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L'Olimpico pieno deve far aprire gli occhi. Per crescere il femminile ha bisogno anche di strutture
Dai 14mila presenti al Bentegodi per Bardolino-Francoforte dell’allora UEFA Women's Cup, poi diventata Women’s Champions League, nel 2008 passando dai poco più di 39mila (39.027 per la precisione) della sfida scudetto del marzo 2019 fra Juventus e Fiorentina giocata all’Allianz Stadium fino ai 39.454 fatti registrare ieri sera all’OIimpico di Roma per la sfida fra le giallorosse e il Barcellona nuovamente in Champions League.
Se il detto “tre indizi fanno una prova” allora da oggi il calcio italiano dovrà interrogarsi su come far sì che questi exploit di pubblico non siano una tantum, ma una piacevole abitudine. I quasi 40mila di ieri, al netto dei costi dei biglietti e degli incentivi della società, sono l’ennesima dimostrazione che il calcio femminile sta riscuotendo un certo interesse in fasce sempre più ampie della popolazione, specialmente fra le giovani che sempre più si stanno appassionando a uno sport che, a torto, per lungo tempo è stato considerato “da maschi” e ancora non riesce a uscire fuori da questo stereotipo.
Una fascia di pubblico che può rappresentare un futuro bacino d’utenza, oltre che di reclutamento sul campo, da non sprecare, ma anzi da incentivare. Per questo la Federcalcio e i club devono iniziare a pensare che queste ragazze, queste squadre, meritano sempre più palcoscenici adeguati che vadano oltre i campetti dei centri sportivi o gli stadi di periferia. In un momento in cui molti club stanno pensando a nuovi impianti per la prima squadra sarebbe il caso che pensassero anche a dare alle loro squadre femminili stadi adeguati per struttura e capienza (la Juve ne ha in progetto uno per Women e Next Gen) e aprano più spesso le porte agli eventi che riguardano il calcio femminile, specialmente quando gli uomini riposano. Durante la lunga pausa del Mondiale ci sarebbe stata l’opportunità – fra cui quella di giocare il derby di Milano a San Siro -, ma non venne colta. Speriamo che la gara di ieri dell’Olimpico (e il probabile pienone al Camp Nou fra una settimana) faccia aprire gli occhi e dia un’accelerazione a un processo destinato solo a crescere.
Se il detto “tre indizi fanno una prova” allora da oggi il calcio italiano dovrà interrogarsi su come far sì che questi exploit di pubblico non siano una tantum, ma una piacevole abitudine. I quasi 40mila di ieri, al netto dei costi dei biglietti e degli incentivi della società, sono l’ennesima dimostrazione che il calcio femminile sta riscuotendo un certo interesse in fasce sempre più ampie della popolazione, specialmente fra le giovani che sempre più si stanno appassionando a uno sport che, a torto, per lungo tempo è stato considerato “da maschi” e ancora non riesce a uscire fuori da questo stereotipo.
Una fascia di pubblico che può rappresentare un futuro bacino d’utenza, oltre che di reclutamento sul campo, da non sprecare, ma anzi da incentivare. Per questo la Federcalcio e i club devono iniziare a pensare che queste ragazze, queste squadre, meritano sempre più palcoscenici adeguati che vadano oltre i campetti dei centri sportivi o gli stadi di periferia. In un momento in cui molti club stanno pensando a nuovi impianti per la prima squadra sarebbe il caso che pensassero anche a dare alle loro squadre femminili stadi adeguati per struttura e capienza (la Juve ne ha in progetto uno per Women e Next Gen) e aprano più spesso le porte agli eventi che riguardano il calcio femminile, specialmente quando gli uomini riposano. Durante la lunga pausa del Mondiale ci sarebbe stata l’opportunità – fra cui quella di giocare il derby di Milano a San Siro -, ma non venne colta. Speriamo che la gara di ieri dell’Olimpico (e il probabile pienone al Camp Nou fra una settimana) faccia aprire gli occhi e dia un’accelerazione a un processo destinato solo a crescere.
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