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Bologna, Fenucci dal palco: "Non so se siamo un modello ma abbiamo professionisti bravi"TUTTO mercato WEB
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
Oggi alle 14:15Serie A
di Niccolò Righi
fonte dall'inviato, Tommaso Rocca

Bologna, Fenucci dal palco: "Non so se siamo un modello ma abbiamo professionisti bravi"

Lunga intervista quella rilasciata dall'ad del Bologna Claudio Fenucci dal palco del Festival della Serie A: "Le emozioni ci sono ancora, stamattina mi hanno fatto vedere uno dei filmati sul successo che useremo per veicolare le emozioni di quella serata. Si è realizzato un sogno di generazioni di tifosi, che avevano solo sentito i racconti di nonni e genitori sui successi del Bologna. 51 anni dopo siamo tornati a vincere, ancora all’Olimpico. E’ stato un percorso che ancora oggi ci emoziona e ci rende orgogliosi”.

Festa post gara: “Al novantesimo c’è stata una reazione scomposta, un mucchio selvaggio, noi dirigenti cerchiamo di rimanere composti ma siamo i primi tifosi. In quel momento c’è stata un’esplosione di gioia collettiva, anche l’insospettabile Sartori, di solito freddo, con un urlo di gioia ha manifestato il suo entusiasmo. E’ il primo successo della nostra gestione, l’anno scorso siamo arrivati in Champions ma la gioia della Coppa Italia credo abbia superato anche le soddisfazioni di un anno fa”.

Atmosfera pre-gara: “Non c’erano preoccupazioni nel pre-gara, i ragazzi dovevano vivere questa sfida divertendosi. C’era molta concertazione, son passato in ritiro e Italiano aveva ben chiaro il quadro della gara, la sconfitta contro il Milan in campionato ci ha aiutato nel preparare la sfida e gli accorgimenti hanno permesso di portare a casa il risultato. Era un piano studiato, i ragazzi avevano tanta voglia di vincere questo trofeo, ma a spingerci è stata l’energia che arrivava dall’esterno, i tifosi esplodevano su ogni pallone recuperato. Era destino, dovevamo vincere noi”.

Un successo che ripaga anni di lavoro: “Un momento di grande soddisfazione, siamo partita dieci anni fa e siamo tornati subito in Serie A ai playoff. Abbiamo consolidato la presenza in Serie A, c’erano aspettative dovute alla forza della proprietà, che aveva anche già esperienza nel calcio. Però per far crescere la squadra c’è voluto tempo. Si dice che servano cicli vincenti, non è però così semplice. Il nostro è partito con l’arrivo di Sinisa, abbiamo investito di più e alla fine abbiamo trovato chi ci ha consentito di realizzare questo percorso. E’ stato un percorso di crescita che ci ha portato a questi livelli, poi non è semplice ripetersi e alzare l’asticella, soprattutto quando le dimensioni dei competitor sono più elevate delle tue. Mantenere il livello richiede crescita di persone, investimenti e visione”.

La parola che rappresenta il Bologna è energia: “Lo diciamo spesso, pratichiamo uno sport di cui siamo innamorati che coinvolge tutti. Il calcio è l’industria delle passioni individuali e collettivo, non è solo uno sport, è un fenomeno sociale, dispiace che a livello istituzionale spesso veniamo visti solo come un business.

Successo di una città: “Vedendo come si è mossa la città, è una vittoria di Bologna. La città si è riscoperta innamorata del calcio ultimamente, vincere un trofeo ha legato la passione di tutti. La percezione era di una città che si è mossa ed è andata a Roma, i nostri tifosi vengono dalla città, non sono sparsi per il paese come i top club. Il nostro tifo è radicato, i cittadini si son mossi e hanno fatto sacrifici per seguirci”.

Traversa Milan in finale Coppa Italia: “Se fossimo andati in svantaggio si sarebbe complicata la partita, ma è stata l’unica palla gol concessa, alla fine è una vittoria meritata”.

