TMW RADIO - Cacia: "Spero in una chiamata, ma non escludo di smettere"
Daniele Cacia, attaccante attualmente svincolato, ospite di TMW Radio durante 'Stadio Aperto':
Speri in una chiamata?
“Mi alleno tutti i giorni, non nascondo che capitano dei momenti in cui preferisco stare con i bambini. Provo a essere al 100% della forma ma non è facile quando lavori da solo, cerco comunque di farmi trovare pronto. È giusto sperare in una chiamata a luglio, il mondo del calcio è talmente strano che può succedere di tutto al contrario, ma oggettivamente mi sembra impossibile. Piuttosto che andare in un posto in cui non ti senti a tuo agio è meglio stare a casa con la famiglia. Non ho voglia di fare buchi nell'acqua”.
L'ultima esperienza a Piacenza?
“Volevo fare almeno altri due anni e allungare la carriera, ma paradossalmente tornando lì me la sono accorciata. Speravo che le cose andassero diversamente, ma evidentemente è destino".
A quale allenatore sei rimasto più legato?
"Ne ho avuti tanti e con alcuni mi ci sento ancora. Uno a cui mi sento più legato è Beppe Iachini: a 21 anni con lui sono esploso. È anche ascolano e io ho giocato ad Ascoli, lo ricordo ancora oggi con tanta simpatia. È una persona che stimo, mi piace e ha idee. Non escluderei neanche Mandorlini, con cui a Verona ho vinto la classifica marcatori con 24 gol. Ma posso citare anche Tedino e Diego Lopez, una grande persona”.
Ti definiscono un bomber di categoria: è più un orgoglio o un rammarico?
“Se non sono riuscito a fare in Serie A quello che ho sempre fatto nelle altre categorie qualcosa ho sbagliato. Faccio un po’ di autocritica prima. Poi ci sono altri aspetti, per esempio quando potevo arrivare in Serie A era un calcio diverso. C’erano altri attaccanti: Toni, Inzaghi, Di Natale, Vieri, Del Piero, Totti e tanti altri. Senza mancare di rispetto ai giocatori attuali, c’era altra qualità. Oggi se togliamo Immobile faccio fatica a trovare un altro attaccante italiano importante a livello internazionale. Spicca anche per numeri, è l’unico, poi ci sono Belotti, Insigne, Petagna o Zaza. C’è poco. Poi qualche infortunio al momento sbagliato mi ha frenato, per esempio prima di andare alla Fiorentina avevo tanti club importanti su di me ma sono dovuto rimanere fermo 6-7 mesi".
Con la Fiorentina hai segnato anche un gol internazionale...
"Emozionante, è stato bello. Entro e faccio gol col Rosenborg, poi la partita seguente ho fatto l'esordio in A all'Olimpico con la Roma".
Orsolini l'hai conosciuto giovanissimo ad Ascoli...
"Aveva 18 anni ed era palese che avesse qualità superiori. Inizialmente in A ha avuto delle difficoltà, mentre adesso a Bologna sembra che abbia trovato la sua dimensione".
A Verona hai giocato anche con Jorginho...
"Non ricordo quanti anni avesse, forse 22, ma già si capiva che sarebbe arrivato in un top club. Era forte palla al piede, vede la giocata, ha personalità e non ha paura. Infatti ora giustamente è al Chelsea".
Sulla Serie C:
"La C non è calcio, è un'altra cosa. Per fortuna, senza disprezzare chi ci ha sempre giocato, ci ho fatto solo una breve parentesi all'inizio e alla fine della mia carriera. Non ci sono strutture, i campi sono impraticabili e trovare degli stimoli diventa complicato. Sotto quasi tutti gli aspetti è un campionato disastroso. Ho ricevuto chiamate fino a pochi giorni fa, ma sono stato coerente e non ho accettato".
Ti aspettavi una carriera simile da Nainggolan?
"Si me lo aspettavo, era già un fenomeno a Piacenza a 16 anni. Appena lo abbiamo visto ci siamo chiesti da dove fosse venuto fuori. Scherzando mi aspettavo anche che continuasse a essere così fumantino, perché ha da sempre avuto un carattere stravagante. Lo conosco ed è un bravo ragazzo. Non dà fastidio a nessuno, ha una sua mentalità e gli piace divertirsi. La sua forza è stata proprio il tipo di vita che vuole fare".