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Il peccato originale della Juventus: Tudor era solo un traghettatoreTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
Oggi alle 14:23Serie A
di Ivan Cardia

Il peccato originale della Juventus: Tudor era solo un traghettatore

La Juventus perde a Como 73 anni dopo l’ultima volta in Serie A - nel mezzo “appena” ventitré partite, va detto - e Igor Tudor è subito in bilico. Per i risultati e per il gioco della Vecchia Signora, oggettivamente deludente: Thiago Motta, di questi tempi, una stagione fa aveva subito appena tre gol e aveva anche vinto due partite in Champions League. Il croato, dopo la sferzata nel senso della juventinità nel subentrare al collega in corso d’opera, si è guadagnato la conferma centrando una qualificazione europea che al suo arrivo era sì in bilico ma comunque alla portata, e poi giocando un Mondiale per club appena sufficiente: due vittorie con Al-Ain e Wydad, due ko con Manchester City e Real Madrid. Ma forse i risultati non sono il vero problema. Tudor era solo un traghettatore. Almeno all’inizio, ma dichiaratamente. Nel silurare Motta, la Vecchia Signora aveva (più o meno) messo in chiaro che il suo ruolo sarebbe stato quello di condurre in porto la barca e poi grazie ma arrivederci. A giugno, invece, le cose hanno preso un’altra direzione: Igor, al quale la parola traghettatore non era mai piaciuta, è riuscito a conquistare la conferma, mentre la novità in casa Juve ha riguardato la dirigenza, con l’avvicendamento fra Giuntoli - che con ottima probabilità aveva già le sue idee quanto a chi affidare la direzione tecnica bianconera - e Comolli. Il peccato originale, però, è rimasto. Non è questione di qualità ed entro certi limiti nemmeno di risultati. Quelli della Juventus di questo avvio di stagione sono pessimi, certo, ma nemmeno tragici. Per dirne una, Allegri (nel suo bis) era partito peggio in due stagioni su tre. La debolezza di Tudor, semmai, è di fondo: arrivato a tempo determinato, confermato tra mille dubbi dell’ambiente (e un gioco mai davvero decollato), oggi fa i conti con una precarietà connaturata alle stesse modalità con cui si è ritrovato ad allenare la Juventus. Non è mai stato il nome su cui costruire un progetto, e oggi che le cose non tornano questo è un aspetto che viene fuori. Ha una sola arma: il risultato. E mercoledì la Juve va al Bernabeu, dove, si sa, novanta minuti sono lunghi. Figuriamoci per chi traballa.