
Baiocco: "Juve, Motta non è stata una scelta sbagliata. Giudicare dai risultati non è corretto"
Davide Baiocco, ex centrocampista fra le altre di Perugia, Catania e Juventus, ha parlato a margine del Memorial Gaucci. Queste le sue parole raccolte da TMW.
Cosa ha rappresentato per te il Perugia e Luciano Gaucci?
"Perugia è la mia casa, è il mio cuore. Luciano, insieme alla sua famiglia, mi ha dato la possibilità di giocare in Serie A con la squadra della mia città, e penso che questa sia una cosa che capita a pochissimi giocatori. Quindi sono molto grato, e per me è un onore essere qui oggi a ricordarlo".
Grazie al Perugia, poi, hai fatto anche una stagione nella Juve. Secondo te, è stato un campionato deludente se non dovesse arrivare la qualificazione in Champions, proprio all’ultima giornata?
"Sicuramente a quei livelli il risultato è determinante. Però bisogna guardare anche a ciò che si costruisce. Ci sono stagioni di transizione in cui è importante gettare le basi per raggiungere l’obiettivo magari l’anno successivo. Viviamo nell’epoca del “tutto e subito”, dove la gente vuole risultati immediati, ma non è così semplice. Come la Juve vuole andare in Champions, anche tante altre squadre investono e lavorano per lo stesso obiettivo. Secondo me bisogna essere più equilibrati. Non credo che abbiano fatto un cattivo lavoro in termini di crescita, specie nel passaggio da una certa mentalità a una diversa con Allegri. La Juve ha voluto cambiare anche i propri principi di gioco, e per fare questo serve tempo".
Tiago Motta è stata una scelta sbagliata?
"No, assolutamente. Per me è stata una scelta giusta, da difendere per le idee che ha portato. Il percorso non era sbagliato: ha fatto 13 pareggi, molti dei quali arrivati nei minuti finali. Se anche solo cinque di questi si fossero trasformati in vittorie, avrebbero avuto 10 punti in più, e oggi parleremmo di una Juve in una posizione totalmente diversa. Giudicare solo dai risultati non è corretto: il lavoro va oltre il punteggio finale".
Chi ti aspetti sulla panchina della Roma? Domani Ranieri dirà addio alla squadra.
"Mi auguro un allenatore che sappia costruire una Roma che giochi un calcio più propositivo. È la squadra della Capitale, una piazza importante. Serve una guida con una visione moderna, con coraggio, personalità, capace di creare uno stile, un’identità precisa di gioco che faccia crescere la Roma."
Due calciatori della Juve alla Fiorentina hanno fatto bene: Fagioli si è un po’ perso nel finale, mentre Kean è esploso. Cosa consiglieresti a Kean? E cosa dovrebbe fare la società?
"Non posso dargli un consiglio, ma sicuramente ha trovato l’ambiente ideale per rendere al meglio. Ha avuto un allenatore che ha esaltato le sue qualità, in un contesto di squadra. Sai, lasciare la strada vecchia per quella nuova... conosci quello che lasci, non quello che trovi. Se arrivasse un’offerta da una squadra che lotta per obiettivi più ambiziosi, potrebbe pensarci. Ma la Fiorentina ha dimostrato di poter competere per l’Europa. La verità è che un calciatore dovrebbe stare dove si sente bene e dove può rendere al massimo. E Kean, a Firenze, ha fatto bene: vuol dire che lì si trova bene".
Su Fagioli: senza la Conference, resta solo il diritto di riscatto. Lo terresti?
"Questo lo dovrà decidere l’allenatore, in base ai suoi principi di gioco. Gli allenatori conoscono bene i propri giocatori, sanno cosa possono dare. È vero che Fagioli non è stato continuo, ma ha mostrato di poter stare alla Fiorentina e di essere utile al progetto. Quindi, la parola finale spetta a Palladino. Come sempre, l’allenatore determina il gruppo squadra e saprà se Fagioli potrà essere utile per la prossima stagione".
