
Esposito non è solo uno dei tanti, è già l'attaccante che serviva all'Inter. E Chivu ha quello che mancava a Inzaghi
Era solo questione di tempo. Chi conosce Francesco Pio Esposito, chi lo ha seguito dai tempi delle giovanili dell’Inter e della Nazionale, non è sorpreso dal suo primo gol in Serie A. Sorprende, semmai, che ci fosse ancora qualcuno pronto a etichettarlo come troppo acerbo, come 'il fratello di Seba, o peggio ancora come l’ennesimo giovane che vive di hype social. Il colpo di testa che ha chiuso Cagliari-Inter non è soltanto un episodio da ricordare negli album personali: è la conferma che Esposito è già un giocatore da Inter, e che ridurlo a un “progetto” o a una “scommessa” è non aver visto davvero le sue partite.
Il gol al Mondiale per Club contro il River Plate aveva già dato un indizio chiaro. Non contava la competizione, non contava l’etichetta di “amichevole di lusso”: contava il fatto che a 20 anni, in una cornice internazionale, Esposito aveva dimostrato di saperci stare. E lì, in America, è maturata la convinzione che il ragazzo non fosse più soltanto il prospetto interessante, ma un’alternativa concreta alla coppia Lautaro-Thuram.
Ajax, Sassuolo e infine Cagliari: tre partite consecutive in cui Esposito ha fatto intravedere quello che chi lo conosce sapeva già. Non è un centravanti che aspetta il pallone per segnare: è un attaccante moderno, che gioca spalle alla porta, che difende il pallone con una naturalezza rara, che regala appoggi preziosi ai compagni e che soprattutto non perde mai la fame. La fame di chi non si arrende a un contrasto, di chi lotta su ogni palla come se fosse l’ultima.
La verità è che Esposito non aveva bisogno del gol di Cagliari per guadagnarsi la fiducia di chi guarda le partite con attenzione. Serviva, piuttosto, per zittire chi lo aveva già bollato come sopravvalutato, spesso basandosi su algoritmi e valutazioni da applicazioni statistiche. Numeri che raccontano solo una parte, ma che non possono restituire il lavoro oscuro di un centravanti che si sbatte per la squadra.
Chi giudica un giovane solo sulla base delle cifre non ha compreso che l’Inter non sta coltivando un bomber tradizionale, ma un attaccante totale. E che un club come quello nerazzurro, che negli anni recenti ha spesso faticato a trovare seconde linee affidabili, ha finalmente un ragazzo che non fa rimpiangere i titolari quando viene chiamato in causa.
C’è anche un lato romantico in questa storia. Il primo gol in Serie A è arrivato davanti al fratello Sebastiano, che appena pochi giorni prima, dopo Ajax-Inter, aveva invocato pubblicamente la rete del fratellino. Detto, fatto. Non serve retorica per capire che questo legame familiare, questo filo che unisce due percorsi paralleli, aggiunge valore emotivo a un momento già storico.
La parola d’ordine è equilibrio. Non serve caricarlo di pressioni, ma nemmeno trattarlo come fragile cristallo. Esposito ha dimostrato di avere testa, mentalità e fisico per reggere questo palcoscenico. Il compito di Chivu sarà quello di centellinare i minuti e accompagnarne la crescita, senza però negargli responsabilità. Perché a volte i giovani hanno bisogno di sentirsi parte integrante del progetto, non semplici comparse da proteggere.
Il gol al Cagliari è solo l’inizio. Non di una favola, ma di una carriera che può essere costruita mattone dopo mattone. E a chi ancora si chiede se Esposito sia pronto per l’Inter, la risposta è già arrivata: Pio Esposito è l'attaccante che serviva all'Inter e Chivu, rispetto a Inzaghi, può contare su un reparto offensivo incredibilmente completo ed eterogeneo (da non dimenticare Bonny), che possa non far rimpiangere i titolari Lautaro e Thuram quando saranno costretti a stare fuori o a riposare.







