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Lo spogliatoio e i suoi uomini: solide (uniche?) speranze per Juventus.TUTTO mercato WEB
© foto di Gianfranco Irlanda
domenica 2 ottobre 2022, 21:16Editoriale
di Roberto De Frede
per Bianconeranews.it

Lo spogliatoio e i suoi uomini: solide (uniche?) speranze per Juventus.

Il modo in cui una squadra gioca nel suo complesso determina il successo. Si può avere il più grande gruppo di stelle individuali nel mondo, ma se non giocano in modo unito, il club non varrà un centesimo. (Babe Ruth)

«Uno spogliatoio è l’esatto contrario dei famosi non-luoghi di Marc Augé. È un iper-luogo, dove si crea l’anima della squadra e regna un realismo magico. È un contenitore di simboli con riti auto-referenziali e pseudo-religiosi. Un leader non si sceglie, si impone con il suo curriculum di credibilità», leggiamo nel volume di Bruno Barba, Un antropologo nel pallone. Due settimane sono trascorse dalla terribile sbandata sulla curva parabolica di Monza. È cambiato qualcosa da quella partitaccia? Apparentemente purtroppo la risposta è negativa: stasera contro il Bologna gli uomini bene o male saranno sempre gli stessi, tranne Di Maria, che più che Fideo, cioè magro come uno spaghetto, sta quasi scomparendo (desaparecido!), tra infortuni, squalifiche e riposini precauzionali, nonostante le dichiarazioni d’amore per la Vecchia Signora! Le cose che cambieranno saranno di sicuro la panchina con Allegri di nuovo in prima linea al posto del secondo Landucci, e la maglietta, sperando che non sia più quella nera presaga di punti persi, bensì quella gloriosa bianconera.

A ben guardare, un’altra novità ben più importante c’è: è il primo “RITROVARSI” della stagione dopo la pausa per la Nazionale. Questo tempo trascorso potrebbe aver portato a importanti riflessioni, riacquistando le forze che molti hanno dimostrato di avere nelle loro nazionali e fortemente nascoste nei club, e riempiendo finalmente lo spogliatoio di tanta nuova linfa positiva e di voglia di abbracciarsi e tornare ad essere una squadra vera, e non identità a compartimenti stagni in campo. Del resto è proprio il caso ricordare Alda Merini quando gridava nelle sue poesie che ci si abbraccia per ritrovarsi interi.

Nel libro Le undici virtù del leader, Jorge Valdano definisce lo spogliatoio un habitat. In questo luogo convivono «furbi, stupidi, gentili, ombrosi, buoni, cattivi, coraggiosi, vigliacchi, vanitosi, umili, leader, gregari. Il cemento che unisce quei tasselli così diversi è la generosità di alcuni». Non è difficile capire quindi perché oggi un allenatore deve essere anche un abile psicologo, e Allegri spesso ha mostrato tale caratteristica. In un mondo ormai pienamente orwelliano, i calciatori sono come degli attori che vanno in scena nella vita reale. L’unico momento autentico forse è proprio quello in cui inizia lo spettacolo, cioè la partita, paradosso dei paradossi.

Già, il buon vecchio spogliatoio! In un mondo privo di regole, c'è un posto che impone ancora la propria legge, quella intima e inviolabile. Si dice che lo spogliatoio è l’anima della squadra e da lì deve ripartire tutto, anche perché per come stanno ora le cose, un altro luogo dove lavare i panni sporchi e indossare quelli lindi e pinti non riesco proprio a immaginarlo. La metafora dei panni aggiunge significato al valore di quel luogo e si unisce alla simbologia che c’è dietro questo antro fisico in cui si discutono i problemi del gruppo ed ognuno può sentirsi libero di esprimersi, poiché ciò che accade lì dentro non ne attraversa i muri.

