Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
tmw / inter / Editoriale
La prossima Inter e la volgaritàTUTTO mercato WEB
giovedì 26 maggio 2022, 08:00Editoriale
di Lapo De Carlo
per Linterista.it

La prossima Inter e la volgarità


A stagione finita abbandoniamo il sentiero della sospensione, dei giudizi al lordo e dedichiamoci ad una definizione netta delle cose interiste.
Inzaghi ha finito una stagione dopo la quale ha portato a casa due trofei ma perso il titolo più importante e alla portata. Il tecnico è bravo ma deve crescere in termini di scelte e coraggio. La gestione del derby e le relative sostituzioni hanno demolito le certezze in una gara ampiamente controllata. Inzaghi negli ultimi venti minuti ha tolto i migliori in campo: Calhanoglu, Brozovic e Lautaro, per mettere Vidal, Di Marco e Sanchez e condannandosi ad un suicidio sportivo che ha ridefinito il torneo. Ha sbagliato anche la gestione mentale di Bologna-Inter nella quale la squadra è entrata in campo dominante ma svuotata e ha perso inspiegabilmente, restando costantemente nell’area avversaria ma senza creare troppe occasioni. Dall’altra ha portato un gioco entusiasmante e ha saputo cambiare pelle con la Juventus, affrontandola con atteggiamenti tattici sempre diversi e vincenti.
I due trofei non erano affatto scontati e ha riportato in casa la Coppa Italia, che mancava dal 2011. Inzaghi è’ al suo primo anno in un club che lotta per qualcosa di importante e, se facciamo un parallelo, Conte, che aveva Lukaku, alla sua prima stagione, non ha vinto niente.


La scorsa stagione l’Inter ha vinto lo scudetto e, nemmeno 12 ore dopo, erano partite le sirene d’allarme sul destino del club e la sua competitività futura. Gli scenari preconizzati erano pessimi perché Zhang non poteva pagare stipendi e i fornitori, figuriamoci fare mercato. L’addio di Conte, un anno prima del contratto, con tanto di buona uscita, la cessione di Hakimi, l’incredibile vicenda di Eriksen e il danno definitivo recato da Lukaku. Eppure con l’arrivo di Dumfries, Dzeko (anni 36), Calhanoglu, Di Marco e Correa al posto dei giocatori citati, si è creata la pretesa di un Campionato che “poteva solo sfuggire all’Inter”.
Un anno dopo la proprietà Suning non è uscita dall’equivoco e Steven Zhang parla attraverso algidi video comunicati molto più realistici del passato quando evocava la conquista del mondo, nel quale parla di sostenibilità e competitività.


Fidarsi di Marotta, Ausilio e Baccin è giusto anche se non sono mancati gli errori, come quello di Correa e Caicedo, ma nel complesso la dirigenza nerazzurra, anche considerando lo scenario nel quale opera, sta facendo cose straordinarie.
L’Inter di quest’anno non ha vinto a causa di una panchina con nomi importanti ma usurati e in alcuni casi nemmeno impiegati (Kolarov, Caicedo, Vecino, Vidal, Sanchez, Ranocchia che pure ha risposto bene quando chiamato in causa), Sensi è stato ceduto senza essere sostituito, Radu ha fatto un danno quando chiamato in causa, Gagliardini non è migliorato e non è comunque un giocatore di qualità. Bene Darmian e D’Ambrosio ma non ci sono stati giovani lanciati. L’unico era Satriano dato in prestito. La prossima panchina dovrà avere più spessore e freschezza. Manca una punta di riferimento. Milan, Juve, Napoli e Roma hanno Leao, Giroud, Vlahovic, Osimhen e Abraham. All’Inter manca un giocatore che abbia quelle caratteristiche fisiche e permetta di depositare il pallone quando bisogna gestire la partita. Lo scudetto è stato perso proprio perché l’Inter ha perso e pareggiato spesso gare nelle quali era in vantaggio. L’anno scorso le chiudeva Lukaku, con Lautaro, quest’anno non aveva nessuno a cui appoggiarsi. La società lo sa.
Chiusura dedicata alla volgarità dei festeggiamenti per lo scudetto del Milan. Toni inediti, per numero di striscioni esposti, cori contro un giocatore dell’Inter incoraggiati da parte di Ibra, ma anche insulti verso i tifosi dell’Inter, persino striscioni pieni di volgarità fuori dai balconi.
L’insensatezza del fatto risiede in un contesto generale che riguarda il tifo e i media, i quali rilanciano la grettezza dell’insulto senza prendere posizione e con colleghi che mettono i giocatori sullo stesso piano dei tifosi.
Dunque indignarsi per gi insulti e l’assenza di sportività da ora è “falso moralismo”, perché in passato l’hanno fatto anche altri. E’ una conclusione tanto ipocrita quanto infantile. Una giustificazione simile a quei genitori che perdonano tutto ai propri figli.
Il Milan non è ovviamente circoscrivibile al comportamento dei suoi tesserati.
Il problema è culturale, il livello sempre più basso al quale l’informazione italiana guarda con indifferenza, in un’umanità di persone i cui riferimenti sono solo la propria squadra, a cui interessa poco o niente del gioco del calcio e pratica linguaggi corti e sincopati, non sanno esprimersi se non con disprezzo, non capiscono il senso delle argomentazioni e dunque odiano, propongono frasi fatte, faziose o mettono like, incapaci di esprimere valori di rispetto.
Tra qualche anno se l’Inter vincerà uno scudetto e i suoi tifosi ricorderanno quello che è successo domenica, magari faranno anche di peggio.
Il tema è questo, non “anche gli altri lo hanno fatto” o “non ricordo che ti sia indignato in passato” o ancora “falsi moralisti”, pronunciato anche da persone che avrebbero strumenti importanti per essere ascoltati.
Oggi conta il like in più e farsi due risate grattandosi la pancia.