
Benvenuti nel calcio del futuro di Flick. L'ossessione del Gegenpressing e l'addio al Tiki Taka
C'era una volta il Tiki Taka. La fase ragionata, avvolgente e ossessiva, tambureggiante e strabiliante per qualità e quantità. Per la capacità di abbinare le due componenti fondamentali della filosofia di Pep Guardiola: lo spazio e il tempo. Parte da questi due elementi tanto astratti quanto assoluti e concreti la più grande rivoluzione moderna del pallone. Adesso, con Hansi Flick, siamo letteralmente davanti al calcio del futuro, almeno per chi se lo potrà permettere.
Il caposaldo di questa filosofia i meno avvezzi al futbol della Liga l'hanno ammirato nella gara Champions contro l'Inter. In brevissimo: il rifiuto della presenza del pallone nella propria metà campo. Attorno a questo è costruito tutto l'impianto di gioco. Un Gegenpressing feroce e costante, non a strappi e a fasi di gioco ma costante, inesauribile. L'aggressione totale con i dieci nella metà campo avversaria e la linea difensiva sul cerchio di centrocampo, al più. La retroguardia gioca a 51,2 metri in media dal proprio portiere, pari a quella del Manchester City (guarda un po'). Tantissimi fuorigioco forzati, il Clasico dello scorso ottobre portò per esempio il Real in fuorigioco ben 12 volte. Un pressing a U in fase alta: gli esterni, Raphinha e Yamal, attacco i centrali da fuori a dentro, la punta e il trequartista marcano i mediani avversari. Pressing non negoziabile, totale, coordinato. E in caso di pallone perso, subito contropressione: i giocatori più vicini alla sfera applicano subito pressione con ferocia, quelli più lontani cercano di frapporsi nelle linee di passaggio. Un 'pressing after loss' che per percentuali di riuscita (e tentativi) non ha eguali nella storia, con mediani e terzini che hanno un ruolo focale negli intercetti al centro o sul lato cieco degli esterni avversari.
Non solo: all'interno di questa rivoluzione del pressing totale feroce e costante, Flick gioca con una marcatura a zona. Struttura compatta, organizzata, il rifiuto della marcatura a uomo per evitare di dare punti di riferimento. Così il Barcellona vuole forzare la giocata verticale del portiere o del difensore, puntando poi sul recupero in palla alta o sul fuorigioco. E in caso di linea di pressing superata? Flick attiva il 'mid block', col trequartista che gioca tra i mediani, gli esterni che corpono fasce o pressano terzini e poi tantissimo movimento sulle linee di passaggio. Il punto debole? Lo abbiamo visto all'andata: il contropiede, la transizione offensiva rapida avversaria a cercare la sponda della punta che sappia allargare sull'esterno (Dumfries, Dimarco). Flick cercherà così contromosse anche su quello ma è uno dei punti deboli sui quali ha sempre faticato in stagione. Anche nel suo calcio del futuro.
Il caposaldo di questa filosofia i meno avvezzi al futbol della Liga l'hanno ammirato nella gara Champions contro l'Inter. In brevissimo: il rifiuto della presenza del pallone nella propria metà campo. Attorno a questo è costruito tutto l'impianto di gioco. Un Gegenpressing feroce e costante, non a strappi e a fasi di gioco ma costante, inesauribile. L'aggressione totale con i dieci nella metà campo avversaria e la linea difensiva sul cerchio di centrocampo, al più. La retroguardia gioca a 51,2 metri in media dal proprio portiere, pari a quella del Manchester City (guarda un po'). Tantissimi fuorigioco forzati, il Clasico dello scorso ottobre portò per esempio il Real in fuorigioco ben 12 volte. Un pressing a U in fase alta: gli esterni, Raphinha e Yamal, attacco i centrali da fuori a dentro, la punta e il trequartista marcano i mediani avversari. Pressing non negoziabile, totale, coordinato. E in caso di pallone perso, subito contropressione: i giocatori più vicini alla sfera applicano subito pressione con ferocia, quelli più lontani cercano di frapporsi nelle linee di passaggio. Un 'pressing after loss' che per percentuali di riuscita (e tentativi) non ha eguali nella storia, con mediani e terzini che hanno un ruolo focale negli intercetti al centro o sul lato cieco degli esterni avversari.
Non solo: all'interno di questa rivoluzione del pressing totale feroce e costante, Flick gioca con una marcatura a zona. Struttura compatta, organizzata, il rifiuto della marcatura a uomo per evitare di dare punti di riferimento. Così il Barcellona vuole forzare la giocata verticale del portiere o del difensore, puntando poi sul recupero in palla alta o sul fuorigioco. E in caso di linea di pressing superata? Flick attiva il 'mid block', col trequartista che gioca tra i mediani, gli esterni che corpono fasce o pressano terzini e poi tantissimo movimento sulle linee di passaggio. Il punto debole? Lo abbiamo visto all'andata: il contropiede, la transizione offensiva rapida avversaria a cercare la sponda della punta che sappia allargare sull'esterno (Dumfries, Dimarco). Flick cercherà così contromosse anche su quello ma è uno dei punti deboli sui quali ha sempre faticato in stagione. Anche nel suo calcio del futuro.
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