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"Vincere a ogni costo", interessante focus sullo sport di mister Bertoli
giovedì 28 settembre 2023, 07:57In Copertina
di Redazione TuttoPordenone
per Tuttopordenone.com

"Vincere a ogni costo", interessante focus sullo sport di mister Bertoli

"Vincere a ogni costo" è il titolo che abbiamo voluto dare ad un elaborato di mister Cristian Bertoli, allenatore uefa di calcio a 5 e tesserato al Diana Group Pordenone C5. Un'analisi attuale sul mondo dello sport. Si tratta di un argomento molto interessante, in quanto spesso, siamo abituati a giudicare un atleta o un team solo ed esclusivamente dai risultati raggiunti. La verità è che lo sport è cambiato. Oggi non vi è più spazio per il romanticismo ma piuttosto è tempo di risultati tangibili, di vittorie e di trofei. La colpa è pure nostra, che con i media abbiamo contribuito a diffondere questa mentalità.

"Ritengo che lo sport al giorno d'oggi, se non altro a livello giovanile, stia perdendo sempre più la sua peculiarità di gioco atto al semplice e puro divertimento". - scrive coach Bertoli - "Rispetto a un passato, non troppo lontano, dove era visto come l'evoluzione naturale di un gioco che nasceva nei campetti di quartiere, negli oratori, nelle strade di periferia, ci troviamo adesso in un presente che, se da un lato ci offre una miriade di opportunità, dall'altro ci mette di fronte ad altrettanti quesiti che meritano di essere approfonditi.

Alle tante occasioni che la sport moderno ci offre, comprese le innumerevoli opportunità di scelte tra attività all'aperto piuttosto che indoor, non solo per chi lo sport lo vuole vivere da protagonista come atleta se non come tecnico, ma anche per chi si sente più portato o comunque si trova nella possibilità di combinare professione e sport, alcune domande emergono: ci si diverte ancora? Siamo degli sportivi che giocano? Siamo degli atleti che fanno sport? I nostri giovani, ovvero gli adulti del futuro, dove si collocano in questo contesto? Hanno le basi per capire la differenza tra divertirsi facendo sport piuttosto che fare dello sport una ragione di vita?

A scuola si gioca sempre meno e per strada è improponibile solo pensarci. Se al parco è vietato calpestare l'erba, dei vecchi campetti "sotto casa" ci sono rimaste, nella migliore delle ipotesi, solo le aiuole a delimitare i parcheggi condominiali. Il ruolo del quartiere come luogo spontaneo di aggregazione per dare due calci a un pallone, si sta quindi perdendo tra le complicazioni, a volte esasperate, di una vita moderna sempre più comodamente tecnologica.

Dove giocare?

Ovvio, dunque, affidarsi alle varie associazioni sportive presenti sul territorio che, avvalendosi della collaborazione di professionisti, sono da sempre attente alla crescita dei giovani atleti. O almeno così dovrebbe essere perché, capita a volte, che i professionisti, o presunti tali, siano per lo più degli ammirevoli volontari. Contro gli imprevisti dell'asfalto di quartiere, la società sportiva è garante, in ogni caso, di in un ambiente sano e protettio e di quei valori sportivi e morali indispensabili per la crescita dei giovani e non solo. Di contro, tra un insegnamento di tecnica (poca) e tattica, c'è il rischio che qualcuno possa confondere mentalità vincente con riscatto sociale, fino a perdere di vista quello spirito decoubertiniano sinonimo di sfida nel rispetto delle regole e degli avversari.

Di Bonipertiana memoria la celebre frase "vincere non è importante, ma è l'unica cosa che conta" che sembra ormai spopolare non solo nei monumentali campi di gioco dei pro ma, ahimè, sempre più spesso, anche nei campetti meno conosciuti. Innegabile che vincere sia bello, ci mancherebbe! Com'è altrettanto palese che la sfida, in quanto tale, abbia come prerogativa voler vincere e cercare di battere l'avversario, o gli avversari, con ogni mezzo lecito consentito; certamente, nessuno scende in campo per perdere!

Mi chiedo, quindi, siamo veramente convinti che vincere sia l'unico obiettivo e che il come o il percorso che portano alla vittoria abbiano la giusta valenza solo a risultato acquisito?

Perché, prima o poi, a ricordarci che lo sport è scuola di vita, più o meno puntuale ma sicuramente inesorabile, la sconfitta arriverà e la dovremo accettare. Sì ma come faremo ad accettarla se siamo cresciuti con il mito del "perdere non è ammissibile"?

Nelle mie esperienze con i giovani atleti, non me la sono proprio sentita di seguire alla lettera il dictat del vincere a ogni costo. Tutto ciò, con lo scopo di esaltare la gioia di un "successo", sdoganare il concetto di specializzazione a favore della capacità di scegliere e decidere, del sapersi migliorare attraverso la motivazione di imparare da ogni errore, ritrovare il piacere e la voglia, infine, del confronto e del mettersi in gioco".