
Vlahovic ha sempre lo stesso problema, gli altri attaccanti sono diversi. Il punto debole è la difesa
Un anno fa c'era solo Dusan Vlahovic. La squadra segnava poco, zero gol in tre partite contro Roma, Empoli e Napoli, l'anticipo di quello che sarebbe successo più avanti. Il serbo era l'unica opzione nel centro dell'attacco e quando non segnava era un (grosso) problema. Quando ne faceva uno solo ma ne sbagliava un altro, anche. Ora la situazione non appare troppo differente, almeno per quanto riguarda lui: guadagna 23 milioni di euro lordi e con certe cifre bisognerebbe attendersi che sia la panacea di tutti i mali. Invece non lo è, perché il calcio è un gioco di squadra e serve anche l'aiuto degli altri. Per questo sui 13 gol finora segnati è un bene che solamente 5 siano degli attaccanti.
Quattro di Vlahovic che, però, quando gioca da titolare non fa la differenza, attirandosi le critiche. Quando entra ha una fame diversa e sembra quello di inizio Juventus. È una sorta di metamorfosi inconscia, un dr Jekyll e mr Hyde che non aiuta il suo status da più pagato. Poi ci sono Jonathan David e Lois Openda, costretti a pagare dazio all'ambientamento in Serie A, soprattutto con una squadra che è costretta a vincere (e che sarebbe l'unica cosa che conta). Quando però segni spesso e volentieri ma prendi sempre gol il problema non è il reparto offensivo, ma è qualche metro più indietro.
La difesa è praticamente dipendente da Bremer. Quando non c'è i rischi si moltiplicano, senza un vero perché. Quando è presente spesso le problematiche vengono mascherate dalla sua bravura, quasi da onnipresente. Può essere un bene, ma poi rischia di diventare un'arma a doppio taglio quando si ferma. Ultimamente lo sta facendo troppo, anche per via dell'infortunio. Forse poteva essere rinforzata con un altro profilo di alto livello, invece sembrava che i problemi si fermassero a Nico Gonzalez e, appunto, l'attacco nella sua totalità. Sono arrivati tre giocatori offensivi al posto di due, confermando anche Conceicao. Dietro, invece, scena muta se non per il ritorno di Rugani. E lo scambio fra Alberto Costa e Joao Mario, ma questa è un'altra storia.







