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Gli altri hanno date e strategie, da noi è solo “Parole parole…”

Gli altri hanno date e strategie, da noi è solo “Parole parole…”TUTTO mercato WEB
mercoledì 13 maggio 2020, 06:00L'Angolo di Calcio2000
di Fabrizio Ponciroli

Nel 1972 il brano “Parole parole”, cantato da Mina, diventata un fenomeno musicale italiano di grande successo… Quel brano è l’emblema di un’Italia viva, pronta a tuffarsi nei favolosi Anni’80, quelli del boom economico e, nel calcio, della riapertura delle frontiere agli stranieri… Beh, a distanza di quasi 50 anni, di quell’Italia piena di speranza e determinazione non sembra esserci rimasto più nulla, almeno nel mondo del calcio. Mi ero ripromesso di non parlare più del caos generato dal Covid-19 ma, in realtà, almeno nel Bel Paese, non si riesce a parlare d’altro…
Ormai il senso di delusione si sta trasformando, giorno dopo giorno, in rabbia… Vedo la Bundesliga che riapre i battenti, affrontando ogni problematica in “modalità teutonica”, ovvero anticipando ogni possibile difficoltà con soluzioni magari drastiche ma precise. Sento i miei colleghi spagnoli parlare di “ripartenza della Liga” necessaria e condivisa da più parti. Ammiro la Premier League che si sta attrezzando per non “lasciare indietro nessuno” e pure in Francia, dove si è deciso di non giocare più in largo anticipo, c’è chi grida allo scandalo e vorrebbe “un passo indietro del Governo” per evitare una catastrofe economica nella Ligue 1…
E noi? Parole, parole e, questa volta, non c’è la magia della voce di Mina a renderle meravigliose… Ognuno si sente libero di dire la sua e, spesso, senza avere cognizione di causa. Chi, invece, dovrebbe fare gli interessi dello Sport (Vincenzo Spadafora) non pare avere tanta voglia di esprimere le sue reali convinzioni…
Ogni giorno, anzi, quasi ogni ora, c’è un aggiornamento. Ad ogni passo in avanti verso la riapertura, ne giungono, immediatamente, un paio che ci avvicinano alla chiusura definitiva. Un gambero non saprebbe fare meglio… Voglio essere il più chiaro possibile: la Serie A deve riprendere a tutti i costi perché la tanto demonizzata Serie A è il motore di tutto lo sport nazionale (ho scritto sport, non calcio). In questo periodo ho intervistato tanti illustri rappresentanti di altre discipline sportive e tutti hanno risposto in coro: “Se il calcio riparte, abbiamo una possibilità anche noi”. Capito? Senza la Serie A, non andiamo da nessuna parte (sportivamente parlando). E’ chiaro? Non si sta solo cercando di salvare la punta dell’iceberg ma l’intero mondo sottostante…
E ora vorrei provare a rispondere ad ogni esponente del “fronte del no”. Partiamo da chi non vorrebbe la ripartenza del calcio per una questione di rispetto verso i tanti caduti in questo nefasto momento… Da buon cristiano, credo che ci siano tanti e più nobili modi per onorare le vittime e tutte le famiglie colpite dal Covid-19. Restare fermi e immobili sicuramente sarebbe un bel gesto ma comporterebbe tanti altri drammi, forse ancor più gravi. Si pensi a tutte le famiglie, legate al mondo dello sport, che resterebbero senza lavoro perché, lo ribadisco nuovamente, la Serie A dà da mangiare a migliaia di persone… Sarebbe corretto?
Argomento tamponi. A chi grida allo scandalo perché i calciatori vengono sottoposti ai tamponi mentre tutti gli altri cittadini no, vorrei fare una precisazione: ragionamento corretto ma prospettiva errata.

Verranno effettuati circa 1400 tamponi per garantire la sicurezza nel calcio (fonte Repubblica) Cambierebbe tanto se quei 1400 tamponi venissero impiegati altrove? Giornalmente ne vengono fatti oltre 25000 ai cittadini. Siamo sicuri che quei 1400 cambierebbero drasticamente lo status quo del Paese. Forse quei 1400 tamponi porterebbero più giovamento se lasciati ai “privilegiati del calcio”, così che possano rimettersi in moto e riaccendere la luce dello sport…
Non me ne voglia nessuno ma continuo a pensare che una vita in attesa non ha ragion d’essere, ad ogni livello. Comprendo e rispetto coloro che hanno paura di ammalarsi. E’ umano e comprensibile. Capirei quei giocatori che decidessero di non giocare. E’ un loro diritto ma, a quel punto, chi dovesse scegliere di restarsene a casa, non dovrebbe più essere trattato da privilegiato dal punto di vista economico. Quanti “normali” cittadini, tutti i giorni, hanno paura ad andare al lavoro. Eppure, per non restare senza uno stipendio, si fanno forza, seguono tutte le indicazioni sanitarie, e vanno al lavoro. Non siamo tedeschi, non abbiamo la loro imperturbabile forza mentale e cinica freddezza. Noi siamo più artisti, più emotivi ma dobbiamo anche ricordarci che chi si abbatte è perduto. Probabilmente, continuando a dire di no a qualsiasi ripartenza, non saremo contagiati dal Covid-19 ma, a lungo andare, saranno altre rogne a metterci in ginocchio. In tutto questo, vi invito ad andare a comprare in edicola il nuovo numero di Calcio2000. Noi non ci siamo mai fermati…

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