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tmw / napoli / Le Interviste
De Canio ricorda: "Ingolosito da Corbelli, due giorni dalla firma vivo un momento tragico"TUTTO mercato WEB
Oggi alle 22:10Le Interviste
di Antonio Noto
per Tuttonapoli.net

De Canio ricorda: "Ingolosito da Corbelli, due giorni dalla firma vivo un momento tragico"

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"Ne ho fatta di strada, perché ho cominciato nel 1988 a fare l'allenatore, facendo tutte le categorie, dai dilettanti alla Serie A. C'è di che essere soddisfatti". Parola dell'allenatore Luigi De Canio, protagonista di 'Storie di Calcio' a Tmw Radio.

Classe '57, la sua carriera da calciatore si svolge in gran parte in Serie C, dove inizia nella squadra della sua città, il F.C. Matera, per poi vestire le maglie di Chieti, Brindisi, Salernitana e Livorno, per poi chiudere tra i professionisti con il Pro Italia Galatina, prima di approdare al Pisticci, squadra lucana militante nel campionato di Promozione in cui comincia la carriera da allenatore, inizialmente ricoprendo il doppio incarico di giocatore-allenatore.

Poi, da tecnico, una cavalcata che lo porta nel 1997 in B alla Lucchese e poi al Pescara, con il quale sfiora la Serie A. Ma ci approda lo stesso nel 1999 con l'Udinese, con la quale finisce ottavo. Poi nel 2001 è ingaggiato dal Napoli in Serie B, dove arriva quinto. Dopo le parentesi Reggina e Genoa, due stagioni al Siena, che riesce a salvare in entrambe le occasioni, mentre successivamente arriva anche l'esperienza in Inghilterra al QPR. Poi il ritorno in Italia, dove si siederà sulle panchine di Lecce (che riporta anche in Serie A), Genoa, Catania, Udinese e Ternana.

"Nel calcio semi-professionistico di Serie C si faceva molta difficoltà - ha spiegato De Canio, che è partito dai suoi esordi -. Quando mi sono accorto di non essere un calciatore di un certo livello, ho pensato che il futuro nel calcio poteva non essere per me. Ma sono sempre stato curioso, quindi in quegli anni leggevo tutto ciò che riguardava il calcio. C'era grande fermento a livello tecnico e tattico e io leggevo, mi informavo, mi costruii una mia idea di calcio, che però non pensavo di poter portare avanti. Ebbi l'opportunità di lavorare in banca, ma un presidente mi disse di non fare questo errore e mi ha spinto nel continuare col calcio, perché era sicuro che sarei arrivato in Serie A. Io ne ero meno convinto, a dire il vero, però mi ero costruito una base solida, sotto il piano della preparazione teoria e pratica. E poi, anno dopo anno, sono riuscito a crescere, fino ad arrivare nel 1999 in Serie A". E di quegli inizi ricorda anche un episodio molto particolare. "All'inizio mi offrirono anche una panchina in C1, ma un direttore mi disse che poi sarebbe andato lui in panchina a dirigere la domenica e che avrebbe fatto lui la formazione. E rifiutati".

E ha continuato: "Dopo i dilettanti volevo cercare di arrivare in alto, perché quella doveva essere il mio obiettivo. E poi la voglia anche di essere qualcuno. Anno dopo anno ho affrontato sfide particolari nelle varie categorie, ho fatto anche l'allenatore-manager per la prima volta a Carpi, perdendo anche qualche occasione di promozione per un soffio. L'approdo in Serie A è avvenuto all'Udinese, dove ho avuto la fortuna di allenare una squadra forte, con giocatori importanti come Locatelli, Muzzi, con la quale siamo stati anche in testa per un mese quasi. Era un calcio stellare, perché ogni squadra aveva dei grandissimi campioni. Tutti i calciatori più importanti erano in Italia, ed era difficile. L'Udinese, prima con Zaccheroni e poi con Guidolin, si era guadagnata il suo posto dopo le sette sorelle. E io arrivai dopo Guidolin, in un momento in cui serviva fare una rifondazione. Mi ricordo che quando firmai il contratto, Pozzo mi disse che era di tre anni ma che ne portava solo uno, perché non voleva rischiare, vista la mia poca esperienza a quei livelli. Dopo 18 giorni di ritiro invece venne Marino e mi disse che avrebbero depositato anche gli altri due anni di contratto. Credo abbia influito il giudizio dei calciatori, convinti dalle mie idee".

