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Fallo di mano e assenza VAR. Le polemiche post Inter-Juve riaprono il tema stadi al femminile
Nell’ultimo turno di campionato della Serie A Femminile, in una delle sfide più sentite d’Italia, è salita agli onori della cronaca l’assenza del VAR con tutte le conseguenze del caso. Al 15° di Inter-Juventus, il derby d’Italia, Linda Sembrant ha infatti sbloccato la sfida su azione d’angolo anche grazie all’aiuto di un tocco di braccio prima di ribadire il pallone in rete da due passi. Un gol che è stato convalidato dalla terna, che non si è accorta della possibile infrazione, fra le proteste delle giocatrici nerazzurre e anche dell’allenatrice Rita Guarino, ex della gara, che nel post partita ha parlato così: “Episodi? Di sospetto c'è poco. Cosa commentiamo a fare, non ha senso".
E in effetti dai vari video, compreso quello della Divisione Femminile (che trovate qui), il tocco appare evidente anche se l’arbitro è coperto da varie giocatrici e ha la visuale ostruita non riuscendo a cogliere il fallo. Un errore che con il VAR sarebbe stato facilmente rimediabile e che invece in sua assenza ha fatto scoppiare le polemiche e attirato l’attenzione dei grandi media, anche di quelli che molto di rado dedicano spazio al calcio femminile. Potere delle polemiche, che fra Juve e Inter non mancano mai, e probabilmente anche di una domenica senza calcio maschile (Nazionale a parte).
Un errore che però riapre il dibattito sulle strutture visto che molti club continuano a disputare le loro gara interne o nei propri centri sportivi o in stadi minori – il Parma fa eccezione giocando al Tardini – dove l’implementazione della tecnologia è di difficile realizzazione oltre che un ulteriore costo. Motivo per cui il VAR non viene usato in questo campionato, come accade in Serie C a livello maschile, segnando un profondo solco con le due massime categorie calcistiche europee e motivo per cui quando le nostre squadre – come accaduto alla Juve lo scorso anno o alla Roma in questo – accedono ai quarti di finale di Women’s Champions League sono costrette a cercare uno stadio adeguato (col calendario che non sempre può sorridere aprendo le porte dello stadio della prima squadra maschile tanto che in caso di semifinale le giallorosse sarebbero costrette a migrare lontano dal Lazio con tutta probabilità). Per questo servirebbe un ulteriore passo avanti e, in ottica futura, pensare a impianti che seppur piccoli possano essere dotati della tecnologia per evitare di tornare indietro anziché avanzare e dare spazio anche al femminile a proteste e sospetti.
E in effetti dai vari video, compreso quello della Divisione Femminile (che trovate qui), il tocco appare evidente anche se l’arbitro è coperto da varie giocatrici e ha la visuale ostruita non riuscendo a cogliere il fallo. Un errore che con il VAR sarebbe stato facilmente rimediabile e che invece in sua assenza ha fatto scoppiare le polemiche e attirato l’attenzione dei grandi media, anche di quelli che molto di rado dedicano spazio al calcio femminile. Potere delle polemiche, che fra Juve e Inter non mancano mai, e probabilmente anche di una domenica senza calcio maschile (Nazionale a parte).
Un errore che però riapre il dibattito sulle strutture visto che molti club continuano a disputare le loro gara interne o nei propri centri sportivi o in stadi minori – il Parma fa eccezione giocando al Tardini – dove l’implementazione della tecnologia è di difficile realizzazione oltre che un ulteriore costo. Motivo per cui il VAR non viene usato in questo campionato, come accade in Serie C a livello maschile, segnando un profondo solco con le due massime categorie calcistiche europee e motivo per cui quando le nostre squadre – come accaduto alla Juve lo scorso anno o alla Roma in questo – accedono ai quarti di finale di Women’s Champions League sono costrette a cercare uno stadio adeguato (col calendario che non sempre può sorridere aprendo le porte dello stadio della prima squadra maschile tanto che in caso di semifinale le giallorosse sarebbero costrette a migrare lontano dal Lazio con tutta probabilità). Per questo servirebbe un ulteriore passo avanti e, in ottica futura, pensare a impianti che seppur piccoli possano essere dotati della tecnologia per evitare di tornare indietro anziché avanzare e dare spazio anche al femminile a proteste e sospetti.
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