
Baroni diverrà il prossimo capro espiatorio se il Torino non raggiungerà i risultati che vuole Cairo, che non si fa scalfire dalla contestazione
La sosta del campionato è finita e si ricomincia con il Torino che si presenterà domenica all’ora di pranzo al cospetto della Roma nella Capitale. Un Torino che ha un compito assegnatogli dal presedente Cairo: “Dobbiamo cominciare a fare bene, a far dei buoni risultati”. Già perché l’inizio del campionato non è stato proprio positivo, anzi: squadra non pervenuta in quel si San Siro e l’Inter ha avuto gioco facile a segnare cinque gol, e per fortuna non ha continuato a infierire altrimenti il risultato finale sarebbe stato ancora più pesante del 5 a 0. E poi perché nella seconda giornata con la Fiorentina, squadra non ancora al top, i granata non sono andati oltre lo 0 a 0. E adesso la Roma che è ha punteggio pieno avendo battuto il Bologna e il Pisa entrambe le volte di misura però è un avversario che ha già una sua identità di gioco pur avendo cambiato come il Torino allenatore e si vede già che ha assorbito i dettami di Gasperini, mentre il Torino invece deve ancora farlo e infatti è molto lontano dal modo di esprimersi in campo della Lazio che l’anno scorso era allenata da Baroni, pur tenendo conto che il tasso qualitativo dei biancocelesti era molto superiore a quello odierno dei granata. Il Torino invece con Genoa, Lecce, Cagliari, Pisa, Parma e Verona ha un punto in più del Sassuolo che sta a zero ed è ultimo in classifica. Gruppo di squadre dalle quasi usciranno, a meno di sorprese, le tre che a fine stagione retrocederanno.
La sosta del campionato ha tolto a Baroni 11 giocatori, Adams, Asllani, Coco, Gineitis, Ilkhan, Ilic, Istrael, Maripán, Masina, Pedersen e il giovane Perciun e questo non ha per niente aiutato ad amalgamare la squadra (il ritiro, dal 14 al 26 luglio, da questo punto di vista è servito a poco poiché mancavano molti calciatori chiave per il sistema di gioco che si voleva adottare) che ha dovuto cambiare modulo a ridosso dell’inizio del campionato perché non reggeva il 4-2-3-1 ed è dovuta passare al 4-3-3 andando a prendere in tutta fretta un play, Asllani, da piazzare davanti alla difesa. Per quello che si è visto finora, amichevoli estive comprese oltre alla gara di Coppa Italia col Modena e alle prime due di campionato, il Torino non ha ancora assorbito i cambi di giocatori avvenuti in estate, via Milinkovic-Savic, Ricci, Walukiewicz, Donnarumma, Sanabria più non riscattati Elmas, Sosa e Salama e andati via a parametro zero Linetty e Karamoh e arrivati Anjorin (4/7), Ismajli (8/7), Ngonge (24/7), Israel (27/7), Aboukhlal (29/7), Simeone (7/8), Asllani (25/8) e Nkounkou (1/9). E c’è da mettere in conto che Ismajli ha avuto un infortunio prima della gara di Coppa Italia e che Zapata non è ancora al top della condizione fisica dopo il lungo stop per cui, pur senza cercare alibi, ci sono state oggettive complicanze che hanno reso più spinoso il lavoro di mister Baroni e del suo staff.
Certo la batosta con l’Inter va al di là di qualsiasi difficoltà avuta e può essere un campanello d’allarme se in breve tempo i granata non trovano la quadra dando continuità ai primi miglioramenti che si sono visti con la Fiorentina. C’è un fattore che complica la situazione: il calendario a iniziare dalla gara fra due giorni con la Roma e a seguire in casa l’Atalanta (21/9) e la Coppa Italia con il Pisa (25/9) poi le due trasferte con Parma (29/9) e Lazio (4/10) prima della prossima sosta del campionato e alla ripresa in casa Napoli (18/10) e Genoa (26/10), altra trasferta col Bologna (29/10), il Pisa fra le mura amiche (2/11) e la Juventus allo Stadium (8/11).
