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Milan una stagione da dimenticare: ma ora?TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
Oggi alle 00:00Editoriale
di Luca Marchetti

Milan una stagione da dimenticare: ma ora?

Se ieri c’è stata giustamente la celebrazione del Bologna oggi tocca al Milan. La coppa Italia avrebbe potuto rifare il trucco alla stagione, rendere meno brutta un’annata che obiettivamente è da dimenticare. Un’annata fallimentare: così è stata definita anche dall’amministratore delegato del club, Giorgio Furlani, al termine della partita di coppa Italia.
Intanto il primo verdetto che arriva da Roma è che senza la coppa Italia non solo il Milan non riesce ad alzare un trofeo che - appunto - avrebbe colorato diversamente questo finale di stagione ma salvo clamorose sorprese (ovvero due vittorie nelle ultime due partite) il club rossonero è fuori dall’Europa. Ma non solo dalla Champions, che oggi come oggi è un miraggio, ma anche dalla Conference: posizione occupata oggi proprio dalla Roma, prossimo avversario dei rossoneri.
Partiamo da qui allora, dalla fine. Una stagione da dimenticare, che ha vissuto dell’unico sussulto vincente ad inizio anno solare, quando Coincecao (appena arrivato) era riuscito a vincere, sempre in rimonta, la Supercoppa.
Questa caratteristica il Milan non l’ha persa, spesso ha rimontato le partite. Ma non quando in realtà sarebbe servito, proprio come l’altra sera in finale con il Bologna.
Il Milan è sempre stato poco equilibrato, il Milan ha sempre dato la sensazione di non riuscire mai ad esprimersi con interezza, ha sempre fornito prestazioni altalenanti, ha sempre giocato sui nervi, sull’orgoglio, per ritornare in bolla e poi tornare di nuovo nell’incertezza. Ma non è stato così solo il Milan di Coincecao: per tutto l’anno il Milan è stato indecifrabile e discontinuo. E’ nei momenti chiave addirittura si è sciolto: come contro la Dinamo Zagabria, contro il Feyenoord, contro la Juventus. E l’altra sera contro il Bologna. E non è stato solo il Milan di Coincecao ad essere così.
La stagione non sembrava essere partita nel migliore dei modi. Prima doveva esserci Lopetegui, poi il cambio di direzione (anche - probabilmente - condizionati dall’umore della piazza) per chiudere un contratto di tre anni con Fonseca che dopo pochi mesi già era stato messo pesantemente in discussione fino ad arrivare a una rottura che - soprattutto i tifosi milanisti se la ricorderanno - surreale, con l’esonero praticamente arrivato e con l’allenatore mandato in conferenza stampa. Una stagione vissuta con il paragone continuo dell’Inter da una parte e soprattutto di Conte dall’altra, che invece ha trasformato completamente il Napoli, ridandogli la dimensione che aveva avuto negli ultimi anni.
Al Milan no: la strada scelta era diversa. Una condivisione delle linee aziendali, portate avanti dal management. Il problema rossonero è che i dirigenti hanno in fretta dimostrato idee divergenti, nate anche da aree di appartenenza diverse. Una espressione di RedBird (Ibra) l’altra espressione di Elliot (Furlani). E sebbene le divisioni non siano mai state visibili, hanno certamente condizionato l’ambiente. L’ultimo esempio è arrivato mercoledi sera: Singer presente. Cardinale assente. Ufficialmente Furlani e Ibrahimovic non hanno mai manifestato frizioni, ma a quanto pare la comunicazione fra i due è minima. E questo lo si respira anche nella programmazione futura.
Al Milan sono sicuri che manchi il direttore sportivo. Anzi che il fallimento di questa stagione possa dipendere anche dall’assenza di una figura del genere all’interno del club. In questi ultimi tre mesi in cui la ricerca c’è stata non si è arrivati ad una sintesi, ad una scelta. Tutto è rimasto così, nonostante i primi ad aver parlato di falimento sono proprio i dirigenti rossoneri. La sensazione è che da fuori il Milan non abbia approfittato del tempo a disposizione per potersi rimettere in linea con le proprie competitor. E il rischio è che si possa ripetere una stagione del genere.
Chi sarà il prossimo allenatore? Chi lo sceglierà? Chi avrà come punto di riferimento tecnico a livello dirigenziale? Sembrano quasi domande ovvie, da bar. Ma che per il momento non hanno risposta, o per lo meno non ce l’hanno certa.
I fatti raccontano che il Milan, dopo essere tornato in Champions, aver vinto uno scudetto e contemporaneamente aver risanato i conti (ritrovando identità) si ritrova ora come se avesse finito un ciclo, senza coppe in mano (soprattutto la Champions più ricca di sempre) e senza una linea programmatica chiara e definita. A parte pochissime eccezioni (vedi Conte o Ranieri) non basta cambiare allenatore per rimettere tutto a posto: anche perché bisogna mettere anche gli allenatori più bravi nelle migliori condizioni di poter lavorare. Oppure mettergli in mano il progetto di crescita della squadra, cosa che il Milan ha dimostrato di non voler fare.
La delusione del popolo rossonero è enorme: ma non tanto e non solo per la sconfitta in finale di coppa Italia, ma per una stagione che è stata vissuta come uno stillicidio, una ricerca di soddisfazioni effimere in un contesto poco chiaro, in mezzo a contestazioni senza fine alla società e di programmi non messi a fuoco. Il Milan chiude l’anno nel peggior modo possibile. Rischia di essere una delle peggiori annate del decennio, si rischia di tornare ai sei anni senza Champions League, si rischia di tornare a dieci anni fa appunto quando non c’erano neanche le coppe Europee. Ma con una squadra, almeno sulla carta, decisamente migliore e con degli investimenti più ricchi, il Milan dell’ultimo Berlusconi tanto per capirci, prima della cessione a Yonghong Li.
Se il Milan vuole evitare di ritornare indietro, a uno dei periodi meno soddisfacenti della sua storia recente, deve dimostrarlo in questo momento. Con delle scelte nette, importanti, decise, virtuose: prima nella scelta del direttore sportivo poi in quella dell’allenatore. E prima ancora risolvere definitivamente le eventuali discrepanze fra dirigenti. Altrimenti si rischia di dover vivere un’altra stagione di navigazione a vista che - come abbiamo visto - non necessariamente porta soddisfazioni.