Grammatica: “La terza serie va verso una C élite. Il caso Rimini è un campanello d’allarme”
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Andrea Grammatica, ex direttore sportivo di Team Altamura e Ravenna, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di TMW Radio all'interno della trasmissione 'A Tutta C':
Lo svincolo dei tesserati del Rimini anticipa il mercato di gennaio?
"Sì, sicuramente è un’anticipazione di mercato, dove da una parte sono contento se tutti i tesserati troveranno una sistemazione, perché se lo meritano: sono vittime di una situazione assurda, folle, che purtroppo si ripete ogni anno e che si sapeva sarebbe accaduta. Non vorrei che qualche altra società possa fare la fine del Rimini entro la fine dell’anno, ma ormai la situazione è chiara. Mi viene da dire che ci mancava solo questo: io sono uno dei sostenitori dell’idea di accorciare la finestra di mercato, perché così lunga non serve a nulla. Ora ci mancava solo di poter fare mercato durante l’anno perché le società falliscono. Abbiamo completato il quadro della direzione che stiamo prendendo in Italia, soprattutto in Serie C. Grande dispiacere per ciò che succede a Rimini. Sono impressionato dalla voglia e dalla determinazione che questi ragazzi e lo staff hanno messo nel giocare partite con ardore, nonostante una quotidianità proibitiva. Il fatto che alcuni tesserati abbiamo trovato una sistemazione nel giro di pochissime ore, Lungobardi a Salerno, Bellodi a Picerno, dimostra che c’erano valori tecnici importanti, alcuni portati anche dalla scorsa stagione. E ricordo che il Rimini è tuttora la squadra campione in carica della Coppa Italia di Serie C. Questo dovrebbe allarmare ancora di più: non si tratta di una società parvenue, ma di una squadra che la scorsa primavera ha alzato un trofeo".
Le riforme sul numero delle squadre e sul sistema di promozioni e retrocessioni possono risolvere i problemi?
"Sinceramente non la vedo come una soluzione ai problemi, soprattutto in Serie C. Secondo me le società professionistiche sono troppe, ma perché c’è una tassazione che non si riesce a sostenere. Io però mi chiedo, e mi dispiace che nessuno abbia aperto un’inchiesta: esiste un organo in grado di controllare i passaggi di proprietà e impedire transazioni quando è evidente che non ci siano le basi? Esiste un organo che possa impedire a un club di iscriversi se presenta già una situazione debitoria? I debiti non si accumulano solo con gli stipendi, ma con tutta una serie di voci che vanno oltre la fideiussione e i controlli Covid. Questa dovrebbe essere la vera inchiesta, quella che potrebbe portare a soluzioni utili anche nella definizione del numero delle squadre. Ridurre le squadre, o cambiare il numero di promozioni e retrocessioni, può essere utile solo se si crea una lega — magari la vecchia C2, o un semiprofessionismo — che permetta di fare calcio anche a chi non ha grande forza economica, con una tassazione ridotta. Ma non è la soluzione madre. Serve permettere di fare calcio solo a chi ha saldato tutti i debiti, anche quelli verso fornitori, procure, alberghi: sono queste le voci che affossano le società. Ci sono club che continuano a fare mercato nonostante debiti enormi, perché la fideiussione copre i contratti federali. Magari hanno 4-5 milioni di debiti con fornitori, erario e altre tassazioni che non rientrano nel debito sportivo. Nel 2025, quasi 2026, è un argomento che non può essere ignorato. Ricordiamoci che, proprio riguardo al Rimini, la scorsa estate il presidente Marani aveva invitato le società in difficoltà a rinunciare all’iscrizione se non in grado di sostenere una stagione. E aveva ragione".
L’indice di liquidità è uno strumento efficace?
"Faccio un altro mestiere, ma da quello che ho capito è uno strumento utile perché verifica lo stato di salute di una società. Non so però se al suo interno vengono valutate tutte le voci che ho elencato prima. Mi auguro di sì: se no sarebbe importante ma non determinante. Le riforme devono essere fatte da chi conosce il calcio quotidianamente: segretari sportivi, amministratori delegati, direttori sportivi. Serve un tavolo operativo, non politico. Perché ogni riforma fatta finora ha trovato una scappatoia: è un grande classico all’italiana. Gli appelli sono utili, ma servono strumenti veri".
Sta nascendo una naturale divisione tra squadre di “C1” e “C2”?
"Assolutamente sì. Sta avvenendo una selezione naturale. Per chi parlava di una C élite a 20 squadre, i valori del campo stanno andando esattamente in quella direzione. Nei tre gironi vedo almeno 12 squadre di ottimo livello. La differenza è abissale. Nel girone B, che ho seguito un po’ di più, tra Ravenna, Ascoli e Arezzo e le altre c’è quasi una categoria di differenza, anche per forza economica. Lo stesso vale per Vicenza, Brescia, Lecco, Cittadella rispetto alle altre. Nel girone C è più competitivo, ci sono 6-7 squadre di alto livello. Con questi parametri si va verso una C élite da 18-20 squadre. E questo scalino si accentuerà ancora: nel girone B, secondo me, tra la seconda, terza e quarta a fine anno ci saranno oltre 10 punti di distacco, cosa rara da vedere".
Il Ravenna aveva davvero il potenziale per lottare subito per il vertice?
"Chi segue la C lo aveva capito subito: il Ravenna era in grado di lottare per il primo posto già dalla campagna acquisti e dallo spessore della proprietà.
Basti pensare al vicepresidente Ariedo Braida, che non ha bisogno di presentazioni. Il gruppo Cipriani e il gruppo Black Dag, che detiene il 50%, rappresentano una struttura societaria molto forte. Potendosi permettere profili come Okaka, Donati e Viola, sarebbe quasi offensivo chiamarla “matricola”. Avevano da subito prontezza, forza ed entusiasmo per puntare ai vertici. Penso che, insieme all’Arezzo, si giocheranno il primo posto fino alla fine. Anzi, secondo me il Ravenna ha qualcosa in più, soprattutto fisicamente, anche se ha perso lo scontro diretto. L’Ascoli sta facendo un grande campionato nonostante la partenza in ritardo, ma è un po’ più staccato. Il Ravenna lotterà per il primo posto fino all’ultimo, senza dubbio".
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