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LA CULTURA DELL'ESONERO. ALLENATORE DI C, MESTIERE SUL FILO DEL RASOIO. LA SCELTA SEMBRA QUASI UNA LOTTERIA
giovedì 22 febbraio 2018, 00:00Il Punto
di Dario Lo Cascio
per Tuttoc.com

LA CULTURA DELL'ESONERO. ALLENATORE DI C, MESTIERE SUL FILO DEL RASOIO. LA SCELTA SEMBRA QUASI UNA LOTTERIA

Siciliano, palermitano, tifoso del Palermo. Classe '85, dal giornalino scolastico al giornalismo di professione il passo non è breve, ma a volte lo si fa. Le step successivo è TuttoC.com

Di partite in questa stagione di Serie C se ne sono giocate fin qui ventisei. Di esoneri ce ne sono stati venticinque in ventitre squadre. Praticamente uno a giornata. A questi si aggiungono tre dimissionari: Rizzo al Lecce, Matrecano alla Paganese, Sannino alla Triestina. Metà dei club in buona sostanza hanno cambiato allenatore.

È quella che possiamo definire la cultura dell’esonero. Nello scorso campionato a cambiare guida tecnica almeno una volta – sottolineamo almeno una, c’è chi ha visto anche tre o quattro allenatori diversi – furono ben trentaquattro squadre. Probabilmente un record che non verrà battuto. Almeno ce lo auguriamo. Anche perché di club in questa stagione ce ne sono anche quattro in meno (non consideriamo il Modena che non è neanche arrivato a Natale).

L’esonero ormai è entrato da tanti anni, in pianta stabile, nei meccanismi del calcio italiano. Le percentuali non cambiano di molto tra le prime tre serie, in A ci sono stati otto esoneri su venti squadre, in B dieci su ventidue. Ma, in terza serie in particolare, il mestiere dell’allenatore è spesso davvero appeso ad un filo. Addirittura ci sono tecnici che vengono esonerati o rischiano anche se si trovano nelle prime posizioni della graduatoria. Leggasi in ultimo Cristiano Lucarelli del Catania, che ha vissuto 48 ore in bilico, poi è stato confermato dalla società.

Riprendiamo proprio  questo esempio, perché gli esoneri non sempre sono strettamente legati ai risultati. Contrasti con la società, con i tifosi, con i giocatori. A volte è anche questo quello che influisce sulla “cacciata” o sulle dimissioni. Ma, a nostro avviso, la causa principale di questo stillicidio è la mancanza di programmazione e di scelte ponderate. Un allenatore è un ingranaggio del sistema, spesso imputato di essere unico colpevole dei cattivi risultati. In senso lato può essere vero, ma in realtà un ingranaggio funziona bene se inserito nel giusto macchinario.

In un periodo in cui tante società si trovano in cattive acque, alcune falliscono, altre rischiano di scomparire, la scelta dell’allenatore, così come quella dei giocatori, dovrebbe essere fatta con maggior criterio. Ma se di calciatori in rosa ne hai venti e più, e se uno o due non rendono come si spera ci sono sempre i sostituti ed il mercato di gennaio, l’allenatore è proverbialmente un uomo solo al comando. Lo scegli e devi impostare la squadra e le scelte della rosa sul suo stile, sulle sue idee. Insomma, provi ad adattare il macchinario all’ingranaggio. E cambiarlo può portare benefici come problemi.

Di fatto oggi la scelta del tecnico in estate, per chi decide di cambiare, sembra quasi una lotteria. Alcuni allenatori che hanno fatto bene, se non benissimo, negli anni precedenti, vengono esonerati dopo poche settimane. Altri, magari meno quotati, si impongono e vengono issati a rivelazioni. Per alcuni sembra l’anno giusto, ma poi un’involuzione improvvisa li spedisce sulla graticola. Altri iniziano male e poi diventano i salvatori della patria. Un equilibrio sottile che dipende da tanti fattori: la bravura del professionista, la lungimiranza della società, la fortuna, le congiunzioni astrali. Una scelta, quella della guida tecnica, che però vien fatta forse troppo a cuor leggero. Perché tutti i club già lo sanno, mal che vada, c’è sempre la scappatoia dell’esonero.