Clemente di San Luca a TN: "La “associazione di fatto a violare le regole” è in piena attività"
Guido Clemente di San Luca, Docente di Giuridicità delle regole del calcio presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università Vanvitelli, analizza così l’ultima giornata di campionato soffermandosi nello specifico sul contatto Di Lorenzo-Mkhitaryan in Napoli-Inter: "La liturgia della parola presentava il brano della lettera a Timoteo in cui San Paolo profferisce la famosa frase «Ho combattuto la buona battaglia», ed il Vangelo di Luca con la altrettanto celebre parabola del fariseo e del pubblicano. Mentre pregavo, pensavo – certamente in maniera profana e forse rasentando il sacrilego – che quelle parole mi confortassero, esortandomi a continuare nell’impegno per la legalità, e contro l’ipocrisia, nella interpretazione ed applicazione delle regole del calcio. Orbene, è sempre meno garantita la fair competition, una competizione leale e corretta, che si esplichi nel rispetto delle regole.
Sabato sera, in Napoli-Inter, Di Lorenzo, smarcato da un tacco geniale di Anguissa, si trova davanti alla porta, alle sue spalle Mkhitaryan, che lo sbilancia toccandolo all’altezza del polpaccio della gamba sinistra allargata per difendere il pallone. Una dinamica lineare, inequivocabile. Parlare di «rigorino» significa mestare nel torbido. Il lemma è letteralmente una invenzione giornalistica, asseverata da ex calciatori ed ex arbitri, tutti tesi a difendere un calcio che da tempo (per fortuna) non c’è più, fatto com’era di abusi (non si possono più sopportare, per saccenza e solo presunta competenza, i loro commenti in tv – conditi da espressioni tipo «Questo non è calcio» – degli episodi concernenti decisioni arbitrali, essendo privi di ogni minima conoscenza giuridica), così compiacendo il designatore Rocchi, che s’è espresso a chiare lettere nel senso che «non gli piacciono». Come se fosse giuridicamente rilevante che gli piaccia o meno.
Il contatto è obiettivo ed integra, senza spazi di interpretazione, la contemplata fattispecie della «negligenza», che consiste – come recita espressamente la Regola 12 – in una «mancanza di attenzione o considerazione nell’effettuare un contrasto», ovvero che il calciatore agisca «senza precauzione». Certo, non si può sottacere che sia stata poco lineare e un po’ pasticciata la procedura per pervenire alla decisione. Ma nulla toglie al fatto, non discutibile, che questa sia stata corretta. E invece ecco insorgere compatta la “associazione di fatto a violare le regole”.
Occorre ribadire con forza che il sistema arbitrale nel suo complesso non ha alcuna capacità regolatoria, nessun potere legale per alterare il quadro normativo vigente (e finge di non saperlo, tranne poche virtuose eccezioni, inibite dal potere nell’esprimere dissenso). Le indicazioni per l’applicazione delle regole in dispregio del dettato di queste sono un evidente meccanismo illegittimo per integrare l’assetto regolativo, modificandolo secondo convenienza. Le fattispecie fallose sono tipizzate dal Regolamento e gli arbitri non possono creare diritto, non ne hanno il potere. Dovunque, sulla carta stampata, alla RAI, a Dazn, a Sky, passa una linea sovversiva delle regole. Ed è incredibile l’approccio che tutto ciò alimenta sui social: «Il Napoli è la nuova Juventus!». Da restare sbalorditi. A ben vedere, invece, l’arbitro Mariani ha diretto la gara in palese favore dell’Inter (ha ammonito praticamente solo calciatori azzurri; ha illegittimamente risparmiato il giallo ad almeno tre interisti, compreso Lautaro per la lite con Conte; ha sollecitato il portiere azzurro a non perdere tempo, con una solerzia che mai si vede, fino ai limiti della persecuzione). Secondo i vertici AIA – questo sembrerebbe abbiano concluso – andrebbe sanzionato, al pari dell’assistente e del VAR. Intollerabile.
Stando alla regola, non c’è margine interpretativo: oggettivamente l’intervento di Mkhitaryan è da calcio di rigore. Come provai a spiegare lo scorso anno allo stesso mister Conte (v. pezzo su TuttoNapoli del 23/11/2024), bisogna distinguere l’accertamento del fatto (il contatto) dalla sua qualificazione giuridica (se il fatto conclamato è falloso o no): in Inter-Napoli di un anno fa, il contatto tra Dumfries e Anguissa fu inopinabilmente falloso. È inaccettabile che adesso si commentino diversamente i due episodi. Purtroppo, nelle mani di personaggi che, se non peccano d’ignoranza, sono in malafede, la legalità viene violata. La verità è che la classe arbitrale vuole continuare a detenere potere al di là delle regole. Nella stessa ultima giornata di campionato, si sono avuti vari casi in cui il VAR ha illegalmente omesso di intervenire: ad esempio, tre volte a sfavore del Bologna (due falli di mano e un intervento sulla caviglia), una a sfavore del Pisa (chiaro fuorigioco attivo) e una a sfavore della Juventus (pestone incontrovertibile). Fatti il cui accertamento è stato evitato in maniera evidentemente contraria al Protocollo. Ci sono rimedi a questa deprecabile e deprimente situazione? Uno solo: combattere contro la “associazione di fatto a violare le regole”. Come? Che io sappia, pende tuttora in Parlamento una proposta di legge che prevede formalmente che gli arbitri siano pubblici ufficiali. La ratio legis è di tutelarli nei confronti dei violenti (peraltro, a questo scopo, è già stato modificato l’art. 583-quater c.p.). Ove divenisse legge, però, non sarebbe più possibile che facciano ciò che vogliono, mancando di rispettare il paradigma normativo.
Un’altra strada è quella della diffusione della conoscenza. Stiamo andando nelle varie Università italiane – siamo stati a Parma, a Urbino, a Taranto, a Roma Foro italico, a Pescara, dopodomani saremo a Bari, a gennaio a Trento, a marzo a Torino, in primavera alla Sapienza e a Messina – per tentare di mettere il fuoco dell’attenzione sull’importanza della tutela della legalità. Inoltre, sto facendo ogni sforzo per costituire un Osservatorio sulla interpretazione e applicazione delle regole del calcio, in collaborazione con diverse università anche fuori dall’Italia. Insomma, provo a non restare vox clamantis in deserto. Per concludere, siccome sovente il termine viene adoperato in modo improprio, ricordo che per «legalità» s’intende il primato della legge come espressione della volontà popolare democraticamente espressa. Mi rendo conto che oggi – nel mondo in generale e in Italia in particolare – del principio si fa strame con disarmante disinvoltura. Ma proprio perché è sempre più a rischio, nella preoccupante indifferenza diffusa, considero molto importante usare il calcio come una sorta di grimaldello per aprire le porte dell’attenzione su un tema tanto cruciale per la difesa di democrazia e libertà".






