Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendariScommessePronostici
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliaricomoempolifiorentinagenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliparmaromatorinoudinesevenezia
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenafrosinonelatinalivornonocerinapalermoperugiapescarapordenonepotenzaregginasalernitanasampdoriasassuoloturris
Altri canali euro 2024serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
tmw / napoli / Esclusive
Clemente di San Luca a TN: "Calma, c'è ancora da pedalare per godere alla fine!"
Oggi alle 10:10Esclusive
di Arturo Minervini
per Tuttonapoli.net

Clemente di San Luca a TN: "Calma, c'è ancora da pedalare per godere alla fine!"

Tutte cose, queste, che, dette adesso – intendiamoci –, hanno un unico scopo: richiamare tutti a contenere l’esaltazione e restare concentrati sul pezzo.

Guido Clemente di San Luca, Docente di Giuridicità delle regole del calcio presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Vanvitelli, commenta così il momento del Napoli

"Gli esiti dell’ultima giornata hanno innescato una legittima gioiosa euforia. Ma questa può essere pericolosa, perché dà alla testa. Bisogna conservare la calma. Non si tratta soltanto di scaramanzia. Piuttosto di saggia avvedutezza.

C’è ancora da pedalare. Ognuna delle ultime quattro nasconde insidie. Lecce, è quasi inutile segnalarlo. Conte non è profeta in patria. Sono in piena lotta per non retrocedere, giocheranno alla morte. E, soprattutto, c’è stata la tragedia della morte improvvisa di Fiorita, che costituisce una potente energia. A seguire, il Genoa è squadra solida e vuole dimostrare, con la mente libera da ansie. A Parma, se pure fossero già salvi, avrebbero la motivazione nerazzurra del mister e il desiderio di ben figurare, che si accoppia con un ottimo stato di forma. Forse solo all’ultima, al Maradona col Cagliari, si potrebbe avvertire qualche minor preoccupazione. Eppure, la storia ci avverte che sono accadute cose impensabili. Il 20 aprile 1986 – ricordiamolo – la Roma perse lo scudetto, alla penultima giornata, in casa col Lecce già retrocesso. Solo due anni fa, il 30 aprile 2023, si giocava la 32ª della stagione 2022/23, avevamo 17 punti sulla Lazio seconda a 6 dalla fine e la Salernitana, praticamente salva, ci costrinse a posticipare i festeggiamenti a Udine.

E poi – diciamocelo francamente – mica stiamo benissimo. Sì, l’umore è altissimo. La eccitazione, però, può giocare brutti scherzi. Talvolta succede che porti con sé una incredibile forza paralizzante. Non solo. Abbiamo pure più di un problema muscolare. Insomma, calma. E invece registro che, anziché contenere e controllare l’esagitazione, social e media l’alimentano propinando dichiarazioni raggianti. Con cui, fra l’altro, si finisce per esagerare sguaiatamente: o pronunciandosi in modo imprudente, incauto e sconsiderato; oppure dicendo anche cose non vere.

A cominciare da quella immagine – per carità, assai suggestiva, ma falsa – secondo cui domenica scorsa s’è avuta la nemesi: «dallo scudetto perso in albergo, allo scudetto vinto in albergo». A parte la sprovveduta avventatezza nel considerare già conseguita la vittoria (gli scongiuri di tutti i tipi sono consentiti), mentre quel titolo ci venne ‘scippato’ da una nutrita serie di conclamate decisioni arbitrali illegittime, questo (se veramente alla fine arriva) ha visto soltanto una decisione illegittima a sfavore dell’Inter, quella contro la Roma della scorsa giornata, a fronte di numerose violazioni delle regole a vantaggio dei nerazzurri. Per proseguire con le frasi roboanti e temerarie pronunciate nelle radio locali, tipo «Il Napoli ha già vinto, l’Inter è scoppiata» (e quella subito va a fare 3-3 a Barcellona). Oppure con slogan che fomentano l’euforia dei tifosi, tipo «Avanti Tutta!», e così via. Calma!

Naturalmente, s’è avviata dappertutto la beatificazione del mister, proponendo con enfasi ingiustificata un sacco di affermazioni infondate. Sia chiaro, sono i risultati a decretare il successo. E dunque Conte, avendo vinto, non ha sbagliato a preparare la partita contro il Torino. Ma non è vero – come è stato scritto – che la squadra «ha cercato subito il gol». In tutta la partita abbiamo avuto tre palle-gol: due andate a segno, una sulla traversa. Non sappiamo come sarebbe andata a finire, se sull’1-0 Adams non si fosse clamorosamente mangiato il gol del pareggio. È stato fantastico McFratm a farne due (è certamente il migliore straniero arrivato quest’anno in Italia), ma non «da centravanti puro» – come sento ripetere erroneamente – perché quello è, e resta, Lukakone, che con la sua stazza e coi suoi movimenti gli consente di inserirsi da mezzala, per sfruttare gli assist di Anguissa e Politano. Insomma, non è vero che Conte era obbligato a ridisegnare in quel modo «la sua squadra a pochissime ore dal calcio d’inizio», e che «non aveva altra scelta». Ha voluto farlo, rischiando Buongiorno, lasciando Olivera terzino sinistro e avanzando Spinazzola nel tridente, invece che inserire uno dei due disponibili esterni d’attacco (Ngonge e Okafor), oppure Simeone a girare intorno a Lukaku (volendo confermare il 4-4-2 provato in allenamento).

