
Alla Juve manca la scintilla e ai tifosi la pazienza
L'effetto della vittoria con l'Inter, per chi pensava fosse l'iniezione vitale per sopravvivere a lungo, è durata il tempo che doveva durare, né più né meno di quella settimana che ha poi condizionato per stanchezza le successive. Prima il pareggio di Champions in rimonta e poi gli altri due in campionato col medesimo effetto. Tre pareggi, uno di seguito all'altro, qualche analogia e un unico interrogativo che stona un po' con quanto prova a ripetere lo spartito di Tudor. Questa Juve non ha ancora trovato la sua vera identità, la sta però cercando anche se si sta rendendo conto che il percorso è più difficile di quanto aveva ipotizzato. Lo spirito combattivo di Tudor ha certamente aiutato a creare i giusti presupposti, ma le difficoltà che stanno emergendo per far decollare il progetto partono da lontano e da un mercato che non ha accontentato completamente nei nomi e nelle caratteristiche le richieste dell'allenatore e di conseguenza le necessità della squadra. Lo si è capito da subito - anche per come ci è stata presentata l'operazione - che il non essere riusciti a riprendere Kolo Muani, oltre a non aver ceduto Vlahovic, ha modificato parecchio l'architrave con cui si voleva costruire la squadra. Senza dimenticare che gli investimenti poi dirottati su Openda e non su un giocatore di fantasia in mezzo al campo, ha sostanzialmente appiattito le possibilità di ridisegnare una Juve più vicina al credo del suo mister. La trappola era fin troppo evidente: facile aumentare il potenziale offensivo con tre attaccanti di buonissimo livello, più difficile collocarli uno vicino all'altro, complicato se ne sfrutti uno alla volta dall'inizio. La stagione è lunga, è vero, ma la somma reale dei gol dei tre uomini d'area passa principalmente dai palloni che gli vengono messi a disposizione da un reparto dove le rotazioni sono molto più limitate negli uomini e nella qualità.
Ecco perché Tudor parla di squadra che deve pressare alta per dare il massimo, ma che proprio per questo sembra non riuscire a trovare la “scintilla” giusta nelle giocate da ripetersi con più frequenza. Molto passa dai piedi e dalle invenzioni di Yldiz e Conceicao, ma poi dietro la coperta si accorcia e gli equilibri dipendono dalla tenuta di Bremer e Thuram, guarda caso anche gli ultimi due ad aver chiesto il cambio contro l'Atalanta per acciacchi difficili da gestire nella settimana che porta alla doppia sfida con Villareal, secondo in classifica nella Liga, e quel Milan galvanizzato dal successo col Napoli. Purtroppo la pazienza dei tifosi passa dai risultati e non dalle prestazioni. Bisognerebbe saper aspettare senza nascondere i propri limiti e mostrando i netti miglioramenti. Spesso si guarda invece prima il risultato, poi la classifica e quando non si riescono a comprendere le ragioni delle frenate ci si comincia a preoccupare. A Verona bisognava non farsi recuperare, con la peggior Atalanta degli ultimi anni si doveva fare qualcosa di meglio anche nel secondo tempo. Ma torniamo sempre daccapo, la scintilla chi la deve far scoccare? Provare varie soluzioni è lecito, ma ruotare solo i protagonisti proponendo un unico modello di gioco è limitativo. Chiedere ai panchinari di sabato scorso se la pensano diversamente.