A proposito: Palladino, rispetto a Italiano, ha fatto un passettino indietro. Ma credi debba continuare il progetto a Firenze?
"Sì, penso di sì. Ha dimostrato il suo valore: propone un calcio giovane, coraggioso, propositivo. A me piace. Non era facile raccogliere l’eredità di Italiano, ma ha fatto un ottimo campionato. Come dicevo prima parlando del Perugia: credo che i progetti tecnici vadano coltivati e portati avanti nel tempo. Cambiare tutto alla prima difficoltà è controproducente. Il tempo serve per lavorare, crescere, dimostrare il proprio valore. Per quanto ha fatto vedere, io dico che Palladino merita fiducia e continuità".
Iieri lo Scudetto l’ha vinto il Napoli, targato Conte. Quali sono stati i suoi meriti rispetto all’Inter?
"Entrambe hanno fatto un grandissimo campionato, lo dimostrano i punti. Anche l’Atalanta ha fatto benissimo. È stato un campionato molto combattuto, il che dimostra che il livello si è alzato. Quando vinci di un solo punto, basta una piccola cosa per fare la differenza. Conte ha fatto un lavoro straordinario con una squadra che aveva già basi solide: tre anni fa il Napoli aveva vinto lo Scudetto con grande facilità. È stato bravo a riprendere quel lavoro, ma anche a cambiare parte della sua filosofia, utilizzando spesso il 4-3-3, modulo che aveva impiegato meno in passato. Ha dimostrato intelligenza, duttilità. E poi, sappiamo tutti chi è Conte: è un martello sul lavoro, porta grandissima intensità e pretende tantissimo. Va anche detto che l’Inter è una squadra molto forte, con un progetto tecnico consolidato. Giocarsela con loro non è affatto facile. Infine, McTominay è stato un acquisto azzeccatissimo: un centrocampista di grande qualità, sa smarcarsi tra le linee, sa inserirsi. Un giocatore davvero importante. Bravo Conte ad averlo voluto, e brava la società a prenderlo".
Cosa ha rappresentato per te il Perugia e Luciano Gaucci?
"Perugia è la mia casa, è il mio cuore. Luciano, insieme alla sua famiglia, mi ha dato la possibilità di giocare in Serie A con la squadra della mia città, e penso che questa sia una cosa che capita a pochissimi giocatori. Quindi sono molto grato, e per me è un onore essere qui oggi a ricordarlo".
Grazie al Perugia, poi, hai fatto anche una stagione nella Juve. Secondo te, è stato un campionato deludente se non dovesse arrivare la qualificazione in Champions, proprio all’ultima giornata?
"Sicuramente a quei livelli il risultato è determinante. Però bisogna guardare anche a ciò che si costruisce. Ci sono stagioni di transizione in cui è importante gettare le basi per raggiungere l’obiettivo magari l’anno successivo. Viviamo nell’epoca del “tutto e subito”, dove la gente vuole risultati immediati, ma non è così semplice. Come la Juve vuole andare in Champions, anche tante altre squadre investono e lavorano per lo stesso obiettivo. Secondo me bisogna essere più equilibrati. Non credo che abbiano fatto un cattivo lavoro in termini di crescita, specie nel passaggio da una certa mentalità a una diversa con Allegri. La Juve ha voluto cambiare anche i propri principi di gioco, e per fare questo serve tempo".
Tiago Motta è stata una scelta sbagliata?
"No, assolutamente. Per me è stata una scelta giusta, da difendere per le idee che ha portato. Il percorso non era sbagliato: ha fatto 13 pareggi, molti dei quali arrivati nei minuti finali. Se anche solo cinque di questi si fossero trasformati in vittorie, avrebbero avuto 10 punti in più, e oggi parleremmo di una Juve in una posizione totalmente diversa. Giudicare solo dai risultati non è corretto: il lavoro va oltre il punteggio finale".