L’obiettivo è rendere Bologna un brand internazionale: “Indubbiamente la vittoria della coppa, più della Champions, ha portato notorietà al club. Faccio i complimenti alla Lega che ha dato visibilità alla competizione, ci ha dato ancora più valore che l’accesso alla Champions. Sono 2-3 anni che centriamo risultati importanti, vi assicuro che è molto difficile, ci vogliono investimenti e professionalità, oltre che impegno dei giocatori. La nostra forza è stata il gruppo di giocatori fantastici, professionisti che sono umanamente legati. Lo spogliatoio è unito e coeso, si impegna in settimana e costruisce negli allenamenti i successi, stanno bene insieme. Italiano e lo staff hanno cambiato modo di stare in campo, all’inizio abbiamo sofferto ma i ragazzi si son messi a disposizione dello staff e i risultati si son visti. Vorremmo continuare con questo gruppo, nonostante i media li accostino ad altre squadre”.

Qualità migliore di Saputo: “Ha sempre avuto un approccio da azionista, ovviamente partecipa alle scelte ma ci ha lasciato lavorare, supportandoci quando non arrivavano risultati. Conosce il mondo del calcio, era proprietario di una squadra in MLS, e viene da una famiglia di italiani, conosce le difficoltà di fare le cose in Italia, con le quali ci scontriamo ogni giorno quando ci muoviamo per investimenti infrastrutturali, ad esempio. Il presidente ci ha sempre supportato e aiutato, negli ultimi anni è rimasto di più a Bologna. Si sente coinvolto e sono contento che questo sia coinciso con questi risultati, adesso credo faccia fatica a girare per la città”.


Crescita di gruppo ma anche delle individualità: “Questa è una cosa che ho sempre detto, anche alla squadra. Loro sono calciatori che devono migliorarsi all’interno di un gruppo che cresce, questo è successo negli ultimi anni. Il gruppo è cresciuto ma anche i singoli individualmente sono migliorati, è il risultato del lavoro di un gruppo che cerca di crescere ogni giorno. Il Bologna è una bellissima famiglia sportiva, c’è organizzazione, si rispettano i ruoli ma si percepisce un senso di unione interno che porta al risultato sportivo. Anche nelle difficoltà, penso alla scomparsa di Sinisa, si è percepito il forte senso di appartenenza alla famiglia sportiva del Bologna. Lui è sempre con noi. Questa unione è un punto di forza non voluto, nasce da quello che siamo noi. Questo ci ha consentito di realizzare questo percorso”.

Un premio anche per la sua carriera: “Ho iniziato come amministratore delegato del Lecce in Lega Pro nel ’95, poi siamo arrivati in Serie A. Negli anni alla Roma siamo tornati in Champions, ci siamo tolti soddisfazioni ma senza vincere. Questo è il primo vero trofeo che vinco, una grande soddisfazione personale ma non un punto d’arrivo. Ci sono 4 competizioni l’anno prossimo, siamo pronti ad allargare gli orizzonti, ma è stato un punto culminante del percorso e della carriera”.

Il Bologna si è stabilizzato tra le migliori del campionato: “Sappiamo che è sempre molto difficile, in questi ultimi trent’anni un solo club ha cambiato la posizione, che l’Atalanta. Hanno fatto un’impresa incredibile, mantenendo lo stesso allenatore e valorizzando il lavoro del settore giovanile, che ha permesso di finanziare il mercato. Non è un modello replicabile, però è un modo per colmare il gap economico con le big. Per questo è importante scegliere le persone giuste, Italiano è entrato nelle scelte giuste, ha portato le sue idee e ha mantenuto il livello delle performance. Tenere Italiano nei prossimi anni è un punto di partenza rilevante per costruire un futuro in serenità”.

Possiamo dire che ora c’è un modello Bologna: “Non so se c’è un modello Bologna, abbiamo professionisti molto bravi e abbiamo una nostra strada. Vorremo continuare in questo percorso. Non esiste però un modello replicabile, dipende da investimenti e qualità del lavoro. Il nostro è un ciclo aperto, speriamo lo rimanga il più a lungo possibile”.

