
Lo vince il Napoli o lo butta l’Inter? Tra critica e santificazione c’è la giusta (ma noiosa) via di mezzo. I conti si fanno a giugno
Novanta minuti e poi sarà scudetto. Per qualcuno, probabilmente non l’Inter, ma questo si vedrà. Comunque vada a finire, il campionato farà segnare la quota scudetto più bassa di sempre, nell’era dei tre punti a vittoria. Vuol dire che chi vincerà lo avrà fatto un po’ meno dell’altro. Con punti di partenza diversi. Un dato: a fine stagione - col mondiale per club ancora da disputare - l’Inter avrà giocato 18 partite in più del Napoli. Che abbia in rosa risorse sufficienti a colmare questo gap oggettivo è tutto da vedere.
Lo vincerà il Napoli o lo butterà l’Inter? Speriamo che la domanda non sia da porre. Ma a volte, per dovere di onestà, è meglio farli prima certi ragionamenti. Dei tre campionati non vinti - se questo sarà il terzo - del ciclo di Simone Inzaghi, questo è oggettivamente quello giocato contro la squadra meno forte e meno convincente. Meno squadra. E giù di critica. Però c’è la seconda finale di Champions in tre anni. E giù di santificazione. Ecco, c’è una via di mezzo. Che è noiosa, come lo sono tutte le vie di mezzo. Spesso, però, dicono la verità.
Intanto, una considerazione: che lo vinca o lo perda, lo fa l’Inter, non solo Simone Inzaghi. Soprattutto, nel caso, non lo vince l’Inter e non lo butta Inzaghi. Altrimenti il presupposto di partenza è assurdo. Che lo vinca o lo perda l’Inter vuol dire che lo fa la società tutta. Con quello che ha dato e quello che non ha dato, in termini di mercato e non solo, al suo allenatore in questi anni. E sul mercato, nonostante buone intenzioni e tantissime difficoltà da riconoscere alla dirigenza, non è che gli abbia dato così tanto come a volte sembrerebbe. Soprattutto, non a sufficienza da chiedergli di vincere tutto, pena la crocifissione in sala mensa.
Arriviamo al resto. Non ci sarà, comunque vada, da andare dietro la lavagna e nemmeno da andare al miracolo. Inzaghi è un allenatore straordinario, che ha fatto un lavoro straordinario e non merita nemmeno la metà delle critiche che ha ricevuto in questi anni. Detto questo, in questo campionato si poteva fare meglio e, come tutti, ha margini di crescita. Senza escludere che la sua dimensione migliore sia quella, molto internazionale, delle coppe. Un esempio su tutti: Carlo Ancelotti, il migliore di tutti in quello ma non nei campionati. Non è una categoria in cui si sta male.
I conti, su tutti, si fanno a giugno. Il primo giugno, per l’esattezza. Le voci sull’Al-Hilal, non proprio tempestive, non sono nemmeno del tutto casuali. C’è parecchio non detto da tirare fuori, e ci sono dei presupposti da chiarire. Che non vuol dire ci sarà addio. Ma non è nemmeno proprio da escludere.







