
Inter, Marotta ribadisce: "La sconfitta dell'Italia è forse peggiore della nostra"
Il presidente dell’Inter Giuseppe Marotta è intervenuto alla presentazione del libro scritto da Vito Cozzoli “L’anima sociale e industriale dello Sport”. Lo sport come può essere motore di cambiamento se oggi si spende tanto anche a livello dilettantistico?
“Credo che oggi come Italia siamo un po’ deficitari, lo dico senza colpevolizzare nessuno. Il sistema scolastico poco ha fatto per avviare allo sport i bambini. Tutto è riversato sulle società private che prima si sostenevano con il mecenatismo, oggi però questo modello purtroppo è scomparso. Milano è una grande città, le due squadre più importanti (Milan e Inter ndr) sono possedute da proprietà straniere e meno male che ci sono loro, altrimenti non sappiamo dove saremmo andati a finire”.
Come possono coesistere l’aspetto sociale e industriale nello sport con l’arrivo dei capitali nel calcio? “Lo sport è un fenomeno di aggregazione che si manifesta in tante cose. Essere tifoso di una squadra è una fede e contiene dei valori. L’approccio verso il fenomeno sportivo è emotivo e forte, fin da bambini, questo è un patrimonio da salvaguardare. Lo sport è necessario per l’essere umano ed è un punto di convergenza. Io credo che l’equazione che più spende e più vince non sia necessariamente vera. Ci devono essere competenze, cultura del lavoro. I soldi sono importanti ma è importante la sostenibilità. Oggi prima si delinea un bilancio e un business plan, poi si realizzano gli obiettivi. Lo sport abbatte ogni tipo di barriera. Quando abbiamo vinto la seconda stella sono rimasto allibito dalle migliaia di persone che sono arrivate fino al duomo: famiglie diverse che si univano tra di loro”.
Che lavoro dev’essere fatto sull’impiantistica?
“Dobbiamo trovare delle risposte nei nostri governanti, lo dico senza criticare ma non sempre ho trovato una certa sensibilità sul tema. Oggi faremo una squadra per dei ragazzi meno fortunati. Il bello della vita è questo, ovvero che lo sport è inclusione e partecipazione”.
Come mai c’è una situazione critica nel nostro calcio?
“Da dirigente dico che questa è una situazione che non ha una genesi in questi anni. L’allenatore Baldini con il Pescara ha evocato i campioni autentici del 1982. Se noi guardiamo a quei campioni rispetto ai nostri la definizione è la stessa ma la sostanza è molto diversa da oggi. L’involuzione che abbiamo oggi è dovuta a tanti fattori: sono cambiati i maestri che purtroppo sono concentrati ai risultati più che sulla crescita, mancano le strutture, manca anche una certa base dei praticanti. Io credo che si possa comunque fare bene e sono anche fautore del made in Italy, sia tra gli allenatori che i calciatori. Perché l’Italia ha fatto quella brutta figura? Me lo stavo chiedendo, forse è stata quasi peggio rispetto a quella che abbiamo fatto noi.”







