
Chivu: "Assurdo criticare la stagione dell'Inter. Mourinho? Unico, umano e vincente”
Cristian Chivu, oggi allenatore del Parma, ha ripercorso in un’intervista al Corriere dello Sport alcuni dei momenti più significativi della sua carriera, soffermandosi sul Triplete conquistato con l’Inter nel 2010 e sul rapporto con José Mourinho.
“Vivo in Italia da 22 anni, ma sono e resto orgogliosamente romeno. Ho lasciato il mio Paese a 18 anni per andare in Olanda, poi Roma e Inter mi hanno fatto crescere anche come uomo. Sono un tipo attento ai dettagli, curioso. L’Italia è stata casa e scuola”.
Poi il ricordo dell’incidente alla testa, a gennaio 2010: “La paura più grande era non tornare come prima, avevo perso la sensibilità al braccio sinistro. In quel momento pensavo a mia figlia: volevo essere un padre presente. Una frattura del cranio non è uno scherzo. Ma avevo un progetto: tornare. Mourinho mi lasciò fuori lista Champions fino all’ultimo, poi mi chiese se me la sentissi. Gli promisi che ce l’avrei fatta. A marzo ero di nuovo in campo, e al ritorno a San Siro segnai subito”.
Il legame con Mou è rimasto fortissimo: “Dopo il gol disse solo: ‘Chirurgia top’. Con lui si scherzava anche nei momenti difficili. È un uomo straordinario, mi ha insegnato molto: oltre ad essere un vincente nato, dà importanza alle persone. Lealtà, empatia, mentalità”.
Chivu dice la sua anche sull’Inter di oggi, alla vigilia della finale di Champions: “Ha fatto una stagione eccezionale, e trovo assurdo che qualcuno la giudichi fallimentare se non dovesse battere il PSG. Ha pagato forse l’ossessione del Triplete, ma ha mostrato qualità e carattere”.
E commenta con un sorriso le parole recenti di Mourinho: “Non volevo che vincessero il Triplete, è mio - ha detto José - ma ora tifo per loro in finale”. “È fatto così, è unico”, conclude Chivu.
“Vivo in Italia da 22 anni, ma sono e resto orgogliosamente romeno. Ho lasciato il mio Paese a 18 anni per andare in Olanda, poi Roma e Inter mi hanno fatto crescere anche come uomo. Sono un tipo attento ai dettagli, curioso. L’Italia è stata casa e scuola”.
Poi il ricordo dell’incidente alla testa, a gennaio 2010: “La paura più grande era non tornare come prima, avevo perso la sensibilità al braccio sinistro. In quel momento pensavo a mia figlia: volevo essere un padre presente. Una frattura del cranio non è uno scherzo. Ma avevo un progetto: tornare. Mourinho mi lasciò fuori lista Champions fino all’ultimo, poi mi chiese se me la sentissi. Gli promisi che ce l’avrei fatta. A marzo ero di nuovo in campo, e al ritorno a San Siro segnai subito”.
Il legame con Mou è rimasto fortissimo: “Dopo il gol disse solo: ‘Chirurgia top’. Con lui si scherzava anche nei momenti difficili. È un uomo straordinario, mi ha insegnato molto: oltre ad essere un vincente nato, dà importanza alle persone. Lealtà, empatia, mentalità”.
Chivu dice la sua anche sull’Inter di oggi, alla vigilia della finale di Champions: “Ha fatto una stagione eccezionale, e trovo assurdo che qualcuno la giudichi fallimentare se non dovesse battere il PSG. Ha pagato forse l’ossessione del Triplete, ma ha mostrato qualità e carattere”.
E commenta con un sorriso le parole recenti di Mourinho: “Non volevo che vincessero il Triplete, è mio - ha detto José - ma ora tifo per loro in finale”. “È fatto così, è unico”, conclude Chivu.
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