Baroni deve amalgamare la squadra e darle un’identità e al contempo preparare partite per lo più dal tasso di difficoltà alto. Un lavoraccio con la pressione di dover fare buoni risultati. A margine della presentazione del “24° Premio Cairo”, evento di arte contemporanea, le parole del presidente Cairo, riportate da Tuttosport, non hanno lasciano dubbi su cosa pretende: “Ora dobbiamo semplicemente lavorare come sta facendo l’allenatore per riuscire a estrarre il meglio da una squadra arricchita da 8 componenti, che hanno molto potenziale, ma che probabilmente sono arrivati in uno stato di forma parziale, legato anche al fatto che sono giunti dopo aver giocato pochi minuti lo scorso anno. Ma più il tempo passa, più possono fare bene”. Ed è stato chiaro sul perché: “Se facciamo investimenti forti come ho fatto, arricchendo la squadra con un allenatore di qualità come Baroni, è perché l’obiettivo è f are meglio del anno scorso e degli anni precedenti”. Una carezza a Baroni non proprio, semmai gli ha ricordato quali risultati deve raggiungere altrimenti è evidente che diventerà il prossimo capro espiatorio, quello che è accaduto a Vanoli docet. Ovviamente non si contempla la possibilità che i giocatori presi non siano tutti di qualità, anche se nelle squadre dov’erano prima giocavano poco e niente e un motivo ci sarà pur stato, a meno che i loro allenatori fossero masochisti. E quindi pur senza dirlo esplicitamente Cairo ha posto l’obiettivo che il Torino arrivi almeno al 6° posto e che in Coppa Italia approdi alle semifinali, mai in vent’anni della sua presidenza ha infatti raggiunto nessuno di questi traguardi al più due settimi posti e quattro volte i quarti in coppa. Per cui non si può far altro che augurare (a proposito, anche se con un giorno di ritardo, Buon Compleanno) a Baroni che tutto gli giri al meglio, che i calciatori lo seguano senza mugugnare se dovranno stare in panchine e facendovi trovare prontissimi quando saranno chiamati in causa e che la buona sorte sia sempre dalla sua parte.
La contestazione dei tifosi del Toro non scalfisce Cairo, magari gli dà fastidio però non lo dà a vedere. “Le contestazioni allo stadio? Ormai è come un acufene (disturbo dell’udito che fa percepire suoni, ronzii o fischi non provenienti dall’esterno del corpo, ndr), non ci faccio più caso” ha detto ieri Cairo al Festival della Comunicazione di Camogli, frase riportata dall’Ansa. E ha spostato subito l’attenzione sul, a suo dire, mancato sostegno alla squadra, come riportato da più fonti: “Io rispetto i tifosi e le contestazioni. Quello che non funziona è contestare durante una partita, perché significa non sostenere la squadra. Se continui a dire “Cairo vattene”, “Cairo di qua, Cairo di là”, evidentemente non sostieni la squadra. Per me quella cosa lì è diventata quasi un acufene. La contestazione durante la partita è una specie di acufene: mi ci sono abituato”. Quasi a voler sminuire l’annunciata nuova marcia di contestazione nei suoi confronti annunciata dai tifosi per domenica 21 prima di Torino-Atalanta, marcia indetta dai gruppi organizzati della curva Maratona con gli Ultras in testa.
E sulla possibilità di vendere il Torino il solito ritornello: “L’ho sempre detto e lo ribadisco, non ho nulla in contrario a cedere il Torino. Sono disposto a vende, ma alla persona giusta che abbia i soldi e la voglia di fare bene” . E si è anche accomunato ai tifosi parlando della cacciata di Pianelli, il presidente dell’ultimo scudetto che risale al 1976 e delle due vittorie della Coppa Italia nel 1969 e nel 1971: “Noi tifosi del Toro non cambiamo mai .. siamo riusciti a cacciare il presidente dello scudetto Pianelli perché gli avevano rapito il nipote e aveva dovuto pagare il riscatto ... Non aveva più messo soldi nel Toro e gli abbiamo detto vattene ... Questo per dire quanto siamo difficili noi tifosi”.







