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Erik ten Hag e il Manchester United: un nuovo cammino con la benedizione di Sir Alex FergusonTUTTO mercato WEB
mercoledì 1 marzo 2023, 14:54Editoriale
di Carlo Pizzigoni

Erik ten Hag e il Manchester United: un nuovo cammino con la benedizione di Sir Alex Ferguson

Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio
Più di un quarto di secolo è durato l’incarico al Manchester United di Alex Ferguson. Ventisette anni alla guida di un club che sotto la sua gestione tecnica è diventato il più seguito del mondo, oltre ad essersi nel frattempo riempito la bacheca di trofei. Il nome del suo sostituto lo sceglie da sé, sir Alex, e opta per il concittadino David Moyes, un altro scozzese, di Glasgow che guidava con profitto da tempo l’Everton. Sarebbe finita male, con i Red Devils addirittura fuori dalle prima quattro posizioni della classifica.
Da quel 9 maggio 2013, dall’addio di Ferguson il Manchester United ha fatto fatica a ritrovare una via sostenibile, di più: credibile. Nonostante qualche trofeo alzato e una serie di tecnici di altissimo profilo che si sono avventurati su quella panchina, da Louis van Gaal a Mourinho. La disperata chiamata di un ragazzo di casa come Solskjaer alla guida della squadra, è stato l’ennesimo tentativo andato a vuoto. Il tutto mentre la città si ricolorava di celeste, col Manchester City di Pep Guardiola che non solo svettava in Premier ma che mostrava nel mondo dominio e grandezza.

A tavola con Ten Hag
L’ex sindacalista classe di ferro 1941 ha vissuto questa situazione nella maniera, sempre in tribuna ad Old Trafford, quasi come un autodafé. Quella presenza per alcuni è sembrata deleteria: non aiuta il mondo United l’essere continuamente lì, lui che quel club lo ha portato alle vette più alte, condiziona, suggestiona, leva tranquillità! Qualche sera fa, l’inossidabile Fergie è stato immortalato in un ristorante, perso in un colloquio fitto con un nuovo abitante della città. Non era lì per indicargli qualche nuovo posto da visitare a Manchester, che alla fine non è poi così brutta come la si dipinge, anzi, con la riqualificazione delle ex zone industriali è decisamente più interessanti di più della metà delle città britanniche (Londra esclusa, ovviamente). No, il colloquio verteva sull’ossessione di Ferguson, il suo Manchester United. La sua squadra che finalmente, dopo tanti anni, sembra aver intrapreso la strada per ritrovare la gloria. Il suo commensale è Erik Ten Hag, il tecnico sta costruendo quella via.

La necessità di un cambio: ecco Ten Hag
La necessità di un cambio radicale era avvertita nel club da tempo, si era individuata nella figura di un tecnico-manager come Ralf Rangnick quella chiave per cambiare anche la struttura della squadra. Il caposcuola del nuovo movimento calcistico tedesco che, secondo i media inglesi, avrebbe dovuto guidare in panchina la transizione per poi accomodarsi in tribuna e gestire il club. Non si rivoluziona una storia, o almeno non la si può ribaltare come voleva l’ex Red Bull che a poco tempo dalla nomina aveva già capito che sarebbe finita male. Dopo aver tentato di convincere Luis Enrique ad arrivare subito in città, il club ha messo l’ennesima fiche della speranza su Ten Hag, che all’Ajax aveva lavorato benissimo. Stavolta, la puntata è stata quella giusta nonostante la relativa considerazione che la stampa inglese riponeva in lui. Per il tecnico non una novità questa poca considerazione, visto che pure all’Ajax non era arrivato tra squilli di tromba, anzi. La chiamata dell’allora DS degli ajacidi, Marc Overmars era invece geniale, come quasi tutte quelle dell’ex Barça. Abbandonato l’Utrecht durante la stagione per sedere sulla panchina della Johan Cruyff Arena ha poco alla volta modellato una squadra e sviluppato un gioco che ha prodotto trofei e bellezza, con prestazioni a livello di competizioni continentali che rimangono nella mente di tanti appassionati. Le ironie sono scomparse presto ad Amsterdam e oggi a Manchester. La sua capacità di produrre un calcio fluido, il suo attacco a difesa schierata, il costante coinvolgimento di tutti i giocatori alla manovra offensiva, l’attenzione nelle fasi di transizioni negative: Erik Ten Hag è dei rarissimi tipi dei geni-lavoratori. Quegli uomini di calcio che hanno continue lampadine accese e le alimentano fino a tardi, come sanno tutti nella sede del Manchester United dove è quasi sempre l’ultimo a chiudere la porta e spegnere le luci. La passione per il suo lavoro coinvolge situazioni di campo (vedere oggi in campo lo United rimanda a principi chiari già visti in Olanda) e diversi aspetti extra.


Il caso Ronaldo, il miglioramento dei giocatori: da Fred a Rashford e Martinez
C’è infatti un altro dettaglio che lega le esperienze olandesi e inglesi: in entrambi i casi è evidente la sua dote di riuscire a incrementare il rendimento dei suoi calciatori rispetto alle stagioni passate. Le performances di Fred e Luke Shaw lo testimoniano, esattamente come il coinvolgimento nel gioco di posizione di un calciatore come Wan Bissaka, non esattamente il prototipo del lettore d’élite in campo. Nella Coppa di Lega appena sollevata, il primo trofeo dell’ultimo lustro dei Red Devils, c’è stato il sigillo di Marcus Rashford, il figliol prodigo ritrovato (25 gol e 9 assist in questa stagione non ancora arrivata a marzo), e il merito va ancora a da Ten Hag. Capitolo a parte, nemmeno troppo, la fermezza nella gestione del caso-Ronaldo, parole giuste nel momento giusto e affaire disinnescato senza ricadute sul gruppo. Gruppo che ha messo in sordina alcuni leader del passato (Maguire, che però mai è stato umiliato) per trovarne di nuovi in campo: oltre a Casemiro, che con la sua intelligenza superiore ha immediatamente trovato la medesima lunghezza d’onda del suo tecnico, sposandone in toto il progetto, c’è Lisandro Martinez. Il neo campione del mondo era arrivato con la solita etichetta del centrale difensivo troppo basso per giocare in Premier ( o per giocare in un calcio d’élite, tout court): oggi non c’è una gara in cui il pubblico di Old Trafford non gli rende tributo col coro “ argentino, argentino”. E va bene che la guerra Malvinas/Falkland è lontana, ma i rapporti tra i due Paesi, tra i due popoli soprattutto, non possono ancora considerarsi sereni.

Le urla nello spogliatoio. Come Ferguson
Nel post partita di United - Barcellona di Europa League, con la qualificazione dei Red Devils, proprio Licha ha riferito alla tv sudamericana ESPN gli urli del tecnico tra un tempo e l’altro. Una cosa alla Ferguson, insomma. Che probabilmente anche di questo avrà parlato a cena con Ten Hag, finalmente soddisfatto. Osvaldo Zubeldia, tecnico dell’Estudiantes che nel 1968 vinceva la Coppa Intercontinentale proprio battendo lo United di Best e Bobby Charlton, una volta ha detto: Alla gloria non si arriva attraversando un cammino di rose.Una frase che piace sicuramente all’uomo che lottava per i migliorare i salari nei picchetti di Glasgow e di tutta la Scozia. Ecco, questa frase è stata pronunciata proprio nello spogliatoio di Old Trafford. Era il 1968, tempo di rivoluzioni. Tutto perfettamente d’attualità a Manchester…