Certi problemi vanno risolti nel segreto dello spogliatoio, con un silenzio assordante, o con grida silenziose. Molte partite, anche le più importanti – ricordiamo Zidane caricare i suoi del Real all’intervallo della finale di Champions 2017 proprio contro la Juventus – si vincono con poche e misurate parole nel silenzio dello spogliatoio. Altre volte, invece, basta sfogarsi per qualche minuto, appiccicarsi al muro e risolverla tra uomini... Forse lo spogliatoio, da questo punto di vista, rimane oggi anche l’unico luogo al mondo nel quale l’uomo può essere uomo senza sentirsi in colpa.

Non si impara molto, a scuola. Nello spogliatoio, invece, si impara tutto, diceva lo scrittore Albert Camus, grande intellettuale e amante del calcio tanto da essere stato in gioventù un buon portiere. Quel poco che so della morale – proseguiva - l’ho appreso sui campi di calcio e le scene di teatro, uniche mie vere università.

La “vera università” di Camus è l’area piccola, l’amicizia che si coltiva in uno spogliatoio, le lacrime e i sorrisi prima e dopo i novanta minuti; meglio ancora, si apprende il rispetto reciproco, il sacro valore della gerarchia, la forza del gruppo la cui unione fa la forza del singolo, e non viceversa. Si impara a vivere e convivere, a piangere e sentirsi umiliati, a crescere come persone non in virtù di qualche stramba imposizione moralistica ma per il bene di tutti. Nello spogliatoio non si sceglie di diventare grandi; lo si diventa senza accorgersene, e crescendo a volte si diventa anche campioni.

Attraverso quella porta gli individui diventano gruppo, si vestono di un colore, di un’identità. Dentro quelle mura si indossano le scarpette bullonate che rappresentano gli strumenti del mestiere, la base di tutto, il collegamento tra le estremità di un corpo, il pensiero e l’azione. In questo spazio, il gruppo si compone così di tanti rapporti individuali che si intersecano e diventano la solida rete che deve proteggere da eventuali cadute, dagli attacchi del mondo esterno (squadra avversaria, mass media) e ciò rappresenta la costante che accompagna le squadre che vogliono dire la loro su tutti i campi del mondo.

Il gruppo squadra di calcio non deve essere quindi un gruppo in cui i calciatori si ritrovano insieme per il solo motivo di aver sottoscritto un contratto con la medesima società, devono sentirsi ognuno “squadra”, devono essere, non solo esistere. La vittoria in sé resta il fine ultimo di una squadra di calcio, mentre tutto il percorso che si costruisce per ottenerla passa attraverso un impegnativo lavoro di definizione del gruppo che avviene proprio nello spogliatoio. Esiste, dunque, un’influenza molto forte tra spirito di squadra, senso di appartenenza e risultato della prestazione: la loro interazione genera coesione e rende il gruppo squadra più stabile e candidato all’altezza ad una prestazione vincente.

La Juventus nella sua lunga storia ha avuto uomini-spogliatoio e gruppi di senatori che hanno centuplicato le forze della squadra. È una società capace di gesta incredibili, perché chi ha una Storia alle spalle ha la forza del tempo e dell’esperienza.

Speriamo che gli “storici senatori” di oggi, ormai in numero ridottissimo (Bonucci in primis con Allegri, Cuadrado, Alex Sandro e Danilo) illuminino lo “spogliatoio” di personalità e carisma. Solo chi ha vissuto il sudore, il sangue e le risate di uno spogliatoio, può davvero capire cosa significhi viverci dentro. Non esiste preparazione, per una cosa così. Non esiste spiegazione. Ed è proprio per questo che lo spogliatoio resiste ancora oggi alla secolarizzazione del nostro tempo. La Juventus oggi, contro il Bologna e contro tutti, più che mai ha bisogno del suo granitico e vincente spogliatoio. Noi non vogliamo sapere nulla di cosa accade lì dentro, ma lo potremo immaginare guardando quegli undici in campo vincere già da stasera.