
Bergomi: "Mai vista l'Inter giocare così bene come con Inzaghi. Chivu un rischio, ma..."
Raggiunto a margine della presentazione del libro scritto da Vito Cozzoli, “L’anima sociale e industriale dello Sport”, presentato oggi alla libreria Rizzoli in galleria Vittorio Emanuele II a Milano, Beppe Bergomi ha analizzato il momento dell’Inter, che riparte da Cristian Chivu dopo l’addio di Simone Inzaghi: “Secondo me era tempo di cambiamento. Penso di non aver mai visto l’Inter giocare così bene come ha fatto con Inzaghi, ma era il momento di cambiare. La prima scelta era quella di Fabregas: noi l’abbiamo ospitato su Sky e non è venuto per fare 0-0, ma per raccontare la sua idea di calcio. Non so perché non abbiano concluso, però mi piace anche la scelta di Cristian. È un ragazzo di valore, non fatevi ingannare perché è buono ma ha carattere. È vero che assumi un rischio, in A ha fatto solo 13 partite. Però secondo me c’è anche entusiasmo, gioventù, voglia di fare bene, poi vedremo che squadra gli costruiranno”.
Ripartire dalla base lasciata da Inzaghi può essere un vantaggio, così come l’appartenenza?
“Noi siamo andati oltre, l’Inter non è mica la squadra più forte. La narrazione delle due squadre la fate voi, ma io lo dico da quattro anni: le difficoltà le avete viste. Il senso di appartenenza è fondamentale, ha permesso all’Inter di andare oltre. Uno come Chivu va bene, anche se ripeto che è un rischio. Le qualità umane sono indubbie, poi è uno che giocava 3-4-3 e, quando va a Parma, consapevole di doversi salvare, fa il 3-5-2, già nel primo tempo con l’Inter. A Parma ti devi salvare, a Milano con l’Inter devi vincere: o lo fai propositivo come l’aveva fatto Inzaghi, o si può anche cambiare. E, nel cambiamento, questa squadra ha preso Luis Henrique che è un giocatore da uno contro uno: con altre aggiunte, può giocare anche a quattro”.
In difesa si aspetta novità?
“Dipende da cosa si vuole fare. Con Inzaghi, Lucumi o Beukema erano perfetti. L’importante è che il difensore abbia caratteristiche diverse da quelli che ci sono: l’Inter ha difensori molto bravi in lettura e costruzione, se ti alzi e giochi a campo aperto fa fatica. Se cambi modo di giocare, devi individuare un difensore rapido e veloce: sarebbe l’ideale per completare il reparto”.
Come si recupera dalle scorie della finale di Champions?
“I grandi campioni vanno sempre motivati, devi tirare fuori sempre il meglio. È vero che c’è una sconfitta, ma ci deve essere sempre una crescita. L’Inter è sempre ripartita, perché ha dei valori dentro. Io non so se Inzaghi avesse chiesto qualcosa, non penso perché è una persona intelligente, ma la base italiana è fondamentale. Ti fa fare gruppo”.
Adesso c’è una nuova manifestazione: sarà facile riattaccare la spina? Pensiamo alla Norvegia…
“Beh, di interisti ce n’erano due. Non è facile questo calcio, diventa difficile perché la mente è stanca e lo capisco. Però sono professionisti: daranno tutto quello che possono fare. I ragazzi sono tutti monitorati, ormai la tecnologia ti porta a sapere tutto sulle condizioni dei calciatori. Non so dire altro, se non che si impegneranno”.
Ripartire dalla base lasciata da Inzaghi può essere un vantaggio, così come l’appartenenza?
“Noi siamo andati oltre, l’Inter non è mica la squadra più forte. La narrazione delle due squadre la fate voi, ma io lo dico da quattro anni: le difficoltà le avete viste. Il senso di appartenenza è fondamentale, ha permesso all’Inter di andare oltre. Uno come Chivu va bene, anche se ripeto che è un rischio. Le qualità umane sono indubbie, poi è uno che giocava 3-4-3 e, quando va a Parma, consapevole di doversi salvare, fa il 3-5-2, già nel primo tempo con l’Inter. A Parma ti devi salvare, a Milano con l’Inter devi vincere: o lo fai propositivo come l’aveva fatto Inzaghi, o si può anche cambiare. E, nel cambiamento, questa squadra ha preso Luis Henrique che è un giocatore da uno contro uno: con altre aggiunte, può giocare anche a quattro”.
In difesa si aspetta novità?
“Dipende da cosa si vuole fare. Con Inzaghi, Lucumi o Beukema erano perfetti. L’importante è che il difensore abbia caratteristiche diverse da quelli che ci sono: l’Inter ha difensori molto bravi in lettura e costruzione, se ti alzi e giochi a campo aperto fa fatica. Se cambi modo di giocare, devi individuare un difensore rapido e veloce: sarebbe l’ideale per completare il reparto”.
Come si recupera dalle scorie della finale di Champions?
“I grandi campioni vanno sempre motivati, devi tirare fuori sempre il meglio. È vero che c’è una sconfitta, ma ci deve essere sempre una crescita. L’Inter è sempre ripartita, perché ha dei valori dentro. Io non so se Inzaghi avesse chiesto qualcosa, non penso perché è una persona intelligente, ma la base italiana è fondamentale. Ti fa fare gruppo”.
Adesso c’è una nuova manifestazione: sarà facile riattaccare la spina? Pensiamo alla Norvegia…
“Beh, di interisti ce n’erano due. Non è facile questo calcio, diventa difficile perché la mente è stanca e lo capisco. Però sono professionisti: daranno tutto quello che possono fare. I ragazzi sono tutti monitorati, ormai la tecnologia ti porta a sapere tutto sulle condizioni dei calciatori. Non so dire altro, se non che si impegneranno”.
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