
Pazzi di Juve e del suo modo ancora imperfetto di vincere
Vincere è davvero l'unica cosa che conta, soprattutto se batti l'Inter dopo aver rischiato anche di perdere. Una partita già di per sé complicata nelle sue radici e resa ancor più indecifrabile da un andamento strano per tutti e novanta i minuti. Più strano certamente di quanto accaduto prima, coi cambi, e poco dopo con il gol scaturito dall'irrazionalità a orologeria del più giovane in campo. La pazzia del risultato non tragga però in inganno perché se la Juve vorrà beneficiare degli effetti pieni di questa vittoria – ben vengano i tre punti contro una diretta antagonista - dovrà interiorizzare anche i motivi per cui ha rischiato di rimanere col cerino in mano. I bianconeri hanno vinto anche perché l'Inter non ha saputo chiudere/addormentare il match nel momento più favorevole della serata, quando per due volte in svantaggio ha avuto la forza di reagire e addirittura di ribaltare il risultato. La Juve si è difesa troppo bassa, destabilizzata dalla mancanza di veri punti di raccordo in mezzo al campo e di quegli esterni, Cambiaso e Conceicao nella circostanza, capaci di cambiare passo e di aiutare la squadra ad alzarsi. Senza dimenticare, poi, che la bassa incisività di Koopmeiners e l'impiego di una sola punta, bagnano abbondantemente le polveri del reparto offensivo. Ha ragione Chivu quando dice che la sua squadra deve imparare a riconoscere le diverse fasi della partita, e gli fa da sponda Tudor ammettendo di aver giocato una partita “sporca” e ripulita dai subentrati.
Cambi – I cambi, alla luce del risultato, hanno dato ragione alle scelte di Tudor, ma chi era allo Stadium e di sicuro anche davanti alla tv, avrà avuto la sensazione che questa volta è stata la dea bendata - negli ultimi minuti - a dargli una mano, al pari delle due un po' arrugginite dello svizzero Sommer. La Juve ha capito che stava buttando all'aria una vittoria, e ad un certo punto anche il semplice pareggio, e ha sfruttato l'orgoglio di Jose Mario e la voglia di affermazione di Adzic. Non meno di quella dei due neo attaccanti, Openda e David, capaci di agitare la difesa nerazzurra con continui cambi di posizione. Pochi minuti in cui però è scattata la follia del gruppo che ha portato al successo: dai gol fotocopia dei fratelli Thuram fino alla sassata di Adzic, la bella copia di un ancora evanescente Koopmeiners. L'urlo dello Stadium ha lanciato tutti nello spazio, ma i piedi devono tornare velocemente per terra. Per ballare la musichetta della Champions serve infatti andare a tempo e senza sbavature. Ricominciando magari dagli ultimi quindici minuti di partita e dai suoi protagonisti, nell'ordine Kelly, Yldiz, Thuram e Adzic. Perché non titolari col Borussia assieme a Openda e David? Forse capiremo che è anche una questione di numero di attaccanti. Almeno fino a quando non avremo due frecce affidabili sugli esterni.