Poi l'approdo al Napoli: "Fui messo in contatto con Ferlaino, con il quale rimandai in attesa di capire se rimaneva in A o meno. Purtroppo la squadra retrocesse, io fui esonerato dall'Udinese perché pensavano che mi fossi promesso a qualche squadra durante un periodo non brillante, ma non era così, mi chiamò di nuovo il Napoli e mi propose due anni di contratto. Corbelli mi ingolosisce, perché poteva creare una squadra stellare per la Serie B e riportare il Napoli in A ad alti livelli. Accettai di scendere di categoria. Dopo due giorni dalla firma capisco le reali condizioni della società e vivo un momento tragico, perché penso di aver fatto un errore clamoroso. Ma alla fine accettai la sfida e per un pelo non ritornammo subito in Serie A. Fu un periodo difficile, con l'alluvione che ci portò fuori dal nostro stadio, poi i problemi finanziari, c'erano grandi difficoltà ma alla fine fui un punto di riferimento per quei ragazzi".

E ha ricordato la sua esperienza al QPR di Briatore ed Ecclestone, due conoscenze del mondo della F1: "Ero a Londra perché ero la voce tecnica delle partite di Champions League per Mediaset. Ero lì per Chelsea-Real Madrid e ricevetti una telefonata da Briatore. Pensavo fosse uno scherzo, ma alla fine venne a prendermi qualcuno all'aeroporto e mi portarono da Briatore. Mi spiegò il progetto, pensai che fosse arrivato il momento anche per me per la grande occasione ed accettai con entusiasmo. Partii dalla Serie B praticamente. Briatore è stato un uomo eccezionale, aveva molto rispetto del mio ruolo, voleva sapere, abbiamo avuto un rapporto splendido".

Sicuramente l'esperienza più importante a Siena, dove ha avuto come collaboratore un certo Antonio Conte: "Perinetti mi chiamò a gennaio 2005 perché erano penultimi in classifica, Simoni non stava bene e spesso doveva lasciare al secondo. Per questo cambiarono tecnico e mi dissero di non portare se non un secondo e di lavorare con lo staff che già c'era. Avevo però dato la mia parola a Ventrone e gli dissi che se salvavo la squadra, mi sarei portato tutto lo staff mio. Così fu e Ventrone mi consigliò di portarmi dietro Conte, che aveva appena smesso di giocare. Avere persone di qualità attorno per me è solo un modo per fare meglio il mio lavoro, per questo gli dissi sì e convinsi anche Perinetti. Conte mi chiamò per un colloquio e mi chiese di utilizzarlo non solo per mettere i birilli in campo. E io gli dissi che sarebbe stato accanto a me per fare l'allenatore. E così è stato. Io ascoltavo le sue idee, spesso ce le scambiavamo e lavorammo molto bene. Spesso lavorava con i difensori, poi con i centrocampisti, lavoravamo entrambi scambiandoci i reparti. Era un mastino già all'epoca. Mi ricordo la sua determinazione, la sua forza nell'imporsi con i giocatori. E qualche volte qualche scontro verbale ci fu con Tudor, che avevo in rosa". 

E ha concluso dicendo: "Il più forte che ho allenato ma che non è esploso veramente, perché è stato molto sfortunato, è Ciro Caruso, ragazzo della nidiata di Cannavaro, giocava nel Napoli Primavera da difensore centrale. Ha avuto una carriera frenata da una miriade di infortuni gravi. Per me era un fenomeno vero".