Conte certamente «ha saputo creare un’atmosfera magica nel Napoli», è un suo indiscutibile merito. Ha lavorato intensamente e in profondità sulla testa dei suoi ragazzi (lo si è visto bene anche contro il Toro). Li ha resi forti, scacciando le loro ansie. Ed è vero che sia «partito con la missione di riportare il Napoli in Europa» (in Champions, però, sia chiaro: dunque, semplicemente ha appena raggiunto l’obiettivo fissato, non «ha fatto un miracolo»). Ma non ha avuto a disposizione una rosa tanto inferiore a quelle delle altre migliori. Questa è la subdola, ingannevole, retorica del mainstream mediatico nordista, che ha spinto per qualificare le contendenti come «corazzate». S’è visto, non lo erano.

La cessione di Kvara è stata senz’altro una sciagura e Conte l’ha ben assorbita, ma questo non consente di riconoscergli meriti speciali, perché, anzi, non ha ben gestito la rosa profonda a sua disposizione. È lui a non considerarla tale, avendo con alcune sue scelte obiettivamente (non valorizzato, piuttosto) ‘depresso’ buoni calciatori. Ngonge (un signor giocatore ed un importante investimento della società) ne è l’esempio più vistoso: non l’ha fatto giocare pure quando mancavano contemporaneamente Neres e Raspadori, preferendo adattare un terzino ad ala. Ed ha utilizzato pochissimo anche Marin, Billing, Simeone e Okafor (appena un po’ di più Gilmour e Mazzocchi), ‘spremendo’ al massimo, fino allo stremo, quelli da lui prescelti quali titolarissimi (ovviamente, disponendo della piena libertà di farlo). Ha certamente saputo far fronte alle difficoltà derivanti dagli infortuni. Ma quanto gran parte di essi sarebbe da addebitarsi alla preparazione? E certe scelte (come quella di Buongiorno fatto rientrare forse non ancora in perfette condizioni) non sono state avventate?

In definitiva, a Cesare quel che è di Cesare. Conte ha costruito una squadra solida, perché ne ha ridestato orgoglio e animo pugnace. E al tempo stesso duttile, perché capace di rimodellarsi di volta in volta per adattarsi alle contingenze. Punto. Basta col trasformare questo in altro. Non se ne può più di sentire ancora la storia del ‘decimo posto’. E quella del merito di aver costretto ADL a defilarsi. È stato il contrario. Il Presidente, resosi conto che doveva riparare i danni (che s’era creato da solo), ha scelto di affidarsi a Conte. Il quale ha fatto il suo con assoluta diligenza professionale. Ma è innegabile – come ha osservato Ciriello – che, dei tre Napoli vincenti, questo «è quello esteticamente carente e con un gioco inferiore o almeno ancora zoppicante anche perché sempre sull’orlo di una crisi di nervi, che ha la sua forza nella difesa e nella tenuta psicologica che mancarono in Europa al Napoli di Spalletti». Niente di più, niente di meno. Senza magnificazioni soverchie. Conte ha fatto il suo, ma è falso che abbia riportato il Napoli «alla bellezza di Spalletti».

Tutte cose, queste, che, dette adesso – intendiamoci –, hanno un unico scopo: richiamare tutti a contenere l’esaltazione e restare concentrati sul pezzo. Ha scritto bene De Luca: «Nervi saldi, ragazzi: manca poco per un’altra grande festa a due anni dal terzo scudetto». Tuttavia, quel ‘poco’ va percorso, lasciando che il sogno si coltivi esclusivamente laddove è consentito. E cioè nella sua sede propria, la dimensione onirica. Perché, per realizzarlo, ci vogliono poi comportamenti consapevoli e forti. Da parte di tutti. Speriamo che a Lecce non vi siano disordini. E che gli azzurri sappiano conservare quei «nervi saldi» indispensabili per vincere. Vincere e basta. Una volta di più, quindi, «Adelante, Pedro, con juicio, si puedes». Gli orgasmi precoci – si sa – sono insoddisfacenti. Quattro battaglie per ‘terziarci’, poco alla volta, un nuovo ‘coitone’ collettivo!".