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Guido Clemente di San Luca a TN - Caso Serra: un trionfo di incoerenza con le scuse (poi smentite) dell'AIA
sabato 22 gennaio 2022, 15:30Esclusive
di Arturo Minervini
per Tuttonapoli.net

Guido Clemente di San Luca a TN - Caso Serra: un trionfo di incoerenza con le scuse (poi smentite) dell'AIA

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso per Tuttonapoli le sue considerazioni sulle polemiche nate dopo l'arbitraggio di Serra in Milan-Spezia.

Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso per Tuttonapoli le sue considerazioni sulle polemiche nate dopo l'arbitraggio di Serra in Milan-Spezia.

"Mi sono definitivamente convinto. Giochiamo meglio di tutti. Al pari dell’Inter. A seguire Sassuolo ed Empoli. In altro modo anche Milan, Atalanta, Fiorentina, Torino e Verona. Ma non basta. Lo sto ripetendo in maniera ormai quasi ossessiva. Me ne accorgo. Ma non mi stancherò di farlo, fino a risultare noioso, pedante. Per vincere ci vogliono anche altre due cose: che ci assista il kairos (il tempo giusto per un accadimento); e che siano rispettate le regole garantendosi la loro uguale applicazione. Quanto è accaduto in Milan-Spezia offre in maniera esemplare l’occasione concreta per osservare una perfetta dimostrazione probante di quanto sostengo. L’errore del signor Serra è palese, incontestabile. Tutti a protestare, chi scandalizzandosi (essendosi ben guardato dal farlo per altre innumerevoli occasioni analoghe: l’ultima di Ayroldi in Napoli-Fiorentina di Coppa Italia; solo pochi mesi fa di Orsato – toh, ancora lui! – in Roma-Juventus).

Chi addirittura chiedendo la ripetizione della partita per errore tecnico (ignorando la consolidata giurisprudenza che qualifica questa fattispecie in modo puntuale e tassativo). Chi manifestando tenerezza e simpatia per l’ammissione di colpa del giovane direttore di gara. Chi dicendo peste e corna della sua mancanza di personalità.

In un trionfo di incoerenza mista a inettitudine, l’AIA prima si scusa, poi si affretta a smentire: quelle scuse non erano espresse in una formale dichiarazione istituzionale, bensì il frutto di una personale ed estemporanea reazione emotiva del vice di Rocchi. Dalle colonne del Mattino s’è giustamente accolta questa nuova linea come un bene, ma pretendendo che venga seguita sempre e nei confronti di tutti. Così, se le scuse fossero danari, noi di colpo diventeremmo miliardari. Io penso, diversamente, che la vicenda abbia del paradossale. Perché Serra non ha ignorato il vantaggio in favore di Messias. No, semplicemente non s’è proprio reso conto che ci fosse. Se n’è avveduto una frazione di secondo dopo aver fischiato. E certo, rispetto all’evento, in perfetta buona fede. Ma – domandiamoci – anche in assoluto? Proviamo a chiederci perché si è così rammaricato di aver sbagliato (fino al punto – pare – di arrivare a piangere). Perché è uno di quei soggetti irreprensibili, severissimi nei confronti di se stessi? Di quelli che pretendono da sé la perfezione? Oppure per timore delle conseguenze negative sulla carriera, che avrebbe ovviamente sopportato? La genuina reazione emotiva che ha avuto è la prova inconfutabile della sua buona fede.

Tuttavia, dobbiamo interrogarci, mettendosi nei suoi panni, su cosa l’abbia portato a sbagliare. Ho un vago sospetto. Che sia stata l’ansia di mostrarsi solerte nel non sfavorire i rossoneri. Si è precipitato a fischiare la punizione concentrato com’era sul non assumere decisioni dannose per il Milan (altrimenti sì che la carriera ne avrebbe risentito!). Troppo tempestivamente, fermando il gioco un attimo prima che la palla finisse a Messias (per amor del vero – facendo luce sugli improvvidi commenti dei cronisti servili – si tratta di gol inesistente, non annullato, il gioco essendosi fermato al fischio). Sì, Serra ha sbagliato. Ma paradossalmente l’ha fatto per timore reverenziale, per eccesso di sudditanza. A volte succede che, come nella vita, anche nel pallone si realizzi il paradosso. A Napoli usiamo dire «ce vo’ ‘a ciorta!». Qualcuno la chiama «giustizia divina». Io lo definisco kairos. Il fischio di Serra è esempio di kairos per gli azzurri, e mancanza di kairos per i rossoneri. Attenzione, però. Non rientra nell’altra condizione indispensabile per vincere, e cioè che le regole debbano esser fatte rispettare in maniera eguale per tutti. Gli errori (di arbitro, allenatore, giocatore) sono una patologia fisiologica del vivere. Mai ho affermato che possano non essercene. Nessuno è perfetto. Quello di Serra è un errore (palese ed ammesso, tanto che si è pure scusato). E gli errori rientrano nella condizione che definisco kairos. Non vanno confusi con il sistematico uso illegittimo del potere di valutazione, con l’arbitraria disapplicazione di Regolamento e Protocollo Var.

Marinelli a Bologna e la gran parte dei commentatori ne hanno dato l’ennesima riprova. Per la netta vittoria e la manifesta superiorità del Napoli, la cosa non è stata enfatizzata. Ma in più circostanze ha ignorato le regole. Theate andava espulso per l’intenzionale calpestata di Lozano, e pure Soumarò per lo schiaffo a gioco fermo (vigoria sproporzionata). La spinta su Fabian era fallo da calcio di rigore (imprudenza, o comunque almeno negligenza). E invece no. E sai perché? Perché ex arbitri ed ex giocatori ripetono in una esasperante litania (complice e indecente) che «è troppo poco per dare un rigore», oppure che «spetta all’arbitro valutare l’intensità di un contatto». Tutto falso. Nella migliore delle ipotesi, queste affermazioni sono dettate dall’ignorare le regole vigenti. Che non assegnano più all’arbitro di interpretare la partita a suo piacimento, non gli consentono di far praticare il «gioco all’inglese». In quale disposizione sta scritto che deve evitare che il gioco sia continuamente interrotto dalla eccessiva rilevazione dei falli? Se un contatto non è conforme alla regola va sanzionato. Punto. Lo spazio di interpretazione è confinato entro i margini fissati dalle norme. L’arbitro deve limitarsi a valutare se l’episodio concreto configura o no una delle tre ipotesi delineate dalla Regola 12. Niente di più. Diversamente opinando si finisce per conferirgli un enorme potere rendendolo capace di indirizzare la partita in un senso o nell’altro. Adesso basta!