
Adrenalina azzurra: l'Italia fa l'ennesimo assist alla Fiorentina, che può sfruttare un Kean formato Mondiale
Un parto. Nove come i mesi e i gol di questo Israele-Italia. 98' che hanno ricordato a tutti il potere taumaturgico di questo sport, come la sofferenza per un gol subito o sbagliato possa cancellare, anche solo per un attimo, un altro tipo di dolore, di ben altra intensità, che da ormai qualche anno a questa parte evoca la parola Israele. Era una partita che per molti non si doveva giocare e forse in questo la difesa azzurra ha fatto atto di disobbedienza civile, non presentandosi. Per fortuna per Rino Gattuso l'attacco c'era. E c'era soprattutto il numero undici, che è tornato in versione Moise il vendicatore, quella vista l'anno scorso nella sua stagione della rinascita. Ha la stessa fame, non più di dimostrare ma di arrivare: perché c'è un El Dorado alla fine di questa stagione sportiva. C'è per tutti, ma agli occhi di Moise Kean luccica ancor di più. Gli occhi non mentono mai, diceva Tony Montana in Scarface. E in quelli di KMB stasera c'era un fuoco diverso, che punta dritto a quell'El Dorado, agli Stati Uniti, al prossimo Mondiale, a un sogno tinto d'azzurro che ha fin da piccolo, fin da quando a sei anni si ritrovava nel bar del paese abbracciato a un bandierone tricolore per festeggiare i gol di Grosso e Materazzi.
Moise quel Mondiale se lo vuol prendere: due gol in due momenti da encefalogramma piatto per i suoi, il primo ha permesso all'Italia di andare all'intervallo sull'1-1, lo ha messo a referto al minuto quarantaquattro, sfruttando una verticalizzazione da apri-scatola di Nicolò Barella e una rifinitura top di gamma dell'altro centravanti, Mateo Retegui; l'altro serve di nuovo a riacciuffare Israele, già scappato a inizio ripresa, è un graffio stile videogame, pronti-via, appena battuto da centrocampo dopo il colpo incassato da Dor Peretz, lancione in avanti, altra rifinitura (stavolta più sporca) di Retegui che genera una palla vagante su cui il numero undici si avventa come un puma d'altura, destro crudo e grezzo per il 2-2. Poi esce, al 78', partecipando soltanto da spettatore a quindici minuti di raccapriccio per tutti. Israele-Italia non è stata una partita bella, anzi. Ma proprio per la sua bruttezza, per le sue sbavature grossolane, alla fine è stata qualcosa che ha tenuto tutti incollati. Qualcosa da custodire con gelosia, da cui imparare e da cui ripartire, per gli azzurri ma non solo.
Chissà se, dal divano, avrà preso appunti (e di che tipo) Stefano Pioli. Lo dicevamo già negli scorsi giorni, dopo Italia-Estonia: il suo collega Gattuso sta anche lavorando per lui. Perché la prova del doppio nove Kean-Retegui serve anche per testare come il classe 2000 si possa trovare in un habitat molto diverso rispetto a quello che gli aveva fabbricato su misura Raffaele Palladino. Non più il solo re della foresta (e dell'area), ma le prime due risposte sono incoraggianti. E quindi, si può fare, forse anche Roberto Piccoli avrà sbobinato qualcosa della doppia lectio magistralis fatta da Retegui su 'Come giocare con e per Moise Kean'. Si riparte da qui, anche per la Fiorentina, a cui l'Italia ha fornito l'ennesimo assist. Non è un segreto, dietro alla permanenza del centravanti coi dread a Firenze c'è anche (se non soprattutto) l'El Dorado del Mondiale.
Firenze e la Fiorentina come camera d'incubazione perfetta per arrivare tirato a lucido all'estate prossima. Prima c'è però da staccare il pass per gli Stati Uniti. Kean lo sa e ha cambiato passo: cinque reti nelle ultime tre presenze in azzurro, dalla doppietta a Dortmund con la Germania a quella di stasera. Dieci in tutto in azzurro (superato Francesco Totti, altri tempi, altri avversari, altri ruoli, ma va detto). "Ha la febbre da quanto scotta" ha detto Lele Adani in commento su RaiSport, qualcuno, Flavio Tranquillo, direbbe "E' caldo come una stufa". A Firenze, già da mercoledì, tornerà un Kean carico a pallettoni, grazie all'Italia (chissà se questo basterà ai tanti tifosi viola che, per moda o per un odio ereditato, mal sopportano la Nazionale). "Questo è il bello del calcio" ha detto Moise al termine di una partita che segna uno spartiacque nella sua stagione e, probabilmente, anche nella sua carriera.







