Il manifesto del Vanolismo: nessuna lavagnetta, ma lucidità e un 'chip' da cambiare
E così è iniziata davvero. In un freddo pomeriggio di metà novembre, ecco il giorno zero del ciclo di Paolo Vanoli. Che ha già alle spalle un pari a Genova, ma da oggi ha iniziato a prendere a pieno possesso del timone al Viola Park. Con la doppia seduta in campo e con la conferenza dal Wind Media Center. Se l'intensità in allenamento è stata quella della conferenza i tifosi viola possono stare tranquilli: l'ex Torino si presenta col classico look, total black, anche gli occhiali, e ciuffo di 'manciniana memoria', anche a livello vocale è come lo avevamo lasciato a Marassi, pochi decibel rimasti dopo le urla ai suoi. Ma col microfono sotto il naso riesce comunque a parlare chiaro: "So che cos'è Firenze. Queste sfide mi motivano, mi danno energia. E soprattutto non ho paura, so che sarà lunga e difficile, infatti ho detto ai ragazzi di mantenere lucidità".
Proprio questa parola, 'lucidità', è forse la più utilizzata nell'ora e mezza di conferenza stampa. Vanoli sa di essere già stato disegnato dai più come sergente di ferro, come pungolo motivazionale, non vuole però soltanto parlare alla pancia della sua platea. E dei suoi calciatori. Perché l'impressione è che tante risposte siano rivolte a loro. Stoppa le digressioni sul mercato: "Lasciamolo stare", poi cerca di portare a tutti il suo punto di vista. Visto che, come detto, la strada è lunga e il problema è grosso, serve scomporre tutto. "Pensiamo partita per partita, a piccoli passi: è un messaggio troppo importante. Diamoci piccoli traguardi, altrimenti rischiamo per l'ennesima volta di uscire. Ai ragazzi ho detto: "Siamo qua sotto. Magari siamo anche bravi, ma siamo qua sotto".
Non fa proclami, dice, riferendosi anche alla tanto citata lavagnetta di Pioli su cui avrebbe scritto la famosa frase di Allegri, "Non servono lavagnette ora". Parla tanto di un 'chip' da cambiare nella testa del gruppo, dice che ci sta lavorando, poi si riferisce ai calciatori già come se fossero suoi figli, giustificando qualche sbandata social. Poi però punta dritto alla telecamera (e al cuore e alla testa) rispondendo su Nicolò Fagioli: "Ha grandi qualità, può fare il play o la mezz'ala. Ma non conta chi sei ora, devi dimostrare di essere forte. Io non sto dietro a vedere se uno è bravo o no, metto in campo chi mi porta i risultati".
Anche su Albert Gudmundsson, vaso di Pandora per i suoi due predecessori, non ha mezze misure: "Deve lui capire me, non il contrario. E anche velocemente. Un po' lo stesso discorso di Fagioli, sono giocatori importanti e che sono stati presi perché hanno qualità, ma bisogna cambiare mentalità. Albert è un giocatore su cui crediamo, ma ora siamo tutti sulla stessa barca. Non si può guardare l'aspetto tecnico". Avviso chiaro ai naviganti, toni allo stesso tempo quieti ma decisi. Con la conferenza di oggi ha già conquistato gran parte della piazza, visto che sui social impazza già il termine 'Vanolismo'. Ora però c'è il campo.






