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tmw / torino / Primo Piano
La “de-granatizzazione” del Toro porta solo mediocritàTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
mercoledì 21 marzo 2018, 10:24Primo Piano
di Elena Rossin
per Torinogranata.it
fonte Elena Rossin

La “de-granatizzazione” del Toro porta solo mediocrità

I ripetuti risultati inferiori alle aspettative non dipendono solo da progetti solo più o meno abbozzati, ma dall’insufficienza dell’essenza granata.

Il calcio è cambiato e non è più quello di una volta e la logica del business ha prevalso su tutto: questo è un dato di fatto e nessuno è così ingenuo da non comprenderlo. Il Torino, quindi, non può sottrarsi a questo assioma, ma, perché c’è sempre un ma, qualche differenza resta pur sempre e una sorta di parziale eccezione che conferma la regola è inevitabile. Infatti, l’incapacità del Torino di passare dall’essere una squadra che bazzica nella zona centrale della classifica a diventare una che si eleva di qualche gradino entrando nel giro di quelle che quasi sempre frequentano le coppe internazionali, più precisamente l’Europa League, può essere riassunta con la “de-granatatizzazione”.

Per “de-granatizzazione” s’intende il progressivo abbandono di quel rapporto viscerale e ineludibile con la propria essenza: quella famosa grinta e determinazione che permette di non mollare mai, di dare il cento uno per cento in campo e di sopperire anche alla differenza di tasso tecnico con le squadre più forti e, soprattutto, di non risultare alla prova del campo inferiore agli avversari che oggettivamente lo sono. Se i giocatori e gli allenatori e anche buona parte dei dirigenti non conoscono veramente che cosa vuole dire essere granata, ma lo hanno solo orecchiato allora non potranno mai incarnarne lo spirito e otterranno sempre e solo risultati inferiori alle aspettative.  
Per quanto sia auspicabile che un lavoratore quando arriva in un nuovo ambiente lavorativo s’informi non basta perché bisogna che i valori gli siano prima raccontati da chi non solo li conosce, ma anche li incarna e poi trasmessi da chi già c’è. Ovviamente non basta andare a Superga il quattro maggio o nei giorni successivi all’arrivo per la prima volta in città per assorbire la storia del Toro. Neppure serve “leggiucchiare” qualche articolo o “senticchiare” qualche racconto sul passato del club, che non avrà vinto molto nei suoi quasi centododici anni d’esistenza, ma che ha scritto comunque pagine importanti della storia del calcio italiano.

Qualcuno o forse anche tanti si chiederanno se è possibile conciliare il calcio business di oggi con l’essenza granata. Sì è possibile, ma ci vuole la volontà di farlo. Se si pensa solo al lato economico è, però, impossibile riuscirci e non si andrà mai oltre l’attuale mediocrità. Prima di intraprendere l’ennesimo progetto che poi finisce per naufragare, com’è puntualmente avvenuto negli ultimi anni anche perché mai sviluppato nelle sua interezza e portato a compimento fino in fondo, Cairo pensi e agisca in modo che il Toro ritrovi l’essenza granata: è un investimento con costi molto bassi, ma che garantisce plusvalenze straordinarie.