Chi ti aspetti sulla panchina della Roma? Domani Ranieri dirà addio alla squadra.
"Mi auguro un allenatore che sappia costruire una Roma che giochi un calcio più propositivo. È la squadra della Capitale, una piazza importante. Serve una guida con una visione moderna, con coraggio, personalità, capace di creare uno stile, un’identità precisa di gioco che faccia crescere la Roma."
Due calciatori della Juve alla Fiorentina hanno fatto bene: Fagioli si è un po’ perso nel finale, mentre Kean è esploso. Cosa consiglieresti a Kean? E cosa dovrebbe fare la società?
"Non posso dargli un consiglio, ma sicuramente ha trovato l’ambiente ideale per rendere al meglio. Ha avuto un allenatore che ha esaltato le sue qualità, in un contesto di squadra. Sai, lasciare la strada vecchia per quella nuova... conosci quello che lasci, non quello che trovi. Se arrivasse un’offerta da una squadra che lotta per obiettivi più ambiziosi, potrebbe pensarci. Ma la Fiorentina ha dimostrato di poter competere per l’Europa. La verità è che un calciatore dovrebbe stare dove si sente bene e dove può rendere al massimo. E Kean, a Firenze, ha fatto bene: vuol dire che lì si trova bene".
Su Fagioli: senza la Conference, resta solo il diritto di riscatto. Lo terresti?
"Questo lo dovrà decidere l’allenatore, in base ai suoi principi di gioco. Gli allenatori conoscono bene i propri giocatori, sanno cosa possono dare. È vero che Fagioli non è stato continuo, ma ha mostrato di poter stare alla Fiorentina e di essere utile al progetto. Quindi, la parola finale spetta a Palladino. Come sempre, l’allenatore determina il gruppo squadra e saprà se Fagioli potrà essere utile per la prossima stagione".
A proposito: Palladino, rispetto a Italiano, ha fatto un passettino indietro. Ma credi debba continuare il progetto a Firenze?
"Sì, penso di sì. Ha dimostrato il suo valore: propone un calcio giovane, coraggioso, propositivo. A me piace. Non era facile raccogliere l’eredità di Italiano, ma ha fatto un ottimo campionato. Come dicevo prima parlando del Perugia: credo che i progetti tecnici vadano coltivati e portati avanti nel tempo. Cambiare tutto alla prima difficoltà è controproducente. Il tempo serve per lavorare, crescere, dimostrare il proprio valore. Per quanto ha fatto vedere, io dico che Palladino merita fiducia e continuità".
Iieri lo Scudetto l’ha vinto il Napoli, targato Conte. Quali sono stati i suoi meriti rispetto all’Inter?
"Entrambe hanno fatto un grandissimo campionato, lo dimostrano i punti. Anche l’Atalanta ha fatto benissimo. È stato un campionato molto combattuto, il che dimostra che il livello si è alzato. Quando vinci di un solo punto, basta una piccola cosa per fare la differenza. Conte ha fatto un lavoro straordinario con una squadra che aveva già basi solide: tre anni fa il Napoli aveva vinto lo Scudetto con grande facilità. È stato bravo a riprendere quel lavoro, ma anche a cambiare parte della sua filosofia, utilizzando spesso il 4-3-3, modulo che aveva impiegato meno in passato. Ha dimostrato intelligenza, duttilità. E poi, sappiamo tutti chi è Conte: è un martello sul lavoro, porta grandissima intensità e pretende tantissimo. Va anche detto che l’Inter è una squadra molto forte, con un progetto tecnico consolidato. Giocarsela con loro non è affatto facile. Infine, McTominay è stato un acquisto azzeccatissimo: un centrocampista di grande qualità, sa smarcarsi tra le linee, sa inserirsi. Un giocatore davvero importante. Bravo Conte ad averlo voluto, e brava la società a prenderlo".
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