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I costi della nuova commissione post Covisoc indispettiscono il calcio: pronti i ricorsiTUTTO mercato WEB
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Oggi alle 15:51Serie A
di Ivan Cardia

I costi della nuova commissione post Covisoc indispettiscono il calcio: pronti i ricorsi

I costi della nuova commissione voluta dal governo per soppiantare la CoViSoC indispettiscono il calcio. Dal 1° ottobre, dopo un non semplicissimo percorso legislativo è attiva la nuova commissione, presieduta da Massimiliano Atelli (ex capo di gabinetto del ministro Abodi), che ha esautorato la già citata CoViSoC per il calcio e la ComTec per il basket. La nuova commissione ha in sostanza il compito di vigilare sui conti delle società professionistiche, con poteri di intervento e (sulla carta) garanzie di indipendenza ben superiori al passato. Inizialmente pensata come authority, è stata sin da subito vista come una potenziale intromissione della politica nelle vicende dello sport, al punto da generare - sollecitate dalla FIGC - gli interventi di FIFA e UEFA per evitare ingerenze nell’autonomia sportiva. Capitolo chiuso, più o meno: in via Allegri non è comunque mai andata giù, ma di fronte al governo anche la Federcalcio cede il passo. A far nuovamente drizzare le antenne, nell’ultima assemblea di Serie A di inizio ottobre, sono stati i fondi necessari al funzionamento della nuova commissione. Decisamente più elevati: se la CoViSoC costava circa 400 mila euro all’anno, il nuovo organismo “mangia” a FIGC e FIP (ma in misura decisamente maggiore al calcio, considerando che le società calcistiche in questione sono 100 e quelle cestistiche 16) circa 3,4 milioni di euro. Di questi 1,5 sono a carico dei club sottoposti a controllo (dalla Serie A alla Serie C) e il resto (1,9) alle due federazioni interessate. Soldi che poi inevitabilmente pesano in qualche modo sulle stesse società, almeno in parte. Pur essendo la commissione prevista da tempo, solo nelle scorse settimane le società di A si sono “accorte” della questione e dell’esborso. E il tema è finito sul tavolo del consiglio federale di oggi. Le parole di Gabriele Gravina: “C’è stato uno scambio di opinioni sulla famosa commissione indipendente per il controllo dell’equilibrio economico-finanziario delle squadre - ha detto il presidente della Federcalcio a margine del consiglio -. Ho ribadito la mia assoluta contrarietà al principio, credo sia una chiara violazione del principio dell’autonomia dello sport. Non c’è nessuna posizione di arroccamento quindi accettiamo tutto questo, ma ho detto chiaramente quello che ritengo. Penso che sia non condivisibile tutto questo, siamo passati da un costo di gestione ordinario interno alla Federazione di circa 300 mila euro a una spesa di circa 3,5 milioni. Ci sono anomalie, ma non abbiamo adottato alcuna normativa. Ci siamo aggiornati al 24 novembre, data del prossimo consiglio. Vi dico subito che c’è grande condivisione sui principi che vi ho detto, c’è condivisione unanime e faccio fatica a pensare il contrario. C’è un dialogo aperto con il ministro per trovare delle nuove soluzioni, non penso che tutto questo possa gravare sul bilancio di una Federazione che fa già enorme fatica a portare avanti attività federali che non sono supportate adeguatamente”. Il retroscena. Si parte dalle ultime frasi di Gravina: la Federcalcio, incassato il supporto (quasi) unanime delle componenti federali, proverà una mediazione con Abodi. I rapporti tra il presidente e il ministro non sono idilliaci, ma è un tema almeno in parte secondario. Se dovesse - come probabile - andare male, in FIGC hanno pronti da tempo i ricorsi. È anche per questo che, nel recente percorso del decreto Sport e nella sua conversione in legge, da Via Allegri sono arrivati alla politica (e da questa recepiti grazie all’intervento del presidente della Repubblica Mattarella) avvertimenti sui profili di incostituzionalità dell’articolo 11 nella sua versione originaria, laddove devolveva al giudice ordinario - e non amministrativo - la competenza sui ricorsi contro i contributi di Federcalcio e Federbasket alla commissione. Il motivo è semplice: la giustizia ordinaria avrebbe avuto tempi più lunghi e possibilità di intervento meno incisive rispetto a quella amministrativa. Che, grazie alla riscrittura dell’articolo, sarà competente sui (molto probabili) ricorsi in arrivo.