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tmw / juventus / Primo piano
PROUD OF JUTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
lunedì 23 ottobre 2017, 11:15Primo piano
di Caterina Baffoni
per Tuttojuve.com

PROUD OF JU

Quando sembra che non ci sia lei, invece, c’è. Figurarsi quando tutto, specialmente il gioco, dovesse girare per il verso giusto. Eppure, proprio quando non avviene ciò e laddove la squadra predilige un individualismo di troppo soffrendone nella coralità, riesce a sopperire con un carattere fuori dal comune che solo una rosa intrepida e compatta è in grado di possedere. La sfida di Udine ha smascherato il punto massimo dell'orgoglio bianconero, emettendo un verdetto molto importante e un forte segnale alle dirette concorrenti di una corsa al primato che si sta facendo interessante e imprevedibile, perchè ribaltare uno svantaggio iniziale e rimontare con dieci uomini, dopo un rigore negato ed un'espulsione "sui generis", significa molte cose: principalmente che Madama ha raggiunto un'autorevole consapevolezza delle proprie potenzialità e che il tutto confluisce in quello che è sinonimo di leader: è racchiuso tutto lì, nel raggiungere quel tipo di sicurezza propria di chi sa di essere forte, di voler stare a tutti i costi in corsa per la vetta e di poter portare a casa comunque il risultato. Lo scettro del re della serata è di Khedira, ma, accanto all’autore della tripletta, si è messa a girare una giostra fatta di sostanza e qualità, perchè sul piano dell'intensità e dell'aggressività nei palloni, Madama è stata egregia e a tratti superlativa, mai succube e doma delle circostanze sfavorevoli in cui era spiacevolmente incappata, piuttosto figlia di una forza "eroica", per quelli dal cuore grande, per scongiurare una brutta figura che sarebbe stata al quanto ingenerosa.  Eppure, l’innegabile verità è che alla fine il carattere indomito della Juventus e del suo essere gruppo, viene sempre a galla. Gioca bene, vince. Gioca male, riesce a vincere. Viene applicato il Var, vince. Non viene applicato il Var, vince ugualmente. Regala spettacolo o meno, vince lo stesso. Che si arrivi attraverso il gioco o attraverso i singoli, che si passi attraverso i piedi buoni o la rabbia della classe operaia o dalla freschezza dei nuovi, per gli altri sono sempre guai. Perchè quando ci sono le certezze della vecchia guardia, il passaggio filtrante di Pjanic e le imbucate di un inarrestabile Khedira insieme alla ferocia da bava di Higuain, anche in dieci risulta difficile per qualsiasi avversario uscire incolumi dal campo.

La paura di essere ormai tagliati fuori, l’emozione di ritrovarsi ancora in corsa da protagonisti, la gioia della partita ribaltata e la catarsi finale tradotta in pura gioia dei tre punti. Non c’è niente da aggiungere, perchè vincere al settimo anno in rimonta e in inferiorità numerica con uno scarto di reti roboante è la cosa più bella che il calcio possa offrire, perché capace di cristallizzare tutte le emozioni che un match o un campionato possono dare, ma che ha il suo perfetto lieto fine.

Che rimonta! Finta… perché il racconto di una rimonta, come quella del Dacia Arena, sembra così simile all’intreccio di una storia che chi si accosta al mondo del calcio per farne film, serie TV o fumetti non ne può prescindere dal viaggiare con la fantasia. Eppure, qui, si sta con i piedi ben piantati per terra, perchè in situazioni di estrema difficoltà la necessità aguzza l'ingegno, e la Juve per ritrovarsi ha avuto bisogno di perdersi, ha voluto trovare quella scintilla capace di farle scattare e accendere il "fuoco" che aveva dentro.

Questa vittoria contiene in sè varie chiavi di lettura, ma quella più importante non può che risiedere nel carattere di una formazione che ha voluto mantenere le proprie attese con pazienza e umiltà proprio quando tutto stava volgendo per il peggio. Lo ha fatto non rispondendo mai ai nervosismi di un arbitraggio irregolare come quello avvenuto in terra friulana, in nessun modo, nemmeno alle critiche che sono piovute soprattutto da inizio stagione per il poco gioco "spettacolare" espresso di cui Madama è spesso accusata, e fuggendo ogni tipo di protagonismo: la Juve si è messa al centro come insieme, come collettivo e squadra, nonostante il lavoro di cucitura dopo lo strappo improvviso contro la Lazio. Non c'è stato bisogno di imporsi, non sta cercando di mettersi in competizione con le sue precedenti edizioni bianconere: sono doti umane, ancor prima che professionali, molto rare che riguardano un gruppo, e il calcio da cui dipende la Vecchia Signora, oggi, è un calcio difficile. Con astuzia e consapevolezza lei sa che dovrà adattarsi a questa nuova dimensione.  Il "suo" calcio oggi sembra poggiare le fondamenta nell'aggressività dei portatori palla, nelle imbucate dalle retrovie, nella tecnica volante, nel sacrificio e nell'uno-due a occhi chiusi, e nell'estro offensivo dei suoi finalizzatori di rete piuttosto che  prediligere le sfide a porta inviolata. Non è un caso infatti se la campagna acquisti è stata improntata prevalentemente sulla fase offensiva.

Solo in questo modo dunque, ovvero abbinando alla mentalità vincente la capacità di farsi forza a vicenda nei momenti di difficoltà si costruiscono stagioni, scudetti e trionfi e in particolar modo si recupera il concetto più importante intorno al quale ruota il movimento calcistico: l'essere squadra. Ed è proprio questo il discorso che abbraccia tutta la mentalità vincente: prima di tutto le risorse umane. La persona prima del giocatore. La capacità umana prima del talento. La squadra prima del singolo. La vittoria della Juventus prima di tutto.