
Boban: "Capii subito che avremmo dovuto lottare con la proprietà per il bene del Milan"
Zvonimir Boban aveva capito sin da subito che il suo ritorno al Milan da dirigente non sarebbe stato semplice. È uno dei passaggi dell’intervista rilasciata dall’ex campione croato al canale YouTube 'Milan Hello’: “Già con Paolo (Maldini, ndr) a casa, quando mi hanno raccontato come funzionavano le cose, mi sono detto: 'Allora dobbiamo lottare contro la nostra proprietà per il bene del Milan'. E Paolo mi disse: 'Più o meno'. L'ho accettata come una sfida molto grande, per me è finita presto ma rifarei tutto perché andava fatto. Già ad agosto mi hanno tolto il potere di firma senza dirmelo, stranamente. A tutti quelli che vogliono sapere come sono andate le cose dico, leggete l'intervista di Paolo Maldini a 'La Repubblica': quella è sacrosanta verità. Poi ci sono tanti dettagli brutti, ma non carichiamo la gente di piccole storie inutili e di cattiverie ridicole.
Ci avevano messo accanto un certo Hendrik (Almstadt, ndr) che non so cosa ne capisca di pallone, doveva avallare quello che facevamo come un controllore tecnico. Io avevo firmato un contratto di tre anni e doveva essere: il primo di pulizia, il secondo di stabilità e il terzo di competitività. In tutte le attività del mondo ci vogliono tre anni, figurati in un club come il Milan. Ma loro dopo tre mesi ci hanno quasi delegittimato con una 'imboscata', come l'ha chiamata Paolo. Ma funziona così, il fondo funziona così: se compro a 10 domani deve valere 15, non c'è logica, non è gente di calcio. Non è cattiveria, è che non capiscono di calcio".
Nella sua intervista del febbraio del 2020 c'erano tre concetti chiave: ambizione, milanismo e italianità.
"Io parlai di de-milanizzazione, quella era la paura. Ed era chiaro che si volesse far perdere quella forza del voler appartenere. Perché è un'emozione troppo grande per qualcuno che vuole controllare diversamente la cosa. 'Always Milan': che cazzo vuol dire? Tutto il mondo sa cosa è il Milan, loro hanno messo 'Always Milan' anche sul pullman. Per favore… Ovvio che dà fastidio, appiattisce, ti fa diventare quasi un robot. L'idea è quella, che i tifosi diventino clienti, i giocatori diventino asset. E via così, questa è la loro via".
Ci avevano messo accanto un certo Hendrik (Almstadt, ndr) che non so cosa ne capisca di pallone, doveva avallare quello che facevamo come un controllore tecnico. Io avevo firmato un contratto di tre anni e doveva essere: il primo di pulizia, il secondo di stabilità e il terzo di competitività. In tutte le attività del mondo ci vogliono tre anni, figurati in un club come il Milan. Ma loro dopo tre mesi ci hanno quasi delegittimato con una 'imboscata', come l'ha chiamata Paolo. Ma funziona così, il fondo funziona così: se compro a 10 domani deve valere 15, non c'è logica, non è gente di calcio. Non è cattiveria, è che non capiscono di calcio".
Nella sua intervista del febbraio del 2020 c'erano tre concetti chiave: ambizione, milanismo e italianità.
"Io parlai di de-milanizzazione, quella era la paura. Ed era chiaro che si volesse far perdere quella forza del voler appartenere. Perché è un'emozione troppo grande per qualcuno che vuole controllare diversamente la cosa. 'Always Milan': che cazzo vuol dire? Tutto il mondo sa cosa è il Milan, loro hanno messo 'Always Milan' anche sul pullman. Per favore… Ovvio che dà fastidio, appiattisce, ti fa diventare quasi un robot. L'idea è quella, che i tifosi diventino clienti, i giocatori diventino asset. E via così, questa è la loro via".
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