalità con cui ha incassato calcioni contro il River non è da tutti. Lui sì che giocherebbe in una squadra di Felipe Melo".
Che gioco sarà il suo?
"Tiki-taka puro. Voglio giocatori coraggiosi. Se non corri e non infili la gamba in un contrasto, con me non giochi. I miei modelli sono Emery, Conte, Terim, Diniz e Mancini. Speravo andasse alla Juve".
Un commento sul ko della Juventus contro il City?
"Ha giocato come una squadra piccola. Tutti dietro, solo difesa, nessuna proposta. L’Inter due anni fa ha rischiato di batterli in finale di Champions, i bianconeri no. Guardiola ha passeggiato. Comunque, sugli spalti, sono riuscito a incrociare Chiellini".
Avete chiarito dopo quanto scrisse nel libro?
"Sì, è venuto da me con grande umiltà: 'Felipe, come stai?'. Ci siamo abbracciati, si è scusato ed è finita lì. All’epoca avevo 25 anni, ero un ragazzino sfrontato, litigai con tutti, lui compreso. Non capivo certe cose: arrivavo al campo mezz’ora prima dell’allenamento e me ne andavo subito. Oggi, a 42 anni e da padre di famiglia, riconosco di aver sbagliato atteggiamento. Sono contento di aver chiarito".
Dopo l’Inter ha avuto richieste dall’Italia?
"No, anche perché non ho mai aperto la porta. Due sono le squadre italiane che ho amato: la Fiorentina e i nerazzurri. Da Firenze non sarei mai andato via, purtroppo i tifosi non mi hanno mai perdonato di aver lasciato il Franchi per la Juve, ma fui quasi costretto".
Come mai?
"Sono più forti, più strutturati, più… tutto, anche se Portaluppi è uno abituato a vincere e non escludo l’impresa. Col Borussia Dortmund hanno giocato a testa altissima, ma se non ci fosse stato Fabio, un eterno sottovalutato, sarebbe passato il Mamelodi".
Thiago Silva è il solito mastino.
"Le dico la verità, col Borussia mi ha sorpreso. In Brasile non gioca in questo modo: qui esce palla al piede e stacca di testa come se avesse vent’anni. Per Lautaro non sarà facile stavolta".
Le dispiace non sfidare i nerazzurri?
"Sarebbe stato bello, ma ormai avevo dato tutto. Ho smesso a 41 anni senza rimpianti e con dozzine di trofei. La Fluminense non aveva mai vinto una Libertadores prima di me. Abbiamo scritto la storia, e adesso il guerriero si riposa e cambia vita: voglio allenare".
E allora, da mister: chi la intriga di più dei nerazzurri?
"Stravedo per Barella e Mkhitaryan, ma anche per Pio Esposito. A proposito di coraggio: io uno così lo faccio giocare tutta la vita titolare. La personalità con cui ha incassato calcioni contro il River non è da tutti. Lui sì che giocherebbe in una squadra di Felipe Melo".
Che gioco sarà il suo?
"Tiki-taka puro. Voglio giocatori coraggiosi. Se non corri e non infili la gamba in un contrasto, con me non giochi. I miei modelli sono Emery, Conte, Terim, Diniz e Mancini. Speravo andasse alla Juve".
Un commento sul ko della Juventus contro il City?
"Ha giocato come una squadra piccola. Tutti dietro, solo difesa, nessuna proposta. L’Inter due anni fa ha rischiato di batterli in finale di Champions, i bianconeri no. Guardiola ha passeggiato. Comunque, sugli spalti, sono riuscito a incrociare Chiellini".
Avete chiarito dopo quanto scrisse nel libro?
"Sì, è venuto da me con grande umiltà: 'Felipe, come stai?'. Ci siamo abbracciati, si è scusato ed è finita lì. All’epoca avevo 25 anni, ero un ragazzino sfrontato, litigai con tutti, lui compreso. Non capivo certe cose: arrivavo al campo mezz’ora prima dell’allenamento e me ne andavo subito. Oggi, a 42 anni e da padre di famiglia, riconosco di aver sbagliato atteggiamento. Sono contento di aver chiarito".
Dopo l’Inter ha avuto richieste dall’Italia?
"No, anche perché non ho mai aperto la porta. Due sono le squadre italiane che ho amato: la Fiorentina e i nerazzurri. Da Firenze non sarei mai andato via, purtroppo i tifosi non mi hanno mai perdonato di aver lasciato il Franchi per la Juve, ma fui quasi costretto".
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