Scelta di Italiano: “Quando ci siamo resi conto che Thiago non sarebbe rimasto, un po’ prima di quando lo ha comunicato a noi, l’unico tecnico che ci è venuto in mente era lui. Alla Fiorentina ha gestito con intelligenza i tre impegni, era arrivato a più finali, era l’allenatore giusto. Un po’ lo conoscevo, Sartori ancora più di me. Abbiamo scoperto, oltre al lato professionale, un lato umano. E’ una persona empatica, disponibile al dialogo, parla continuamente di calcio e ci trasferisce i suoi pensieri. Il successo in Coppa ha suggellato il rapporto, ci siamo seduti insieme subito per cercare di prolungare e spegnere le voci attorno a lui. Ci siamo trovati a cena, con un po’ di vino è stato facile”.

C’è stato da subito feeling tra tecnico e città: “Ha lavorato molto, i ragazzi hanno fatto fatica all’inizio. Le indicazioni erano completamente diverse, ricordo le difficoltà di inizio ritiro. La squadra si è messa a disposizione, lui è stato bravo e si è vista la crescita. Nelle prime giornate abbiamo perso qualche puntato, ci son state critiche ingiuste verso Italiano, ma poi è entrato subito nel cuore della città e dei tifosi”.

Il futuro del Bologna e del calcio: “Son tanti i punti su cui lavorare. Vediamo i micro-aspetti del Bologna, ma il calcio ha sfide molto complesse per il futuro. Bisognerà capire come i nuovi player si interfacceranno con il settore calcistico in tema di diritti tv. Poi c’è un tema di intasamento dei calendari, bisognerebbe disciplinare l’organizzazione del sistema. In Italia poi ci sono dei problemi che preoccupano Saputo, è più preoccupato dal futuro dell’industria del calcio italiano rispetto ai problemi del Bologna. Il problema della pirateria in primis, che colpisce l’Italia in maniera particolare, andrebbe combattuto con determinazione. Poi c’è il tema delle infrastrutture, abbiamo gli stadi più vecchi d’Europa. In Italia abbiamo fatto solo 4 stadi negli ultimi anni, questo è un problema di competizione rispetto ad altri paesi. Sia sul lato economico, che è importante, visto che le polarizzazioni porteranno centralità alle competizioni europee, ma anche di centralità: si diventa tifosi allo stadio, se continuiamo ad avere impianti che respingono i giovani, che son scomodi o scoperti, come pensiamo di coltivare queste emozioni se non con i risultati? L’emozione è il sogno che si trova nell’impianto, la Lega si sta attrezzando e stiamo cercando di capire come investire, ma ci vuole collaborazione di agenti esterni. Bisogna capire l’importanza dell’industria, stiamo chiedendo di accompagnarci in investimenti che possano portare occupazione e reddito. Le preoccupazioni del futuro sono sicuramente di far bene nella prossima stagione, ma soprattutto a lungo termine per l’industria del calcio italiano”.

Sul mercato: “Vedo tanti dei miei giocatori accostati alle altre squadre. Cercheremo di mantenere i giocatori raccontando loro il sogno che abbiamo e il progetto, vogliamo raggiungere grandi traguardi. Il prolungamento con Italiano è segnale di continuità e visione futura, speriamo di tenere tanti giocatori, possibilmente tutti anche se sarà complesso, ci sono clausole e non sempre dipende da noi. L’indicazione però è di avere una rosa più lunga, i dati parlano di aumento di infortuni, dobbiamo affrontare 4 competizioni”.

Bologna per un calciatore: “C’è un aspetto romantico, la passione, l’accoglienza della città. Il Dall’Ara non è uno stadio facile ma la città ti lascia vivere anche nei momenti difficili, c’è rispetto. Noi abbiamo cercato di mettere a disposizione la nostra professionalità, abbiamo investito sul centro sportivo. Qualsiasi calciatore deve subito percepire la professionalità, se dai serietà puoi pretendere lo stesso dai tesserati. Poi con il tempo si scopre l’elemento di unione e famiglia su cui puntiamo molto, non come slogan ma come comportamenti”.