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esclusiva

Blomqvist, ieri calciatore oggi pizzaiolo: "In Italia scoperta la passione per il cibo"

ESCLUSIVA TMW - Blomqvist, ieri calciatore oggi pizzaiolo: "In Italia scoperta la passione per il cibo"
mercoledì 18 marzo 2020, 06:00Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

La cucina italiana, si sa, è una delle più rinomate al mondo e senza dubbio un motivo di grande orgoglio per il nostro paese. Una cultura che cerchiamo di diffondere ovunque e non è un caso che all'estero si trovino molti ristoranti italiani. A Lidingö, isola che appartiene all'arcipelago di Stoccolma, si trova una pizzeria premiata da tre anni a questa parte dal "Gambero rosso". È gestita da uno svedese, che si è innamorato della nostra cucina nella sua esperienza in Italia. Da calciatore. È Jesper Blomqvist, ex centrocampista di Milan e Parma. Che in esclusiva per Tuttomercatoweb ci racconta la sua nuova vita:

Jesper Blomqvist, dal calcio alla cucina. Ci spieghi come è nata questa trasformazione?
"Quando arrivai in Italia scoprii di avere una grande passione per il cibo e per il vino. Avevo 22 anni e arrivai al Milan e già il buffet di Milanello era qualcosa di impressionante. E poi mi accorgevo di come in Italia la gente si godesse il cibo: non era questione di nutrirsi ma era un vero e proprio rituale. Io non bevevo nemmeno il caffè, mentre adesso a casa ho la mia macchina professionale".

Sapevi già cucinare?
"Sì, a casa in Svezia lo facevo ma dal mio arrivo in Italia ho iniziato ad apprezzare realmente la cultura del cibo, tanto che dopo che ho smesso di giocare ho fatto dei corsi sull'alimentazione e sul vino. Mi accorgevo che era quella la strada che volevo fare e mi sono messo a studiare".

Quando l'idea di una pizzeria?
"Pensavo che dovevo fare qualcosa, non necessariamente la pizza. È stato un puro caso perché girando ho trovato una pizzeria vicino Stoccolma che faceva una pizza finalmente vicina a quella napoletana. L'ho frequentata per due anni, parlavo col proprietario e ho capito che loro volevano sviluppare il loro business. Così abbiamo deciso di metterci in società. Abbiamo quindi aperto un locale più grande, più bello. Da solo del resto non pensavo di poter gestire tutto e sono contento di avere trovato altre persone che hanno la stessa passione per il cibo".

La pizzeria si chiama 450° gradi
"Il nome è quello che c'era già prima che mi mettessi in società. È la temperatura perfetta per fare la pizza napoletana".

Come vanno gli affari?
"Molto bene: abbiamo vinto il premio Gambero Rosso per il terzo anno consecitivo e siamo una delle migliori pizzerie a Stoccolma. Ci troviamo a Lidingö che è un'isola a dieci minuti dal centro della capitale. D'estate è molto bella, suggestiva".

L'italiano è orgoglioso della sua cucina e anche diffidente verso le cucine italiane gestite da stranieri
"So che è difficile convincervi ma anche gli svedesi possono fare la pizza. E posso assicurare che ci sono tanti italiani che vengono da noi e tornano, perché soddisfatti".

Ti riconoscono?
"Sì, succede e infatti parliamo spesso di calcio".

Di cosa ti occupi in pizzeria?
"Sono più il manager, ma se mi chiedi se so fare la pizza la risposta è 'sì'. Anzi, recentemente ne ho fatta una in diretta per una tv svedese! Mi piace cucinare e quando hai la passione in una cosa diventi bravo. Per il resto principalmente organizzo la giornata e quando necessario servo anche ai tavoli".

Cosa ti ha colpito della cucina italiana?
"Intanto devo dire che vivendo in Italia ho capito cosa vuol dire passione e consapevolezza del cibo, cosa è buono e cosa no. Uno dei più grandi segreti della cucina italiana è fare le cose semplici con prodotti di qualità".

Il territorio svedese non offre le stesse materie dell'Italia per la pizza
"Noi prendiamo tutto dall'Italia: pomodori, farina, mozzarella. Arrivano dai dintorni di Napoli. Chiaramente i prezzi sono più alti che in Italia ma chi viene a mangiare la nostra pizza riconosce la differenza di qualità e apprezza. Ed è disposta a pagare la cifra richiesta".

Piatto preferito?
"Una cosa che non dimentico è la prima volta che ho provato il risotto. In Svezia ero abituato al semplice riso bianco e quando me lo vidi servire a Milanello chiesi: 'Ma che cos'è?'. Poi l'ho mangiato e ne sono rimasto colpito. E tutt'ora se ho ospiti a casa e voglio fare impressione a qualcuno mi metto a cucinare proprio il risotto".

La cucina svedese ti piace?
"Ci sono tanti piatti buoni anche in Svezia. Il salmone è fatto in molti modi, poi ci sono le polpette svedesi che sono meglio di quelle italiane!"

Parliamo di calcio: è stata dura smettere?
"Ho dovuto smettere a 28 anni perché mi facevano troppo male le ginocchia. Mi sono messo a fare il commentatore tv e l'allenatore. Mi divertivo ma non c'era la stessa passione che avevo da calciatore. Ho provato tante cose dopo essermi ritirato prima di capire che la mia strada era quella della cucina. E sì, quando ho smesso è stata dura. Molto dura. Pensavo sempre: 'Cosa farò adesso? A cosa mi appassionerò?'. È una situazione difficile perché mi sono ritirato non per scelta, ma per costrizione. Non dico che ero depresso ma per un paio d'anni è stata dura".

Continuare nel calcio, magari come dirigente, non ti sarebbe piaciuto?
"Da una parte sì. Però so che avrei dovuto fare altri sacrifici, spostamenti. Qui invece sono nella mia isola e mi diverto ad allenare i bambini, ma per hobby. Alleno anche mio figlio che ha 8 anni. È bello, perché nei bambini vedi il calcio come un gioco e nient'altro".

Rimpianti per la tua esperienza in Italia?
"Sai, il Milan era il mio club dei sogni e speravo di rimanerci tutta la vita. È andata diversamente e mi è dispiaciuto molto. Così come mi è dispiaciuto lasciare Parma. L'Italia era entrata nel mio cuore. A posteriori, devo dire che non mi è andata male perché sono andato al Manchester United con cui ho vinto tutto. Ma in Italia stavo bene, mi godevo la vita, ho imparato l'italiano. Adesso vengo spesso in Italia, da turista, a sciare e mangiare, trovando l'ispirazione".

Quel Milan (1996/97) arrivò undicesimo. Una stagione storta che ricorda l'ultimo, lunghissimo periodo attuale
"Quando mi guardo allo specchio ripenso alla sfortuna di arrivare al Milan proprio in quell'anno. Speravo di arrivare in un Milan forte e inserirmi pian piano, crescendo senza fretta davanti ai grandi campioni. C'era Arrigo Sacchi e mi diede fiducia da subito e forse mi sono bruciato, perché la squadra non girava e io di conseguenza. È stato davvero un dispiacere perché io il Milan l'ho voluto fortemente. Pensa che quando giocavo al Göteborg mi cercavano squadre di tutta Europa: io non avevo procuratore e dissi al mio club che avrei preso in considerazione solo il Milan, che era il club dei miei sogni. Spiace ora vederlo così. Come tutti i club ci sono i cicli. Servirà trovare gente giusta per il rilancio".

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