
Inter, e adesso Inzaghi? Prima la gran finale, poi si chiarirà il futuro
Vince il Napoli e l’Inter ricarica le pile, in una domenica nella quale avrebbe voluto festeggiare lo scudetto ma non può. Il campionato è andato come è andato, la finale di Champions League è la chiave cifrata per decodificare il significato di questa stagione. Resterà più che positiva, anche solo per il dato economico dei milioni di euro portati in cassa: chi scrive altro non ha chiaro dove sta andando il calcio moderno. E quanto sia complicato, forse fuori portata, il lavoro chiesto a Simone Inzaghi, cioè provare a vincere tutto. Tra il positivo e lo straordinario, però, c’è una bella differenza.
E poi? Vincere o meno la Champions, inevitabilmente, avrà il suo peso. Da Marotta, che all’allenatore dà un peso specifico altissimo nel bene e nel male, e da Inzaghi sono spesso arrivate conferme sulla volontà di rinnovare, il nuovo contratto è pronto, ma c’è da mettersi a sedere. E La stessa scadenza è un tema: come l’anno scorso, alla richiesta del tecnico di andare oltre è arrivata, finora, la disponibilità della società a prolungare di un ulteriore anno. Dietro il nervosismo delle ultime settimane, al di là delle questioni arbitrale più o meno fondate, covano due questioni: la fiducia e l’incertezza. E alla porta ci sono i milioni dell’Al-Hilal, che bussano forti.
Quale futuro. Dell’una, la fiducia, Inzaghi ha bisogno come tutti gli allenatori. Non c’è sempre stata, in questi quattro anni, anche se da un certo punto in poi tutta l’Inter ha riconosciuto a Simone la bontà del lavoro svolto. C’è però sempre la sensazione che basti andare di poco fuori dai binari per finire sempre in discussione a livello mediatico soprattutto in Italia - mentre all’estero gli apprezzamenti sono solidi -, e in qualche modo anche i dubbi al vertice delle prime due stagioni hanno aiutato a costruire questo clima. Dell’altra, l’incertezza, l’Inter vive in attesa di capire che creatura uscirà dall’estate, la prima davvero secondo le linee guida di Oaktree. Marotta ha escluso una rivoluzione sul mercato, di solito chi lo dice sa che sta arrivando. Il nuovo corso “verde” è inevitabile, nel modo di lavorare del fondo, ma porta con sé due questioni. La prima: nelle ultime due stagioni, nonostante il mercato a zero, a Inzaghi è stato chiesto di vincere. Prima lo scudetto, poi tutto. Con un robusto ringiovanimento, il presupposto non può essere questo. La seconda: c’è da chiedersi quanto giovane sarà la squadra ai nastri di partenza del prossimo campionato. E, nel caso sia di giovani e giovanissimi, quanto Inzaghi, che i baby talenti li ha dosati sempre col contagocce ma non ne ha mai avuti di fenomenali a disposizione, sia l’allenatore più “giusto”. Forse se lo chiederà lui stesso in primis, per ora ha rimandato al mittente qualsiasi ipotesi di addio. La grande novità degli ultimi giorni è che in questo scenario delle crepe si sono aperte. Non vuol dire che Inzaghi e l’Inter si lasceranno: anzi. La permanenza resta l’orizzonte più credibile. Se fino a qualche tempo fa, però, ci si sarebbe sbilanciati su un 99%, ora le percentuali restano alte ma un calo si è registrato. Improbabile, in fin dei conti, non vuol dire impossibile. Se ne saprà di più tra una settimana. Attenzione, nel caso, al futuro: tutti si aspettano che Marotta chiami Allegri, potrebbero arrivare sorprese.
E poi? Vincere o meno la Champions, inevitabilmente, avrà il suo peso. Da Marotta, che all’allenatore dà un peso specifico altissimo nel bene e nel male, e da Inzaghi sono spesso arrivate conferme sulla volontà di rinnovare, il nuovo contratto è pronto, ma c’è da mettersi a sedere. E La stessa scadenza è un tema: come l’anno scorso, alla richiesta del tecnico di andare oltre è arrivata, finora, la disponibilità della società a prolungare di un ulteriore anno. Dietro il nervosismo delle ultime settimane, al di là delle questioni arbitrale più o meno fondate, covano due questioni: la fiducia e l’incertezza. E alla porta ci sono i milioni dell’Al-Hilal, che bussano forti.
Quale futuro. Dell’una, la fiducia, Inzaghi ha bisogno come tutti gli allenatori. Non c’è sempre stata, in questi quattro anni, anche se da un certo punto in poi tutta l’Inter ha riconosciuto a Simone la bontà del lavoro svolto. C’è però sempre la sensazione che basti andare di poco fuori dai binari per finire sempre in discussione a livello mediatico soprattutto in Italia - mentre all’estero gli apprezzamenti sono solidi -, e in qualche modo anche i dubbi al vertice delle prime due stagioni hanno aiutato a costruire questo clima. Dell’altra, l’incertezza, l’Inter vive in attesa di capire che creatura uscirà dall’estate, la prima davvero secondo le linee guida di Oaktree. Marotta ha escluso una rivoluzione sul mercato, di solito chi lo dice sa che sta arrivando. Il nuovo corso “verde” è inevitabile, nel modo di lavorare del fondo, ma porta con sé due questioni. La prima: nelle ultime due stagioni, nonostante il mercato a zero, a Inzaghi è stato chiesto di vincere. Prima lo scudetto, poi tutto. Con un robusto ringiovanimento, il presupposto non può essere questo. La seconda: c’è da chiedersi quanto giovane sarà la squadra ai nastri di partenza del prossimo campionato. E, nel caso sia di giovani e giovanissimi, quanto Inzaghi, che i baby talenti li ha dosati sempre col contagocce ma non ne ha mai avuti di fenomenali a disposizione, sia l’allenatore più “giusto”. Forse se lo chiederà lui stesso in primis, per ora ha rimandato al mittente qualsiasi ipotesi di addio. La grande novità degli ultimi giorni è che in questo scenario delle crepe si sono aperte. Non vuol dire che Inzaghi e l’Inter si lasceranno: anzi. La permanenza resta l’orizzonte più credibile. Se fino a qualche tempo fa, però, ci si sarebbe sbilanciati su un 99%, ora le percentuali restano alte ma un calo si è registrato. Improbabile, in fin dei conti, non vuol dire impossibile. Se ne saprà di più tra una settimana. Attenzione, nel caso, al futuro: tutti si aspettano che Marotta chiami Allegri, potrebbero arrivare sorprese.
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