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RIVALE | La consapevolezza di esser tornati: il Milan di Pioli
sabato 25 settembre 2021, 07:00Primo Piano
di Daniele Izzo
per Acspezianews.it

RIVALE | La consapevolezza di esser tornati: il Milan di Pioli

Dall’allenatore al top player: l’analisi della storica squadra lombarda, prossima avversaria dello Spezia

“I nostri colori saranno il rosso, perché siamo dei diavoli, e il nero, come la paura che incuteremo nei nostri avversari”. Correva l’anno 1899 quando Herbert Kilpin, ideatore, fondatore e primo allenatore del Milan, enunciava al mondo il manifesto di una società che avrebbe raggiunto onori e gloria. Oggi, dopo un periodo più ad appannaggio del grigio che del nero, della riconoscenza che della paura, l’ormai ultra-centenaria frase che diede nascita alla squadra milanese pare tornata a incider verità.

ALLENATORE – Double-face. Così si può definire l’avventura di Stefano Pioli al Milan. Ci sono un prima e un dopo Zlatan Ibrahimovic. E non poteva essere altrimenti. Non appena subentrato a Giampaolo, l’allenatore emiliano proseguì nell’impostare la squadra sul 4-3-3 che aveva caratterizzato le esperienze dei suoi predecessori, Gattuso e Montella. E, soprattutto, faticò: i risultati stentavano ad arrivare e lo storico, in negativo, 5-0 subito a Bergamo diede un primo segnale sulla necessità di cambiamento. La svolta, in tal senso, arrivò in gennaio quando la società meneghina decise di affidarsi all’usato sicuro: dentro Zlatan Ibrahimovic e Simon Kjaer, fuori Suso e Piatek, due giocatori sì bravi ma ormai ai margini del progetto. Il Milan lì, in quel preciso momento, pose le basi per tornare grande; per rientrare nell’elite della Champions League; per ripresentarsi ad Anfield con sette, doratissime, stelle sul braccio. Il merito, oltre al carisma e alla classe dei due sopracitati campioni, va a Stefano Pioli. L’ex allenatore – tra le altre – di Lazio, Inter e Fiorentina ha saputo ristrutturare la squadra dal punto di vista strategico e tattico; ha sviluppato un’idea di gioco dapprima pragmatica, poi anche votata alla ricerca dell’estetica; ha, in particolar modo, plasmato la rosa sula leadership tecnica e comportamentale di Zlatan Ibrahimovic. È lo svedese, sia in campo che fuori, a metter in ritmo tutti i compagni, a spronarli nei momenti di difficoltà, a caricarsi le spalle di responsabilità lasciando che il talento dei vari Diaz, Leao, Tonali, Bennacer e chi più ne ha più ne metta, venga fuori.

MODULO – Più che un modulo, ormai un dogma. Il Milan di Pioli è sinonimo di 4-2-3-1. Semplice ed efficace. L’addio di Donnarumma non ha causato grossi scompensi alla compagine rossonera, al pari di quello di Calhanoglu. Maignan si è da subito calato nella nuova realtà e il nome del portierone della Nazionale sembra già un lontano ricordo. Davanti al francese la linea difensiva è la stessa della scorsa stagione. Da destra a sinistra: CalabriaKjaerTomoriTheo Hernandez. In mezzo al campo, l’esponenziale crescita di Tonali e gli acciacchi del duo Bennacer – Kessié hanno fatto sì che l’ex Brescia si sia conquistato i galloni del titolare. E se, infine, a Rebic, Saelemaekers e Diaz (o in alternativa Leao e Florenzi) è affidato il compito di incendiare la trequarti, è nel ruolo di punta centrale che il Milan si è riservato due carichi da novanta: Zlatan Ibrahimovic e Olivier Giroud.

TATTICA – Dividiamo il discorso in due: fase di possesso e fase di non possesso, quando la palla ce l’hai tu e quando la palla ce l’hanno gli altri. Cominciamo dalla prima. I rossoneri di Pioli privilegiano uscite corte e dal basso: i due centrali di difesa si allargano, il mediano si abbassa per ricevere palla dal portiere e cominciare l’azione. Al contempo i due terzini scivolano alti, dando ampiezza al gioco, che si sviluppa in maniera diversa a seconda che si tratti di una o dell’altra corsia. Da una parte infatti, Calabria e Saelemaekers si scambiano in continuo la posizione, creando un tourbillon che molto spesso manda in confusione le difese avversarie. Dall’altra Theo Hernandez è un vero e proprio rullo compressore e con le sue continue, e instancabili, discese permette al compagno di fascia, Leao o Rebic, di accentrarsi e riempire l’area di rigore. Brahim Diaz, infine, è libero di spaziare su tutto il fronte offensivo e sprigionare, appena può, le sue importanti doti balistiche. Quando la palla ce l’hanno gli altri, invece, il primo pressing viene effettuato dai tre giocatori offensivi, con il trequartista che va a interrompere le linee di passaggio verso il regista avversario. Questa soluzione, solitamente, indirizza lo sviluppo della manovra sulle corsie laterali, dove Calabria e Hernandez sono avversari difficili dall’affrontare nell’uno contro uno.

TOP PLAYER – Detto di una doverosa citazione a Zlatan Ibrahimovic, il faro dell’estate rossonera è stato sicuramente Brahim Diaz. Dieci sulle spalle, carico di responsabilità fra i piedi, lo spagnolo è tornato per scrivere a caratteri importanti il proprio nome nell’ultracentenaria e gloriosa storia del Milan. Già nei primi scampoli di stagione infatti, come sottolineato da Pioli nelle scorse settimane, abbiamo avuto modo di ammirare un giocatore più pronto, sia fisicamente che tatticamente. Un jolly, funambolico e scattante, per il quale San Siro ha rispolverato il vecchio ‘Siam venuti fin qui’. Le prerogative per una stagione importante ci sono tutte.

Tirando le somme, il Milan è squadra che abbina importanti doti di palleggio a significative qualità fisiche. L’instancabile atletismo di Theo Hernandez, la precisione tecnica di Bennacer, la fisicità di Kessié e Tonali, l’infinita classe di Ibra e Giroud e gli sprazzi di magia di Brahim Diaz rappresentano la spina dorsale di una compagine in rampa di lancio sia in Italia che in Europa. Il tutto sotto l’egida di un maestro come Stefano Pioli. Attenzione allo Spezia però, che al ‘Picco’ ha già messo abbondantemente in difficoltà la Juventus. Non resta quindi che aspettare sabato pomeriggio: come sempre, sarà il verde prato ad emettere la sentenza.