
Santopadre: "Al Perugia auguro il meglio. Squadre B portano benessere e giovani"
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L’ex presidente del Perugia Massimiliano Santopadre è intervenuto nel corso della trasmissione A Tutta C su TMW Radio per analizzare la nuova stagione della terza serie italiana che è appena iniziata: “Ancora è un pochino presto per dire se mi sta piacendo o meno, sono passate soltanto le prime due partite e vedo sempre un grande equilibrio, competizione, squadre che magari partono sulla carta un po' indietro, poi si rivelano sorprese. Insomma, come tutti la chiamano è veramente una ‘palude’ e lo è proprio per questo motivo, per il grande equilibrio che c'è, la competitività nella categoria. Dicevo che mi sarebbe piaciuto vedere un po' più di giovani in campo, sicuramente sì. Ma d'altronde le squadre vogliono competere, comunque i giocatori di esperienza magari danno più sicurezza, più tranquillità. Però non vorrei mai dimenticare che sono campionati che dovrebbero preparare i giovani a delle categorie più importanti”.
Ecco, in quest'ottica mi viene facile chiederle del progetto "seconde squadre". Quest'anno si è aggiunta l'Inter, è il retrocesso al termine dello scorso torneo, il Milan in Serie D. È un progetto che la convince col passare del tempo o no?
“Assolutamente sì, io già mi ero dichiarato su questa cosa. Vedere grandi nomi che circolano in Serie C, perché anche se si tratta di seconde squadre alle spalle hanno team organizzati e società di altissimo livello, porta benessere economico, possibilità e, per riallacciarmi al discorso di prima, portano giovani. Perché è chiaro che le seconde squadre fatte da queste società vengono allestite con i loro giocatori delle giovanili. Poi non dimentichiamoci che pagano una tassa di iscrizione abbastanza alta per accedere a questo campionato e sicuramente non fa male alle casse di questa lega. La tassa di iscrizione, l'obolo per partecipare alla Serie C, si aggira sul milione, se non lo supera. Io credo che glielo abbiano abbassato, quando c'ero io era un milione, credo che poi sia stato abbassato a 700mila euro. Sono sempre soldi che entrano. Non dimentichiamoci poi il discorso nazionale, se vogliamo finalmente dare un aiuto alle nostre nazionali, far giocare dei giovani in queste categorie è sicuramente meglio rispetto alle Primavere. È uno scalino intermedio tra il calcio di alto livello e quello delle giovanili che forma assolutamente di più”.
Presidente, in questa stagione c'è stata un'altra grande novità in Serie C, ovvero l'introduzione dello strumento tecnologico, l'FVS (il VAR di Serie C). Le piace, non le piace? Quello che ha visto la sta già convincendo?
“Guardi, devo dire che durante una partita vedere queste interruzioni non fa molto piacere, anche per la perdita di tempo. Però non dimentichiamoci che queste categorie non sono da apprendistato solo per i calciatori, ma lo sono anche per gli arbitri. È chiaro che degli arbitri giovani, inesperti, sono più portati all'errore e l'aiuto tecnologico per me a questo punto era doveroso, anche se non deve essere la panacea di tutti i mali, ci vuole sempre il valore dell'arbitro. È un grande aiuto e abbiamo visto nelle prime partite che tanti errori sono stati rivisti e sanzionati. Da spettatore, le continue interruzioni tolgono il ritmo alla partita; per controbilanciare, abbiamo visto già dei maxi recuperi. Il mio dubbio è che non abbiamo pazienza con gli arbitri di Serie A, ho paura che si conceda poco tempo a questi ragazzi in Serie C per imparare ad utilizzarlo sotto pressione. È necessario che gli arbitri facciano questo passaggio nelle categorie inferiori. È formativo per tutti: arbitri, calciatori, dirigenti. Quindi ben venga la Serie C per gli arbitri, la tecnologia deve essere di aiuto, non sostitutiva. Trovare il modo per essere più rapidi, questo sì, perché togliere il ritmo alla partita per me è un problema. Sono probabilmente aggiustamenti che verranno trovati. Anche chi sta dietro i monitor ha bisogno di esperienza, è la prima esperienza. Ma oggi, chi tornerebbe alle partite di calcio senza VAR? Penso nessuno”.
Presidente è quasi un anno che è passato dall'ufficialità del suo addio al Perugia Calcio. Con 12 mesi di distanza, qual è la situazione? Si continua a parlare tra lei e l'attuale proprietario?
“Quando uno decide di vendere è perché evidentemente aveva dei buoni motivi per farlo. Io sono sicuro di aver fatto la scelta giusta. Il calcio all'inizio manca, mancano i ritmi, l'adrenalina, poi passa il tempo, ci si abitua. Mi piacerebbe molto fare un'esperienza da dirigente, non più da proprietario, per mettere a frutto la mia esperienza. Per quanto riguarda il Perugia, ormai è un discorso chiuso. Il rapporto con Faroni non è idilliaco per le varie vicissitudini, però è uno straniero venuto in Italia a fare un'esperienza importante, ha difficoltà maggiori delle nostre. Il calcio si fa in due modi, con i soldi o con le competenze. Lui, alle prime esperienze, dovrebbe investire tantissimo. Il Perugia per me è come un figlio, gli auguro sempre il meglio perché il suo meglio significa il meglio per il Perugia. Un anno di calcio sono sette di vita, come stress è un mondo che si capisce solo quando ci si è dentro”.
Ultimissima domanda in un flash, Presidente. Viste le situazioni di Rimini e Triestina, non le chiedo se si potevano evitare, ma annusa un po' l'aria? Come potrebbe andare a finire?
“Se si possono evitare? Essendoci stato dentro, non è semplice. Faccio un paragone: nel mio settore, l'abbigliamento, i fallimenti sono all'ordine del giorno. La differenza è che nel calcio tutti ne parlano, quindi sembrano di più. Nel caso di Triestina e Rimini, purtroppo è la solita situazione di quando arrivano proprietà straniere. Portano liquidità iniziale, ma sono situazioni borderline: lo straniero rapidamente arriva e rapidamente sparisce. Bisognerebbe capire meglio al momento dell'acquisizione se è il caso di accettare. Loro arrivano, non conoscono la lingua, si appoggiano a dirigenti sciacalli che li consigliano male. Perdono 10, 20, 30 milioni in pochi anni. Non sono banditi, sono sprovveduti, incompetenti. Arginare questo per la FIGC è difficile, perché al momento dell'acquisizione sono facoltosi. La soluzione non la deve dare la FIGC, la devono dare i presidenti: quando non si può spendere, non devono spendere. Questa era la mia battaglia”.
Un dirigente mi diceva che ci sono corsi per tutti, ma non un corso per fare il presidente. Probabilmente va sulla sua linea.
“Quando ero in consiglio di Serie B mi sono battuto per questa cosa. Volevo creare meeting, riunioni per i presidenti per confrontarci, per capire dove sbagliavamo, ascoltare i consigli di chi era esperto. Non ci sono mai riuscito. Questa è una grande pecca. Non è vero che una persona ricca può fare tutto; è brava nel suo settore, ma il calcio è nuovo e poi c'è di mezzo il cuore, e al cuore non si comanda”.
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