
Critiche fuori tempo sull'Inter e una domanda a Oaktree
Faccio fatica a dover fare la parte che non mi appartiene dell'ottimista. In effetti quello che sto scrivendo non intende essere un trattato visionario sul valore della fiducia.
Ci sono tanti elementi che non sfuggono, nonostante l'incessante mutamento dell'attualità nerazzurra. Le troppe variazioni invecchiano ogni giudizio ma c'è una costante “intertriste” che giusto ieri ha compiuto un mese. Dal 18 maggio, precisamente il minuto immediatamente successivo al termine di Inter-Lazio, ad oggi è calata un' atmosfera terrea, plumbea, un sentimento di assoluta negatività che ha pervaso lo spirito dell'ambiente interista, contagiando tutti, giocatori compresi.
Fin qui tutto normale
Il fatto è che la maggior parte degli scoraggiati sono gli stessi che non vedevano altro orizzonte se non quello solare, gioioso, positivo prima di quel 18 maggio.
Se solo si imparasse a essere tifosi entusiasti che parlano di Inter con la giusta dose di critica, invece di ricorrere a mantra come "bisogna crederci", salvo poi cedere al tafazzismo.
Partiamo dalla pesantezza fisica e mentale della squadra.
Quella vista col Monterrey era una squadra che aveva principi tattici ereditati da un lungo percorso iniziato con Conte e rifinito da Inzaghi.
Era una formazione con tanti giocatori arrivati fuori forma, in momenti diversi, infortunati (Calhanoglu, Dumfries, Bisseck, Pio Esposito), trattenuti in Patria dalla guerra (Taremi) o reduci da un infortunio (Thuram).
Alcuni appena arrivati dalle rispettive nazionali (Barella, Bastoni, Dimarco), altri aggregati (Sebastiano Esposito), un nuovo tecnico che sta
lavorando da una settimana e che non sta iniziando una stagione nuova ma portando a termine quella vecchia.
La preparazione fisica non c'è ancora stata ed è evidente che nessuno si è davvero riposato.
Eppure qui si parla di mezza squadra da vendere, Chivu non bene all'esordio, tanti tifosi che lamentano il fatto che il nuovo tecnico adotti lo stesso sistema di Inzaghi e faccia cambi tardivi.
Di più: Marotta male, società confusa, Oaktree un fondo che nn vuole spendere e potrei andare avanti con una visione del tutto parziale come quella che sto rappresentando attraverso i commenti, perchè molti di questi partono da presupposti reali ma portati all'estremo.
Per intenderci ho pensato subito che Marotta non avrebbe dovuto introdurre Chivu dicendo "non è un ripiego" facendo riferimento al fatto che qualcuno lo ha scritto.
Al contrario mi aspetto che la società si mostri lucida e dia un messaggio diverso, partendo da una comunicazione tipo: "abbiamo scelto Chivu perchè..."
La mia riflessione sull'Inter attuale è che il nuovo corso dei giovani è corretto ma non deve essere integralista. Serve anche un giocatore importante, di grande qualità perché i profili che si stanno scandagliando sono interessanti, ma per restare vincenti non serve solo abbassare l’età media. La società ad esempio non prenderà in attacco Thomas Muller ed è un vero peccato perché un attaccante stile Dzeko, della stessa età quando arrivò a Milano, di grande esperienza e affidamento sarebbe importante e tutti sanno che se al posto di uno tra Taremi, Arnautovic e Correa ci fosse stato persino il bosniaco a 39 anni l’Inter avrebbe vinto lo scudetto. Puntare su Bonny o un giocatore come Hojlund implica rischiare l’investimento su giocatori giovani ma dal rendimento ancora ignoto. Per questo chiedo alla società e a Oaktree se non ha senso acquistare anche giocatori che possano dare una continuità di rendimento e contribuire a generare ulteriori ricavi, oltre a prendere asset di età inferiore ai 23 anni.
Manca anche un interditore. L’Inter non dispone di un incontrista, anche uno che entri a gara in corso. Tatticamente Chivu cambierà qualcosa ma resta sempre fondamentale qualcuno che entri nel momento di difficoltà, quando i giri si abbassano e faccia legna a metacampo. Sono considerazioni. Quanto alla fiducia nella società mi riesce impossibile non averla, al netto degli errori che possono essere commessi ma che hanno portato l’Inter ai vertici, nonostante un debito che soffoca il club da 15 (quindici!) anni.






